Ramanzina 2024
Abbiamo fatto talmente tanti propositi, buoni o meno, che ormai è inutile continuare. Come disse il più geniale dei quattro “La vita è quella cosa che accade mentre sei intento a fare altro”. E questa frase va bene per tutti, dal primo all'ultimo. Che, poi, le persone non si devono numerare, non si dovrebbe fare una classifica in cui qualcuno vale più di un altro. Una persona ha valore in sé, non per il suo status, per la sua “classe”, per i soldi che ha o che non ha, per il suo essere considerato qualcuno. Che, poi, “... è proprio obbligatorio essere qualcuno?”, citando un personaggio di fantasia, ma che la sapeva lunga. Essendomi giocato tutte le citazioni fino al 2025 è meglio procedere.
Tolti i propositi, restano i bilanci. Sono anche più insidiosi, perché incitano ad una riflessione, sempre ammesso che vi siano stati degli obiettivi da raggiungere. Un modo per disfarsi di eventuali calcoli a somma zero della propria esistenza fino al 31 Dicembre 2024, è quello di provare a capire come sia andato il nostro paese, quello che – perlomeno – siamo riusciti a guardare, sentire, commentare fino ad oggi. E’ più semplice e permette un bel po’ di ipocrisia e di sproloqui di parte.
Che dire, se non che quest’anno, per l’Italia, patria molto parca di soddisfazioni (eliminiamo dal contesto lo sport, per piacere), ma fonte pressoché inesauribile di ansie e di disfunzioni a tutti i livelli, è stato pessimo? Per par condicio devo scrivere che quelli prima della Meloni erano praticamente la stessa cosa: non c’entra – non del tutto – l’attuale governo, che pure ha fatto e sta facendo sfracelli e non è un complimento. Loro accampano la scusa di aver ereditato i disastri dagli anni passati, quelli prima da quelli prima e via così fino a Romolo e Remo. Poi basta, che c’erano altri di cui non ricordiamo un nome uno.
Probabilmente è il fatto che l’età avanza, gli occhi sono sempre più malandati e la pigrizia non ha diete da fare, ma le cose, là fuori, sembrano più scure, più sfrangiate, più vaghe seppur in tempi di sapienza da “Wikipedia”. C’è quel vago sentore di marcio che accompagna molti accadimenti politici, che ben si somma con la pochezza e la sciatteria di una “classe dirigente” imborghesita male, malissimo. Rialzano la testa anche coloro che non ne avrebbero diritto, depositari di vecchie glorie rattoppate, di miasmi patriottici mal gestiti e peggio compresi.
Il tutto sdoganato da un impoverimento culturale che fa sì che la misura più profonda del sapere sia quella di un pozzanghera. Acqua sporca di rimando, da citazione googlata, da ansia da prestazione per un like, per mille o diecimila approvazioni, per concedere all’illusione di contare quasi tutto ciò che abbiamo, soprattutto il tempo, una delle poche cose che vale moltissimo, ma che viene sperperato come se – davvero- non ci fosse un domani. Come l’acqua, che davvero non c’è, o come i disastri del clima che, invece, abbondano e continueranno a moltiplicarsi.
Ma perché sia tutto perfetto, un quadro deliziosamente completo fin nei dettagli, ammazziamo centinaia di migliaia di nostri simili (simili in tutto, ma proprio tutto) con metodi tradizionali e collaudati, o con nuove invenzioni apocalittiche. Tanto siamo troppi e la denatalità è un problema: come sbattere su un muro a trecento all’ora, ma lamentandosi del colore dei mattoni. Il tutto, sia detto, allegramente, che certezze ce ne sono: il calcio, la pausa caffè e gli altri, tutti coglioni.
Mentre ci mangiano gli stipendi, facendoli decrescere per distinguerci dagli altri (orgoglio italiano), ci mandano a curare anche un taglietto fatto con la carta dal professorone a casa sua, e provvediamo ad arredargliela con la parcella. Lo stesso che poi, in uno slancio di benevolenza falsa come i suoi denti, si mischia al popolino nelle corsie di ospedali sempre più modello “quarto mondo”, regni del rischio non calcolato, delle pareti piene di muffa e dei nomi di santi sempre più ridicoli nella loro inutilità.
Ma la barca va, magari fino in Albania, navigando di bolina e sconfiggendo la fastidiosa ritrosia di alcuni italiani a buttare i soldi dalla finestra, che almeno avvertissero, così ci mettiamo sotto. E’ essenziale rifornire l’ego delle masse votanti, dandogli molto circenses e poco panem: a stomaco vuoto si è accondiscendenti, educati e servili come da manuale. Perciò liberi di manifestare, ma a favore: quelli che non si allineano li mettiamo in quelle galere dove muoiono centinaia di persone all’anno, come in un film fatto male, ma molto realistico.
E senza sembrare troppo cattivi, l’assoluzione di uno che potrebbe fare poco, in qualsiasi campo, ma fa il ministro, non è altro che la riprova che il gattopardo non è un animale in via di estinzione: si riproduce in cattività con molta frequenza e tutti i morti nei nostri mari non lo riguardano. Si nutre del razzismo, della bassa intelligenza e della stupidità. Tutte cose che abbondano, in Italia.
Il 2024 è anno bisesto, quindi funesto: lo dicono tutti, perciò è vero, ci hanno fatto i meme. Accogliamo il 2025 che sarà meglio. Ma perché è difficile fare peggio o solamente perché su “X” ancora non hanno fatto l’oroscopo? Stiamo tranquilli. Sedati, rincoglioniti, italiani.
“Recitando un rosario di ambizioni meschine di millenarie paure di inesauribili astuzie Coltivando tranquilla l'orribile varietà delle proprie superbie la maggioranza sta come una malattia come una sfortuna come un'anestesia come un'abitudine.”
(“Smisurata preghiera”, di Fabrizio de Andrè e Ivano Fossati, 1996).
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