Transit

Il blog di Alessandra Corubolo e Daniele Mattioli (on-line, in varie forme, dal 2005.)

(141)

(IS)

Non è perchè Italiana. Non è perchè il suo “processo” è totalmente sbilanciato, visto il reato che ha commesso. Non è perchè ci sia “solo” Lei. Non è perchè l'Ungheria è Europa, una della 27 nazioni che la formano. Non è perchè adesso i #SocialMedia hanno trovato un'altra vicenda di cui imbottirsi e andare avanti per qualche giorno. Non è perchè i personaggi famosi si svegliano, in maniera selettiva.

Non è solo per questo che #IlariaSalis è, comunque, importante. E' importante come lo sono tutti gli esseri umani, soprattutto quelli che la società ritiene, in qualche maniera, sbagliati. Quelli contro cui è semplice schierarsi, sempre imbevuti della convinzione di essere dalla parte giusta. Quelli verso i quali si tende il dito dell'accusa o della difesa, magari pensando ad uno, ed un solo, aspetto del loro caso.

E' importante, quindi, comprendere che l'erosione dei #diritticivili e di quelli umani è in continuo avanzamento, in tutto il mondo, Ungheria compresa. Come si soleva dire “Se Sparta piange, Atene non ride.” Quelli più evidentemente divisivi fanno audience, oscurando, nel contempo, i milioni di avvenimenti simili sparsi, con continuità disarmante, su tutto il globo.

Ogni riferimento è voluto, adesso e nel passato. Si sta scivolando verso un “cupio dissolvi”, che fa dei corpi e delle storie unicamente un indistinto brusio da far tacere, in ogni maniera, meglio se disumana. Se può apparire come un pensiero oltre il pessimismo, allora si vuole assolutamente evadere (sic) dalla realtà tangibile. Ed è concreta proprio perchè inequivocabile.

Milioni di argomenti si possono collegare a quello che sta accadendo alla nostra concittadina. Sicuramente verranno sviscerati, uno ad uno, da chi fa questo per mestiere o per credere di essere qualcuno in rete (magari anche il sottoscritto.) Esattamente come sono milioni le persone che subiscono, senza poter opporsi, il loro voler giustizia, quella che dovrebbe apparire cristallina, pura, indiscutibile.

E' tutto aleatorio, tutto perennemente in bilico. Per prima cosa lo sono le azioni di umanità, a cui non si concede più nemmeno lo spazio di un secondo. Non serve pensare. Occorre reprimere, fare da esempio, in qualsiasi maniera. Se qualcuno protesta, ditegli di stare ordinato e silenzioso. Le catene abbondano. Ce n'è per tutti. (D.)

#Opinioni #Italia #DirittiCivili #DirittiUmani

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(140)

(DDLAD)

Anteprima: lezioncina. Il Senato italiano ha approvato, in prima lettura, il disegno di legge (ddl) sull’autonomia differenziata, noto come “Ddl Calderoli.” Il ddl è stato approvato con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 30 astenuti. Ora passa all’esame della Camera.

Il ddl sull’autonomia differenziata mira a dare attuazione a quanto previsto dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Secondo questa disposizione, possono essere attribuite alle Regioni a statuto ordinario, che ne facciano richiesta, forme e condizioni particolari di autonomia su 23 materie. Queste materie sono elencate nell’articolo 117 della Costituzione come materie di “legislazione concorrente più 3 di legislazione esclusiva dello Stato.” Le materie vanno dalla Salute all’Istruzione, passando per sport, istruzione, ambiente, energia, trasporti, cultura e commercio estero.

Il ddl definisce le procedure legislative e amministrative che servono per arrivare a un’intesa tra lo Stato e le Regioni, che chiedono di avere maggiori competenze su determinate materie.

(DDLAD2)

Questa mossa del Governo non poteva passare in silenzio, senza che almeno le opposizioni, in uno strano rigurgito unitario (tranne “Azione”, ma conta per quel che è), si oppongano. Quanto duramente è da vedere e da valutare: non appaiono dei leoni ruggenti, in questi mesi. Durante la votazione, dai banchi dell’opposizione sono stati esposti cartelli con il tricolore e alcuni senatori hanno intonato l’inno d’Italia. Quindi una farsetta italiota.

Nonostante le critiche, l’obiettivo del Governo è arrivare all’approvazione definitiva prima delle elezioni europee di Giugno. Anche un cieco appare limpido come una mattina d'inverno, il regalo che il Governo Meloni ha inteso mettere in un bel pacchetto per la Lega. Gli alleati vanno accontentati, non troppo spesso. Il tanto che basta per ricordargli di riportare l'osso la prossima volta che verrà lanciato. Senza sbavare, che si sta sulle spese.

Il ruolo del popolo, sempre ribadendo (la ripetizione è propria dei vecchi, ripeto -ndr-) che questa è una definizione vaga come discorso di Sgarbi, è messo in ghiaccio. Non se ne sente parlare, si leggono i social tramite addetti stampa ossequiosi, ma, in fondo, ci si può sbattere altamente della reale situazione Italiana. Che, anche questo scritto mille volte, è semplicemente disastrosa.

Forse la prossima riunione della Camera sull'argomento andrebbe fatta in un pronto soccorso (giorno feriale a piacere), o in una scuola non a norma. Oppure in un discount, dove le persone, felici perchè autonome su tante cose, devono contare anche i centesimi fuori posto per comprare il cibo (brutta storia quella che bisogna mangiare per sopravvivere, noiosa.)

Lo scollamento è totale, la politica scende gli ultimi gradini della propria ipocrisia per imboccare la scala della sopraffazione, come da copione di regime. E noi imbavagliati, legati alle difficoltà quotidiane, al disastro di un Paese che retrocede al rango più infimo della “civiltà” industriale, continuiamo a sperare nel “Superenalotto” per emigrare. Non capiremo la nuova lingua, ma saremo un attimo più sereni.

#Italia #Politica #AutonomiaDifferenziata #Opinioni

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(139)

Tony Longheu – “BluesBeyond Again” (2023)

(TLBBA)

“Farà piacere un bel mazzo di rose E anche il rumore che fa il cellophane Ma due righe fan gola di più.” Per gli amici non si fanno recensioni, perchè scrivere dei loro dischi è un piacere, mai un obbligo o un lavoro. Con Tony Longheu, compadre di lungo corso, ci siamo fatti una breve chiacchierata sul suo disco “BluesBeyond Again” (lo trovate qui) e lui stesso ci presenta le sue composizioni, una ad una. Quindi un “Camarillo Brillo Session” un po' più lunga del solito, ma è voluta e meritata. Buona lettura. (D.)

Continua la tua esplorazione del Blues e della musica al là di questo genere. Come nasce la decisione di pubblicare “Again”, il secondo capitolo di “BluesBeyond”? “In realtà era da tempo che avevo voglia di dare un “fratello” a “BluesBeyond” del 2019, ma mi ero “intrippato” in cose più acustiche e, quindi, mi sono concentrato su nuove composizioni in acustico (anche con effettistica), che sono poi sfociate in “Points of View”, un album che non era propriamente blues, ma che era ispirato da questa musica. Alcuni amici, ultimamente, mi avevano chiesto un altro disco di esplorazioni blues e da questo input è uscito “BluesBeyond Again.”

Sei sempre stato un musicista aperto alla sperimentazione sonora, alla contaminazione tra stili musicali diversi (ricordiamo la tua trilogia elettronica “Lo-Fi Project). Quanto conta per un artista non rimanere confinato in un solo genere, per la tua esperienza? “Bella domanda. Personalmente ho cercato, e cerco ancora, di essere onnivoro, sia negli ascolti, sia nel comporre e suonare. Anni di ascolto mi sono serviti per affinare questa caratteristica. Sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, pur restando, comunque, con un piede nella “tradizione” (chiamiamola così). Del resto ho cominciato ad ascoltare seriamente musica nella metà degli Anni’70, quindi ho avuto una buona scuola.”

Sappiamo che suonare dal vivo, che è la dimensione certamente a te più consona, non è affatto semplice, per chi non fa il musicista professionista. Come vedi la situazione attuale in Friuli? (La domanda è una di quelle fatte mille volte, lo so…). “Come ho già detto in altre interviste, la gente che incontro durante le mie esibizioni, a parte qualche rarissimo caso, frequenta locali dove la musica è considerata puro intrattenimento. Per questo il musicista è, spesso, quasi costretto a suonare cover di artisti conosciuti. Ccerco sempre di mescolare le cose, proponendo mie composizioni e rivisitazioni di classici del blues e del rock, altrimenti la gente ti fa capire che si annoia. In Friuli i posti per suonare sono poco idonei, la musica fa da contorno e deve essere suonata a basso volume, altrimenti disturba. Ho suonato poche volte in sale adatte, dove le persone ti ascoltano con attenzione. Spero che cambi qualcosa, ma non mi illudo. Conosco tanti bravi musicisti che hanno smesso di suonare proprio per questo motivo e mi dispiaccio molto di questo.”

Il mondo è diventato digitale, praticamente in ogni suo aspetto. Recentemente Brian Eno ha affermato che ritiene questo periodo storico molto interessante, perché chiunque può creare della musica, anche bellissima, e farla arrivare a tutti. Non c’è il rischio che vi sia un’offerta musicale sterminata per una domanda, in realtà, molto bassa? “Brian Eno dice cose giuste. Però non ha il problema di veicolare la propria musica, ha molte “ore di volo” sulle spalle: è famoso e ha cominciato a produrre musica in anni nei quali la musica era considerata Arte. Noi, purtroppo, abbiamo il problema che non c’è vicino all’artista chi ha voglia di rischiare. I produttori e i manager guardano solo al profitto e promuovono solo “quello che va”: ormai molta gente ascolta solo musica “liquida”, non compra più CD o LP, non si appassiona. Per tornare alla domanda, sì, esiste il rischio che non si accorgano di te, se non sai muoverti in rete. Se non sai promuovere il tuo prodotto rischi l’anonimato. C’è molta buona musica in giro, ma pochi riescono ad emergere.”

La critica musicale tende, come è sempre stato, a essere molto schierata, alla ricerca di un attimo di visibilità per chi la fa e per gli artisti che, secondo i giornalisti, creano un ritorno (anche economico.) Credi che sia importante avere buone recensioni, e se sì, come ti poni di fronte a una stampa come quella musicale, sempre più di nicchia? “Mah, dipende molto se chi scrive di musica non ha catene o guinzagli. Certo, se uno scrive bene di me fa piacere. Se scrive male mi deve, però, spiegarne il motivo, dirmi cosa c’ è che non va. Insomma, spero sempre che chi ascolta le mie cose sia obiettivo, che lo faccia con attenzione. Confido molto nell’opinione dell’ascoltatore “medio”, meglio se non è un musicista. Dal mio punto di vista è più obiettivo, meno “tecnico”, la musica gli “ arriva” senza pregiudizi. Credo di essermi spiegato.”

Come può fare, dal tuo punto di vista, una persona che vuole sostenere un musicista, oltre ovviamente all’acquisto dei cd (o dei file in streaming) o della partecipazione ai concerti? “Penso che il “passaparola” sia molto importante. Mezzi per farlo ce ne sono e molti, anche se io sono abituato da tempo, ormai a non aspettarmi nulla, mi “sbatto” finchè posso. Anche se, a volte, mi mancano le energie.”

Se ce n’è una, in che direzione andrà la musica di Tony Longheu dopo “BluesBeyond Again”? “Vorrei esplorare ancora nuovi territori sonori, nuovi generi. Sono sempre interessato alla musica in toto, sia acustica che elettronica. Sto preparando due nuovi lavori, uno più acustico e cantautorale, l’altro più elettronico e strumentale. L’importante è avere tempo, passione e cuore!”

(TL)

“BluesBeyond Again”: tutti i brani presentati da Tony Longheu.

Metal House Blues. Un neanche troppo velato omaggio a Ry Cooder, un musicista totale, un viaggiatore dei suoni che è da anni una mia fonte di ispirazione. Chitarra accordata di SOL aperto e slide al mignolo per una cavalcata Blues.   Blues Masters Tribute. Tributo sincero ad alcuni dei maestri del blues che mi hanno ispirato. Una citazione di “Black Betty”, canzone di “Leadbelly”, ripresa tra gli altri, dai “Ram Jam” alla fine degli anni ’70. Chitarra accordata di SOL aperto, sempre slide al mignolo, voce “alcolica” e batteria dritta.

Five Friends in Metal House. “Five Friends in the Metal House listen to the music and drinking all night long!” La “Metal House” è un luogo, non meglio identificato, dove cinque amici, durante il lockdown, si ritrovano per ascoltare musica e bere. Un brano in stile “North Mississippi Blues”, con slide guitar accordata in “Standard Tuning.”

Four Shorts Blues (LO-FI Cellar Sessions). Quattro piccole composizioni improvvisate, una con “fields recordings”, rispettivamente con banjo, “Cigar Box Guitar”, “Diddley Bow” (chitarra con una sola corda) e voce con banjo.

DAD DAD Blues. Brano completamente improvvisato, eseguito con chitarre acustiche accordate in “DADDAD” e slide.

An Wednesday After Lunch. Una riflessione postprandiale, eseguita un mercoledì qualunque, dopo un piatto di pasta e un paio di bicchieri di vino. Chitarra resofonica accordata in sol aperto

Johnny Caliber drive a Van. Giovanni, un amico appassionato di blues, guida il suo furgone facendo consegne in tutto il Friuli. Appena sentito il brano mi ha detto che si è “visto” mentre viaggiava sul suo mezzo di trasporto e mi ha suggerito il titolo. Chitarra acustica in accordata in CGCCGD.

Peace on Me. Un pezzo scritto in mezzo alle montagne di Prossenicco di Taipana, dopo un breve temporale estivo, in riva al Fiume Natisone. Descrive il senso di pace che si può sentire quando si è in questi luoghi. Voce e Chitarra acustica (accordatura di do aperto.)

Shabda Joy (Raga Blues). La sperimentazione è sempre stata una mia passione. In questo caso ho creato un tappeto di tabla e chitarra (accordata in CGCCGC), creando una melodia orientaleggiante con slide guitar accordata in sol aperto. La tecnica slide era conosciuta, oltre che nelle Isole Hawaii e nel Mississippi, anche in India, dove tutt’ora vi sono maestri di chitarra che suonano con questa tecnica.

Now I'm Free Baby (by A.Longheu & F.Ulliana). Questa composizione, del chitarrista Fabio Ulliana, è già apparsa nel CD “ Blues Explosion”, a nome della “Fabio Ulliana & Off Limits Band”. Io avevo scritto e cantato il testo, che racconta di un sogno dove una strega lancia un incantesimo, ma poi, grazie ad un amuleto magico, il”Mojo”, la vittima viene liberata. Ho voluto proporre una versione molto più sperimentale, dove oltre a cantare, ho programmato un loop di batteria elettronica e suonato una slide guitar accordata in DADDAD.

Deep From My Soul (Space Blues). Un brano dove ho improvvisato dei loops di chitarra “Fender Stratocaster”, con effetti digitali e una melodia che è venuta dal profondo della mia anima. Buon ascolto. TL

Un particolare ringraziamento a Silvano Bottaro per la pazienza e per saperne tanto più di me.

#Musica #CamarilloBrilloSessions #Music

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“E' inutile parlare d'amore” – Paolo Benvegnù

(138)

(CBS 4)

All’alba, qualunque ora sia, restano i brandelli dei sogni. Non riesci a ricollocarli, si sovrappongono, sfumano, cambiano. Poche ore di sonno che ritrovi senza una ragione: perdere questi frammenti è una cosa che avviene senza pensiero, sovrastata dall’imperfezione della quotidianità. Dal nostro correre affannati come tanti piccoli cani senza guinzaglio.

Le canzoni di “E’ inutile parlare d’amore” (titolo che, da solo, vale moltissimo) sono questi frammenti. Vividi, splendenti, ma che sfuggono in un momento. Però lasciamo tanta luce, come quelle città immense e rumorose che accecano in un momento di lucidità, me che sono più belle di notte. Perfino in quelle si possono trovare i sentimenti, le parole, i suoni che ci aiutano.

Paolo Benvegnù costruisce un’opera folgorante nella sua musicalità raffinata e nel contempo comprensibile, emozionante. Eppure nelle pieghe di queste canzoni, arrangiate con una maestria quasi rara, si trova l’onirica visione di un artista che non scorda mai come, nello stesso istante, vi sia una realtà, diversa per ognuno di noi, ma tangibile, reale, anche sofferta.

“Our Love Song”, per dire, è diretta e costruita su una ritmica decisamente rock, senza troppi fronzoli: appare come un disincanto amoroso, eppure codificato in maniera che sia comprensibile (come è) per tutti. Farebbero ridere quelli che dicono il contrario, ma ci devono essere per ribadire come la loro sia una posizione assurda e senza costrutto.

E dopo “Canzoni brutte”, per tutti i mediocri del mondo. Che, poi, mediocri rispetto a chi o cosa? Essere uno che si batte soprattutto contro l’ipocrisia del mondo e della musica, in questo caso, eleva già di per sé. E Benvegnù crea una canzone che appare banale a chi vive nel mondo veloce del sentire, non dell’ascolto. Un piccolo inno che va molto otre alle generazioni.

(PB)

Che, poi, lo stesso cantante ce le spiega per bene, queste narrazioni (qui, una canzone alla volta). Per cui potrei smetterla di fare il fenomeno, che se lo fossi mi pagherebbero anche bene. Che sarebbe già ora di chiudere in semplicità, bonariamente.

Se ascoltate questo disco, il che implica che non facciate altro nel frattempo, non potrete che esserne affascinati. Anche solo gli archi di “Tecnica e simbolica” e “L’oceano” sono gioiellini di armonia. Come se non ci si dovesse quasi più pensare a costruire, pezzo a pezzo, bella musica. Qui si sente il lavoro di un artigiano, ma non di una bottega: di un negozio di lusso.

Ci sono tante cose che “E’ inutile parlare d’amore” vi può dire. Scegliete quelle che vi stanno meglio, quelle che vi fanno sognare per tre minuti, che vi rattristano ma in senso buono, quelle che vi liberano da un po’ di angoscia o vi fanno sorridere. Quelle che vi pare, come se poteste scegliere un sogno e ricordarvelo. Bello, no?

#Musica #CamarilloBrilloSessions #Music

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(137)

(Oxfam)

Per quasi 800 milioni di lavoratori occupati in 52 Paesi i salari non hanno tenuto il passo dell’inflazione. Il relativo monte salari ha visto un calo in termini reali di 1.500 miliardi di dollari nel biennio 2021-2022, una perdita equivalente a quasi uno stipendio mensile (25 giorni) per ciascun lavoratore. Questo è l'antipasto.

Se la ricchezza dei 5 miliardari più ricchi continuasse a crescere allo stesso ritmo osservato nel corso degli ultimi cinque anni, entro un decennio avremmo il primo “trilionario” della storia dell’umanità. Ai ritmi attuali, ci vorrebbero, invece, più di due secoli (230 anni) per portare l’incidenza della povertà globale sotto l’1%. Questo è il primo.

Tra luglio 2022 e giugno 2023, per ogni 100 dollari di profitto generati da 96 tra le imprese più grandi al mondo, 82 dollari sono fluiti agli azionisti sotto forma di dividendi o “buyback” azionari. Questo è il secondo.

Per una donna che lavora nella sanità o nel sociale ci vogliono 1.200 anni per guadagnare quanto in un anno percepisce, in media, l’AD di una delle 100 imprese più grandi della lista di “Fortune.” E finiamo con il dolce.

Nelle settantasette pagine del rapporto di “Oxfam” (qui lo potete scaricare) ci sono cose anche peggiori. Come una litania ancestrale e quasi dimenticata -ormai-, ci si tramandano dati del genere con una rassegnazione pari solo al nulla che si fa in proposito. Non c'è una Nazione che tenti di invertire la rotta, se non a parole. I numeri sono, per ammissione di chi gli ha inventati (noi, come genere), non opinabili.

Naturalmente (questi post sono l'ovvio per antonomasia) si manipolano a piacere. Si possono alzare, abbassare, sommare, dividere, fare in modo che narrino ciò che conviene e che, magari, siano una bella fonte di guadagno. Come in un lunedì mattina qualsiasi, però, da qualche parte bisogna iniziare. Se cominciamo così questo 2024, siamo già belli che sistemati.

Un numero che dovremmo aggiungere è 8.019.876.189, ovvero gli abitanti di questo solitario e disgraziato pianeta allo scoccare del I° Gennaio. Rapportato alla seconda portata di questo pessimo pasto, si “...nota un dislivello”, per dirla come il buon principe De Curtis. Evidentemente non è abbastanza accentuato, dato che non sembra accorgersene nessuno.

Per quanto sia tutto connesso e molto, troppo semplice da condividere, c'è senz'altro qualche difficoltà di comprensione globale. Chissà com'è ma della lotta sociale restano brandelli al vento qui e là, che delle dovute incazzature si perdono le tracce perché sommerse dall'immondizia degli influencer, di quelli che per vivere ti danno i consigli su dove passare le vacanze (sono gratis? Non sapevo.)

Accettare l'ipotesi che non è più questione di tempo, che non ce n'è più, ma dell' iniziare a spaccare tutto, senza che questi resti solo un'immagine indefinita e non realista, non si deve dire. Stare zitti è una condizione imprescindibile per fare bene il lavoro del cane da riporto dei padroni, che nel mentre guadagnano su tutto, morte per fame compresa.

Ed allora si guaisca a comando e, mi raccomando, sorridere. Così sembrerà il “Titanic”, che l'orchestra suonava come se non ci fosse un domani. In effetti non c'è. Punto e a capo. (D.)

#Blog #Economia #Lavoro #Diseguaglianze

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(136)

CBS 3)

Di certo non siamo mai contenti. Prendiamo i “Subsonica”. Se sono troppo riconoscibili, non va bene. Se lo sono troppo poco, non va bene. Eppure sono uno dei gruppi musicali italiani che, in assoluto, ha una sua identità precisa, sia musicale che di immagine. Il suono dei “Subsonica” è attribuibile esclusivamente alla band di Torino. E’ una cosa assodata e non è facile da raggiungere.

Alla decima prova, “Realtà aumentata”, ci sono dei giri di boa fatti e tanto mare ancora da prendere. Il disco precedente (escludiamo “Mentale strumetale”, che in tutto fa storia a sé), “8”, appariva davvero forzato: lo dice la band stessa e ci si può credere. Tra scazzi e carriere soliste (con risultati non eccelsi, peraltro) si sono ritrovati. La storia della musica pop-ular è un refrain ininterrotto, su certe cose.

Adesso che ho shakerato le ovvietà ci sono le nuove canzoni (* ci sarà una nota a piè di pagina sull’uso dei “singoli” in epoca contemporanea) di cui scrivere. Ed alcune sono davvero ottime. Partiamo dalla migliore che è “Universo”: un brano arrangiato benissimo, con una ritmica azzeccata ed un testo tanto onirico quanto permeato di presente. Prendetelo ad esempio di quello che un grande gruppo può fare quando tutti gli elementi trovano la quadra.

(Subsonica)

Poi il peggiore, che senza meno è “Scoppia la bolla.” In onestà è proprio bruttino forte. Molto banale il testo (ed anche un po’ retorico, dai), la musica è poca cosa, affrettata, noiosetta. Ci sono Willie Peyote e Ensi, ma nessuno dei due è Frankie hi-nrg mc. Quindi volare basso, assai. Dispiace scriverlo, ma proprio non ci siamo. E’ un brano – atteggiamento e niente sostanza.

Tra questi due estremi, che sono normali in ogni disco, ci sono cose davvero buone. “Adagio”, il terzo “singolo”, è proprio cinematografica nel senso migliore del termine. Cresce, va al punto, convince. “Cani umani” pesta alla grande, con un mood profondo e inquietante. “Mattino di luce” è pura Subsonica sintesi, con un parte che ricorda tante altre loro cose e un bel refrain. Il tema è esaltante e difficile, ma il testo riesce a dare la profondità che merita.

“Pugno di sabbia è un singolo adatto al 2024: i cambiamenti climatici, la rabbia -che nella storia non è mai mancata-, lo smarrimento, le grida dal basso. Si crea un bell’amalgama con trame ritmiche ben assortite, mescolate e dense. Bene, bene. “Missili e droni” ha un andamento così lento e teso che non può che colpire. Poche note, un testo convincente, decisamente un’atmosfera interessante e cupa che gli dona spessore.

Nel resto dell’album ci si muove attraverso la scrittura musicale dei Subsonica con particolare piacere, proprio per aver ritrovato un gruppo così coeso, così compatto e senz’altro estremamente coerente con il suo percorso. Sento, anche, una certa fiducia nel futuro del progetto, che, nella musica, non si può sempre dare per scontato. Come se volessero emergere solide certezze, a rassicurare tutti loro e chi li segue.

Non si può non menzionare il lavoro di Marta Salogni (ormai stella indiscussa del mixer al livello mondiale): il disco suona benissimo, molto ben equilibrato, con una profondità che non va a discapito di una chiarezza rara. Un buon mix non va dato per scontato, anche se si tratta di gruppi di alto livello. Ulteriore nota a favore di questa prova, senz’altro tra i dischi migliori della band, nel computo finale dato dai molti ascolti. Ben ritrovati

[*]: i “singoli”, ormai, sono tre o quattro per ogni opera musicale. Potrebbe essere una strategia che va seguita perché si rivela vincente, o perché si crea più attesa. La cosa certa è che, all’uscita di un disco, la musica veramente da svelare difficilmente supera la mezz’ora. Non è questione di quantità; ci sono dischi orrendi per cui anche dieci minuti sono buttati. Francamente, però, resta poco per far vibrare di attesa. Discorsi da vecchi? Sarà, ma anche questo fa parte delle tante cose che un vero appassionato può dire.

#Musica #Music #Subsonica #CamarilloBrillo Sessions

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(135)

(Yemen)

Il mondo non è alla rovescia. Stanotte, nello Yemen, si è ribadito. Quella che sta mancando, da sempre, è la prospettiva di umanità, lo sguardo oltre a tutte le cose che non siano quelle che ci distinguono (ma sempre meno) da altre forme di vita. Ogni guerra, nel mondo, è il cedimento agli istinti, alla paura, alla sopraffazione, al cammino verso la fine globale.

Non spaventi un tono quasi “ecumenico”, ma ciò che accade in Palestina non può nemmeno stupire: indignare no di sicuro, perchè gli interessi geo-politici ed economici sono da sempre superiori a qualsiasi tipo di altra considerazione. Si uccide per vivere meglio, si uccide in nome di Dei che sono favole inventate per non avere paura.

Ma si uccide, sempre di più, sempre più indifferenti e apparentemente stupidi. Si uccide perchè è semplice, di massa, si possono eliminare quelli che non sono come noi e fare i soldi ricostruendo ciò che si è distrutto appositamente. E non c'è di certo quella “giustizia divina” che è un'altra invenzione ridicola, un altro schermo dietro cui nascondersi.

Anche quella umana, di giustizia, non dà molto affidamento. E' monca, paralizzata spesso da cose più grandi di lei, generalmente tutte quelle scritte qui sopra. Si dirà che siamo fallibili e che non c'è mai un “giusto” assoluto od un male altrettanto totale ed è così. Ma appare ovvio e sanguinante che il male è più diffuso, più bramato, più consolante.

La storia finirà (lo scrissi già, ripeterlo non gioverà, temo) e tutto tornerà nell'alveo dell'inutilità: c'è una fine, che non ha data, per tutti e tutto. Nel mentre il mondo gira, ma non cambia senso. Attende, passivo, che questa forma di vita che siamo noi lo finisca, ma lentamente, facendo più danni possibili. Deve essere, in qualche maniera, divertente. Non c'è un'altra spiegazione che regga così bene. (D.)

#Blog #Opinioni #World #Peace #NoWar

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(134)

(Vela)

Gli anni ‘80 hanno fatto anche cose buone. Se riusciamo ad eliminare dai pensieri i paninari, la “Milano da bere”, i capelli dei “Kajagogoo” e i soliti politici, ce la possiamo fare. Musicalmente sono stati anni molto buoni, anzi ottimi. Certamente non si deve cadere nella panacea delle classifiche. Non del tutto, almeno. Ma sì, dischi straordinari ne sono usciti.

Facile scrivere di quelli. Meno dei tanti prodotti, seppur molto dignitosi, che si sono persi tra la velocità del consumo (della musica) e i fenomeni mainstream che si sono accaparrati tutte le hits. E per essere anche più pignoli, molti album strizzavano brutalmente un occhio -o due- al pop semplice semplice, ma riuscivano lo stesso ad avere una cura dei dettagli e delle idee, dentro, affatto banali.

Prendete l’unica prova come cantante di Rosie Vela. Modella e attrice, forse qualcuno la ricorda per la sua relazione con Jeff Lynne, il barbuto leader della “ELO” e uno dei membri dei “Travelling Wilburys”, supergruppo, come piace dire. Insomma, non una musicista a tuttotondo: come moltissimi, troppi, si dilettava comunque a comporre ed a cantare.

Se hai la fortuna di conoscere Kary Katz hai già giocato il jolly. Sapete molto bene che era il produttore e uno degli innumerevoli tecnici del suono degli “Steely Dan”, mai troppo celebrata band seminale del pop migliore degli ultimi quarant’anni. Sta cazzeggiando in studio, quando questa signora gli viene presentata, carica di canzoni e soldi: due assi e pochi rischi.

Che, poi, la voce della Vela non è male, anzi. Profonda e duttile, mai invadente, eppure colorata. Le canzoni del suo cassetto sono malinconiche, ma anche ritmate, complesse ed orecchiabili. Si può volere altro? Be’, sì. Quando si materializza Walter Brecker, che passa da lì così a caso, sono sei anni che gli Steely Dan non pubblicano nulla. L’ultimo loro disco è un capolavoro totale: “Gaucho.” Forse è difficile fare meglio.

Il produttore gli fa ascoltare quei nastri e il chitarrista degli Steely Dan resta folgorato. È entusiasta di ritrovare tra le flessuose melodie di Rosie l’intima essenza dell’esperienza musicale a cui ha dedicato dieci anni di vita, pieni di successi e di soddisfazioni. Suggerisce solo a Katz di dare ai suoni della tastiera un po' di consistenza in più, proponendogli di coinvolgere proprio il suo vecchio amico Donald Fagen.

Quest’ultimo, pur essendo un notorio scorbutico, non è privo di cuore: l’idea di poter tornare a lavorare per il suo fidato produttore, al fianco, per di più, del suo storico partner musicale, lo alletta forse anche più della stessa top model di Galveston, che occhieggia dietro quelle soffici partiture jazz-pop. C’è anche già il titolo del disco: “Zazu”.

(Vela 2)

In realtà un nome femminile di origine ebraica. Sta per “movimento”, Zazu” resterà solo un disco: il disco di Rosie Vela. Che nel 1986 si ritrova catapultata ai “Sound Ideas Studio” di New York con il seguente team: Gary Katz alla console, Donald Fagen alle tastiere, Walter Becker e Rick Derringer alle chitarre, Jim Keltner alla batteria e Tony Levin, chiamato a suonare basso e “Chapman Stick” su due brani (“Tonto” e “Zazu”).

Il team stellare intesse i tappeti sonori perfetti (del resto, perfezione e “Steely Dan” sono praticamente sinonimi). E sorprende davvero è la grinta con cui la Vela padroneggia queste partiture morbide, ma ritmate allo stesso tempo, a partire dall’ipnotica doppietta iniziale “Fool’s Paradise”-“Magic Smile”.

È stupefacente l’abilità con cui Vela si cala nelle atmosfere tipicamente “...stile Fagen” di brani che avrebbero figurato più che degnamente su “The Nightfly.” La struggente “Interlude”, una “Maxine” di ritorno, solcata da un assolo di chitarra dsa rocordare, prima che la Vela riprenda in mano il microfono sospinta da quel vortice sinuoso di tastiere che è il marchio dell’intero lavoro.

Sono brani ben congegnati, asciutti e raffinati al contempo, in bilico tra il “synth-pop” dominante e una vena jazz che affiora costantemente dai dettagli (i cori, i ricami chitarristici, l’andatura pacata dettata dal drumming.) Quelle di “Zazu” sono principalmente canzoni d'amore – secondo le parole di Vela, “sugli amanti sfuggenti che non si trovano mai” – anche se costruite con un approccio criptico ed enigmatico che, dev’essere piaciuto non poco al duo Fagen-Becker,

Nonostante le recensioni positive e l’exploit del singolo “Magic Smile” (n.29 della classifica Billboard Adult Contemporary), “Zazu” si è rivelato un mezzo fallimento commerciale negli Stati Uniti, ottenendo migliori riscontri in Europa, in particolare nel Regno Unito, dove ha raggiunto il n.20 della classifica degli album conquistando un disco d'argento (“Magic Smile” è stata anche una hit nella Uk Top 30.)

Così, gradualmente, è scivolato nell’oblio: fuori stampa in America e in Europa dall'inizio degli anni 90 (ma io ce l’ho, ovviamente), il disco è stato ristampato In Inghilterra da “Cherry Red” nel 2011, per il venticinquennale della sua pubblicazione, con un suono un più potente e un  “booklet” contenente alcuni retroscena sulla sua gestazione e alcune foto inedite. Un’occasione per riscoprire tutto il fascino di questi brani senza tempo e della loro interprete, nel frattempo uscita completamente dai mondo della musica.

Ci resta così solo quell’unico, fulminante debutto: un lampo, un’ epifania, ed una resurrezione, quella di due irriducibili musicisti contronatura com Fagen e Becker. D’accordo, in seguito sarebbero tornati a riunirsi sotto le insegne degli Steely Dan: nel 2000 per registrare proprio “Two Against Nature”, a vent’anni dal predecessore, e tre anni dopo per “Everything Must Go”.

Una saga proseguita poi anche dal vivo, anche dopo la scomparsa di Becker, avvenuta nel 2017. Ma, al di fuori dell’attività per i Dan, solo in due altre occasioni i due compari si sono ritrovati negli stessi studi di registrazione in 44 anni: nel 1969 per l’album di Terry Boylan “Alias Boona” e nel 1973 per il brano “I'll Be Leaving Her Tomorrow” di Thomas Jefferson Kaye. “Zazu” resterà dunque, per tanti versi una cosa unica, di rara bellezza.

#Musica #Music #RosieVela #CamarilloBrilloSessions

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(133)

(Pozzolo)

Ci hanno fatto credere che, in molte maniere, chi fa politica, chi detiene un potere (economico, sociale, fittizio come quello religioso), sia superiore agli altri. Prassi e pochissima voglia di mettere in discussione un assunto che è divenuto regola, chi si ribella è perduto: più che altro muore di solitudine o arriva al punto in cui percepisce che si sta sfiancando inutilmente.

Mettiamoci anche dell'insano masochismo, che porta moltissime persone a diventare zerbini 4.0, ovvero consenzienti e felici, e capiamo che è game, set e partita. Un immenso prato di sopraffazione dove pascolano indisturbati i fautori del “...Lei non sa chi sono io”, brucando l'erba del consenso in cambio dell'impunità e abbeverandosi alla fonte dell'ignoranza imperante.

Perciò risulta abbastanza ovvio l'atteggiamento di Campana nei confronti del Pozzolo, che per ridere si porta dietro una pistoletta da noir dell'800 (qui). Il che non significa che non possa ammazzare, sia detto. Basta mirare bene, avere qualche scusa pronta e fare le famose telefonate. Il che è risaputo e la vittima ne è consapevole.

Consapevolezza non scusabile. Rinviare una denuncia di qualche ora non è peccato. Lo è affermare certe cose, magari indotte da avvocati che vorrebbero recitare in qualche crime made in USA. Una così palese, scontata e avvilente affermazione di sudditanza dovrebbe risultare indigesta al popolo, termine con il quale ci si riempie la bocca per sputare sentenze spesso inique.

Quella stessa massa asservita che fa “sì, sì” con la testa a fronte di qualsiasi angheria, meglio se svolta contro le stesse leggi che dovrebbe ben conoscere (non chiediamolo agli “onorevoli”, fanno fatica a leggere). Mendicando favori e una cultura sociale/politica degna di “Rete 4”, si scatta sugli attenti e si battono i tacchi.

Il sig. Campana non è originale ed è pure prevedibile. Sarà uno dei milioni che non conosce un super potere che è stato inviato in dono (gratis, vuol dire) a tutti gli operai del mondo: la dignità. I più fortunati hanno anche quello della consapevolezza, che li rende invulnerabili: sono esattamente eguali a tutti gli altri e più uguali ai “potenti” dei potenti stessi.

Tu guarda. Incredibile. Se ci ragioni su un un attimo e cerchi questa forza, anche nelle tasche più nascoste, la trovi. Sempre. E non vanno nemmeno trovate scuse sugli antidoti che ti possono sparare contro: non esistono. E' roba fortissima, invincibile, che porta un esempio. Lo si può perfino seguire, ogni giorno ovunque.

Le scuse stanno a zero, anche se vogliono far credere il contrario. Milioni di operai, casalinghe, pensionati, ragazzi che non devono sentirsi inferiori a nessuno. Per costituzione, scritta e morale. Chi sbaglia paga, qualsiasi sia il suo nome, grado e parentela. Fateglielo capire ogni santo giorno. Non passeranno. (D.)

#Italia #Politica #Pozzolo #GovernoMeloni #Opinioni

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(Threads)

Di vero c'è che avrei dovuto “applicarmi.” Se provi un nuovo #SocialMedia la regoletta è che devi metterti a seguire chi già leggevi (o vedevi) sugli altri: in questo caso, ovviamente, #Instagram. Poi devi scrivere, interagire, starci, smanettare, fare e fare. Questi passi sono perlopiù sostenuti dalla curiosità, più che dalla novità. Le piattaforme social ormai non le contiamo più. E' semplicemente una questione di grandezza, di influenza (insopportabile) e di moda.

Non essendo il mio lavoro, come per miliardi di altri utenti, gli “scopi” per starci sono relativamente importanti. Direi che perfino chi ci guadagna dovrebbe porsi delle domande su tutto questo, ma i post filosofici li ho già fatti. Quindi, arriviamo al nocciolo. #Threads mi ha già annoiato e perfino infastidito. Come accennato, non avendo obblighi di alcun tipo, ci ho provato. Chiarisco che non è un problema di numeri, di followers. L'asilo l'ho terminato.

Mi arrogo un minimo di esperienza in rete e la cosa che dovrebbe sempre restare in primo piano è l'uso che le Big della rete fanno di questi mezzi. #Meta è ovunque e se ci mettiamo a pensare, pure per poco, comprendiamo che ci siamo già giocati tutto, a livello di informazioni. Per ciò, non è nemmeno questo il gradino più alto. Nel caso di #Threads è altro, quell'altro che sta facendo di “X” (da molto) un luogo non “tossico”, ma molto più pericoloso. E intendo un pericolo per chiunque cerchi un approccio minimale, se non tranquillo.

Su questa nuova piattaforma si intuisce subito come sia divenuta immediatamente terreno fertile per le cose peggiori: bullismo verbale, banalità, idea dei social come esposizione totale (anche del corpo), stupidità sbandierata come passatempo. Anche il famigerato #follow4follow che chiunque ha sperimentato (tipo su “Facebook”), porta a risultati deleteri. E' semplice cassare queste affermazioni enunciando la -relativa- gioventù di #Threads e di pari passo la il suo doversi assestare, ma è ancora accettabile dedicare tempo a cose come questa, intese in tale maniera?

La mia risposta personale è chiara. Facendo due conti sto usando quattro social (compreso il Blog, che non lo è in senso stretto e per fortuna). Molto più di quello che dovrebbe fare chiunque. Perciò, dopo qualche giorno essenzialmente di noia e incazzature non dovute, chiuderò il profilo. Lascio volentieri il campo a coloro che hanno intenzione di attendere che #Threads diventi adulto, ben consapevole che la mia è solo un'opinione che si può discutere.

Per concludere, e sarebbe il caso, ritengo che #Mastodon resti la vera alternativa. Certo, se non vi interessa avere miliardi di possibili “amici”. Mi pare sia questo che si desidera. Ma anche nella vita di tutti i giorni suggerirei di selezionare coloro cui dedicare energie, pensieri ed affetto e mollare il resto. Ricordate che il tempo va sempre e solo avanti. Non si può ricaricare come uno smartphone o un portatile. Ed è anche più semplice da ricordare, questa cosa. Impegniamoci. (D.)

#Blog Opinions #SocialMedia

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