📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

Contro le donne della capitale 1Ascoltate questa parola, o vacche di Basan, che siete sul monte di Samaria, che opprimete i deboli, schiacciate i poveri e dite ai vostri mariti: «Porta qua, beviamo!». 2Il Signore Dio ha giurato per la sua santità: «Ecco, verranno per voi giorni in cui sarete portate via con uncini e le rimanenti di voi con arpioni da pesca. 3Uscirete per le brecce, una dopo l’altra, e sarete cacciate oltre l’Ermon». Oracolo del Signore.

Falsa religiosità e ostinazione 4«Andate pure a Betel e peccate, a Gàlgala e peccate ancora di più! Offrite ogni mattina i vostri sacrifici e ogni tre giorni le vostre decime. 5Offrite anche sacrifici di lode con pane lievitato e proclamate ad alta voce le offerte spontanee, perché così vi piace fare, o figli d’Israele». Oracolo del Signore Dio. 6«Eppure, vi ho lasciato a denti asciutti in tutte le vostre città, e con mancanza di pane in tutti i vostri villaggi; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. 7«Vi ho pure rifiutato la pioggia tre mesi prima della mietitura, facevo piovere sopra una città e non sopra l’altra; un campo era bagnato di pioggia, mentre l’altro, su cui non pioveva, seccava. 8Due, tre città andavano barcollanti verso un’altra città per bervi acqua, senza potersi dissetare; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. 9«Vi ho colpiti con ruggine e carbonchio, vi ho inaridito i giardini e le vigne; i fichi e gli olivi li ha divorati la cavalletta; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. 10«Ho mandato contro di voi la peste, come un tempo contro l’Egitto, ho ucciso di spada i vostri giovani, mentre i vostri cavalli diventavano preda; ho fatto salire il fetore dai vostri campi fino alle vostre narici; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. 11«Vi ho travolti come Dio aveva travolto Sòdoma e Gomorra, eravate come un tizzone strappato da un incendio; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. 12Perciò ti tratterò così, Israele! Poiché questo devo fare di te: prepàrati all’incontro con il tuo Dio, o Israele!

Dossologia 13Ecco colui che forma i monti e crea i venti, che manifesta all’uomo qual è il suo pensiero, che muta l’aurora in tenebre e cammina sulle alture della terra, Signore, Dio degli eserciti è il suo nome.

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Approfondimenti

Contro le donne della capitale 4,1-3 Violenta requisitoria contro le donne di Samaria, che a causa delle loro colpe sociali (v. 1) dovranno subire la deportazione (vv. 2-3). Il brano pur essendo autonomo, continua il tema del giudizio del c. 3.

v. 1. «Ascoltate»; la formula introduce tutta la collezione di 4,1-13 composta in gran parte di rimproveri e minacce; «Basan» è una regione della Transgiordania celebre per i suoi fertili pascoli (cfr. Dt 32,14; Ez 39,18; Sal 22,13); «vacche di Basan»: appellativo che allude alla ricchezza e superbia delle donne che opprimono gli indifesi e conducono una vita dissoluta (cfr. Is 28,1-8). Esse coinvolgono i mariti nelle gozzoviglie praticate a danno dei poveri.

v. 2. «ha giurato per la sua santità»: cioè per la sua intima natura che è santa e ingaggia il suo onore, per cui le decisioni divine sono irrevocabili (cfr. Sal 89,36). La frase singolare è di estrema gravità, giacché, se Dio giura – e lo fa raramente –, giura per se stesso; «le rimanenti di voi», sono probabilmente le serve delle grandi matrone, ovvero la discendenza di queste ultime. Le dame samaritane saranno trattate come bestie catturate, cui si pongono degli anelli al naso, mentre le rimanenti saranno costrette a camminare legate mediante uncini.

v. 3. «Ermon»: è una correzione testuale che indica l'alta montagna situata a nord della Palestina, al confine con il Libano. Nel testo ebraico si legge: «Armon», che indica una regione sconosciuta.

Falsa religiosità e ostinazione 4,4-12 Mediante quattro ironici imperativi riguardanti le pratiche cultuali e due imperativi concernenti il loro effetto negativo, Amos denuncia l'ipocrita pietà del popolo probabilmente durante una festa nel santuario di Betel (v. 4-5). Seguono cinque strofe in prima persona riferite a Dio, aventi la stessa struttura letteraria, in cui si elencano con una certa gradazione, sette calamità naturali inviate da Dio con lo scopo di convertire il popolo, ma senza successo. Ogni strofa termina con lo stesso ritornello (vv. 6-11). Infine si annuncia il castigo (v. 12). Non mancano nella pericope delle piccole aggiunte.

vv. 4-5. Vengono evocati i principali atti di culto, dovuto a uno zelo esagerato praticato nel santuario nazionale di «Betel» e «Galgala». Galgala potrebbe essere il santuario fondato al tempo di Giosuè presso Gerico (Gs 4,19-20; 5,9-10) ovvero un altro luogo di culto situato presso Betel (cfr. 2Re 2,1; 4,38); «peccate»: il termine ebraico è lo stesso che viene usato per i crimini dei popoli e di Israele in 1,3-2,6. Il culto è paradossalmente un crimine che comporta la condanna, perché non è accompagnato dalla pratica della legge e della giustizia sociale, per cui è l'espressione di una religiosità puramente umana, e perciò illegittima. «Offrite» (v. 5): lett. «offri» al singolare; è sottinteso che il sacerdote è incaricato di questa funzione (cfr. Lv 2,2.8-11); «con lievito»: la legislazione rituale proibiva l'uso di ogni sostanza fermentata (Lv 2,11; 7,12); qui si allude a una pratica sincretistica dovuta all'influsso cananeo.

v. 6. «a denti asciutti» espressione sarcastica che indica la siccità e la fame, fenomeni frequenti in Palestina (cfr. Gn 12,10; 41,34; 1Re 17,12; 2Re 4,38).

vv. 7-8. La capricciosa siccità riflette il sistema meteorologico della Palestina, che conosce due ondate di pioggia, quella autunnale e quella primaverile. Amos è convinto che il Signore invia o trattiene la pioggia; questo potere veniva spesso attribuito dal popolo alle divinità cananee.

v. 9. «Vi ho colpiti»: in ebraico viene usato il termine tecnico per indicare le piaghe dell'Egitto (cfr. Dt 28,22; 1Re 8,37). Vengono enumerati i danni causati da una cattiva annata agricola.

v. 10. L'uccisione dei giovani presuppone un'epidemia scoppiata nel campo militare (cfr. 2Sam 24,15; 2Re 19,35). Il fetore si riferisce al gran numero di cadaveri rimasti insepolti (cfr. Is 34,3).

v. 11. La punizione di Sodoma e Gomorra, dovuta a un terremoto, era diventata proverbiale in Israele per indicare una tremenda catastrofe (cfr. Gn 19,24; Is 13,19; Ger 49,18; 50,40; Dt 29,22).

v. 12. Annuncio vago e misterioso di un futuro castigo definitivo; «l'incontro con Dio» ha un senso ostile; è una specie di citazione a giudizio di un popolo infedele e impenitente.

La pericope 4,4-12 mette in piena luce la pedagogia divina riguardo al popolo d'Israele infedele. Si suppone che il Signore possieda il diretto e immediato controllo delle forze della natura, che sono ostili all'uomo. La lista delle calamità costituisce l'antitesi delle opere salvifiche recensite in 29ss. Dio invia le disgrazie per punire Israele, rivelandogli la propria collera; ma lo scopo ultimo è quello di indurlo alla conversione. Ciò significa che Dio è ricco di misericordia e di amore. Tuttavia la sua benevolenza non è indefinita, poiché la nazione ribelle e ostinata nella sua falsa concezione religiosa deve affrontare il castigo meritato. La stessa dottrina si trova in 1,3.6.9.11.13; 2,1; 7,1-9.

Dossologia 4,13 È il primo dei tre frammenti di un cantico elevato alla trascendente maestà divina, che si rivela nelle forze della natura (cfr. 5,8-9; 9,5-6; cfr. ancora Ger 10, 12s.). Esistono delle affinità tra questi inni e il Deuteroisaia, Gb 38 e alcuni salmi. Due serie parallele di titoli (3+2) espresse con dei participi precedono la solenne proclamazione del nome di JHWH. Non è certo che i frammenti siano opera del profeta che si ispira al culto liturgico; è possibile che siano stati introdotti posteriormente nell'opera. Nel contesto attuale l'inno è una conferma che Dio con il suo potere irresistibile può realizzare il suo progetto; «l'uomo» rappresenta il popolo d'Israele; «cammina sulle alture della terra»: la frase evoca la teofania sinaitica (cfr. Es 19,18.20; Ne 9,13).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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ORACOLI CONTRO ISRAELE

Castigo malgrado l'elezione 1Ascoltate questa parola, che il Signore ha detto riguardo a voi, figli d’Israele, e riguardo a tutta la stirpe che ho fatto salire dall’Egitto: 2«Soltanto voi ho conosciuto tra tutte le stirpi della terra; perciò io vi farò scontare tutte le vostre colpe.

La vocazione profetica 3Camminano forse due uomini insieme, senza essersi messi d’accordo? 4Ruggisce forse il leone nella foresta, se non ha qualche preda? Il leoncello manda un grido dalla sua tana, se non ha preso nulla? 5Si precipita forse un uccello a terra in una trappola, senza che vi sia un’esca? Scatta forse la trappola dal suolo, se non ha preso qualche cosa? 6Risuona forse il corno nella città, senza che il popolo si metta in allarme? Avviene forse nella città una sventura, che non sia causata dal Signore? 7In verità, il Signore non fa cosa alcuna senza aver rivelato il suo piano ai suoi servitori, i profeti. 8Ruggisce il leone: chi non tremerà? Il Signore Dio ha parlato: chi non profeterà?

Le colpe di Samaria 9Fatelo udire nei palazzi di Asdod e nei palazzi della terra d’Egitto e dite: “Adunatevi sui monti di Samaria e osservate quanti disordini sono in essa e quali violenze sono nel suo seno”. 10Non sanno agire con rettitudine – oracolo del Signore –; violenza e rapina accumulano nei loro palazzi». 11Perciò così dice il Signore Dio: «Il nemico circonderà il paese, sarà abbattuta la tua potenza e i tuoi palazzi saranno saccheggiati». 12Così dice il Signore: «Come il pastore strappa dalla bocca del leone due zampe o il lobo d’un orecchio, così scamperanno i figli d’Israele che siedono a Samaria nell’angolo di un letto, sulla sponda di un divano. 13Ascoltate e attestatelo nella casa di Giacobbe, oracolo del Signore Dio, Dio degli eserciti: 14Quando colpirò Israele per i suoi misfatti, colpirò gli altari di Betel; saranno spezzati i corni dell’altare e cadranno a terra. 15Demolirò la casa d’inverno insieme con la casa d’estate, e andranno in rovina le case d’avorio e scompariranno i grandi palazzi». Oracolo del Signore.

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Approfondimenti

ORACOLI CONTRO ISRAELE 3,1-6,14 Questa sezione comprende 19 oracoli, alcuni brevi (3,1-2.12), altri estesi (3,3-8; 4,6-12), diversi incompleti (cc. 5-6), coordinati in modo artificiale secondo una certa affinità di tema. Si distinguono due collezioni minori introdotte rispettivamente con la formula «ascoltate» (3,1; 4,1; 5,1) e «guai» (5,18; 6,1). Benché prevalgano gli oracoli di giudizio, si nota la presenza di riflessioni sapienziali 3,3-8; 4,4-12), di materiale liturgico (4,14; 5,8s.; 4,4-11) e di esortazioni (5,4-6.14s.).

Castigo malgrado l'elezione 3,1-2 «Ascoltate» introduce gli oracoli di tutto il capitolo. Viene sottolineata la responsabilità particolare di Israele dovuta all'elezione divina. L'infedeltà all'alleanza scatena la collera divina.

v. 1. Il v. 1 è un po' imbarazzato, poiché si parla di JHWH in terza e prima persona a causa di una certa identificazione del profeta con Dio; «Israeliti» sono tutte le tribù d'Israele, anche quelle del regno di Giuda.

v. 2. «ho eletto»; lett. «ho conosciuto», cioè ho scelto, amato. Nel mondo semitico la conoscenza esprime un rapporto personale di comunione e di preferenza, come l'amore del padre per il figlio (Is 63,16) e l'amore degli sposi (Gn 4,1). Nel nostro passo il verbo indica il rapporto speciale stabilitosi tra Dio e Israele in seguito alla liberazione dall'Egitto e all'alleanza sinaitica (cfr. Es 3,7; 4,22; Is 5,1-7; Os 11,1; Ger 2,2s.; Ez 16,6; Is 41,8s.); «farò scontare»: lett. «visiterò» nel senso di un intervento punitivo di Dio (cfr. Es 20,5; 34,7; Lv 18,25). Tra elezione e punizione ricorre un'intima correlazione e dipendenza. La scelta di Dio non è destinata a procurare automaticamente la salvezza, non essendo un privilegio imprescrittibile, ma fonda una responsabilità imprescindibile: se le esigenze divine non sono rispettate, scatta la collera e il castigo. Si tratta di una conseguenza paradossale dell'elezione divina.

La vocazione profetica 3,3-8 Discorso didascalico di autodifesa comprendente sette domande retoriche basate sull'inevitabile rapporto che esiste tra effetto e causa (vv. 3-5) e causa ed effetto (v. 6-8). Il brano, di tenore sapienziale, è frutto della riflessione personale del profeta che prende le immagini dalla vita sociale (v. 3), campestre (vv. 4s.) e militare (v. 6). Probabilmente Amos risponde ad alcune obiezioni sollevate contro la legittimità della sua vocazione profetica, quasi fosse un profeta inautentico che annuncia solo giudizio e castigo.

v. 3. Per maggiore sicurezza il viaggio si faceva sempre con un compagno, il che suppone un previo accordo (cfr. Tb 5,1-15). Un fatto evidente induce a scoprire un altro aspetto, che non si può osservare in forma diretta, ma ne rappresenta la spiegazione.

v. 4. L'esempio del leone e del leoncello mostra non solo che un fatto presuppone la causa, ma anche che produce un certo effetto.

v. 6. Il suono della tromba è l'allarme dato dalle sentinelle della città che vedono sopraggiungere l'esercito invasore.

v. 7. Questo versetto si distingue per la sua forma dichiarativa e il contenuto teologico, espresso con formule deuteronomistiche; «il suo consiglio»: lett. «il suo segreto»; il termine ebraico indica l'incontro confidenziale tra amici (cfr. Prv 15,22; Sir 8,17). Dio che delibera segretamente con se stesso, rivela anticipatamente i suoi piani ai profeti che sono suoi servi e confidenti (cfr. 2Re 9,7; Ger 7,25; Dn 6,10; Zc 1,6). Viene sottolineata l'origine e l'essenza divina del profetismo. La profezia è identificata con la rivelazione divina.

v. 8. Sentenza lapidaria, composta di due interrogazioni retoriche. L'appello di Dio è irresistibile, come la paura suscitata dal ruggito del leone; perciò il profeta è obbligato ad annunciare la parola di Dio. Amos fa appello alla sua esperienza vocazionale e rivela la profonda coscienza della propria missione. La chiamata divina produce in lui un effetto cosi potente che non può fare a meno di fare il profeta (cfr. 7,14s.; Ger 20,7ss.). Perciò la sua parola è quella di Dio; egli non annuncia la sventura per volontà propria, ma costretto da Dio, per cui essa avrà effetto. Così Amos giustifica la sua predicazione nel regno del Nord, dove incontrava incomprensione e contrasti.

Le colpe di Samaria 3,9-15 I tre oracoli distinti e riconoscibili da tre introduzioni speciali (vv. 9.12.13) sottolineano i peccati di Samaria (ingiustizie: vv. 9s.; culto sacrilego: v. 14; lusso: v. 15) e la punizione che essi attirano: l'invasione nemica, il saccheggio e la distruzione della ricchezza ingiustamente accumulate. Probabilmente questi oracoli furono pronunciati nella capitale Samaria.

v. 9. Usando un genere letterario simile a quello giudiziario, Amos si rivolge ad alcuni messaggeri perché vadano nei paesi pagani (Asdod sta per la Filistea; i LXX però leggono: Assiria) ad invitarli a recarsi nella capitale del regno del Nord e prendere atto dei crimini ivi commessi, soprattutto contro i miserabili (cfr. Mic 6,1ss.; Os 4,1ss.; Is 1,2ss.). Samaria, la capitale, fu fondata dal re Omri nell'VII sec. a.C. su una collina a 10 km a nord-ovest di Sichem.

v. 10. La violenza e la rapina che vanno spesso insieme (cfr. Ger 6,7; 20,8; 48,3; Ez 45,9; Ab 1,3) indicano che si è perduto il senso morale di ciò che e giusto.

v. 11. Il nemico non nominato è l'Assiria.

v. 12. Versetto di difficile interpretazione. La comparazione presa dalla vita pastorale sembra avere un significato ironico. Piuttosto che introdurre il tema del sacro resto, il paragone del pastore sembra alludere a Es 22,12-13, secondo cui il pastore deve portare al proprietario la prova che un capo di bestiame mancante è stato divorato, suo malgrado, altrimenti è costretto a pagare un'indennità (cfr. Gn 31,39; 1Sam 17,34; Is 31,4). I salvati di Samaria sono i testimoni della distruzione di Israele. Dio è innocente e il popolo ne assume la colpevolezza.

v. 13. «Giacobbe» sembra indicare l'insieme delle tribù d'Israele. A Dio viene dato il titolo divino più completo, che sottolinea la sua maestà; in altri passi la formula si riscontra con delle varianti incomplete (4,5; 8,3.9.11; 6,8.14).

v. 14. Viene abolito il diritto di asilo. A Betel Geroboamo I aveva stabilito un santuario e un culto nazionale, centrato sulla venerazione del vitello in opposizione a Gerusalemme (1Re 12,26.33; Am 4,4; 7,10; Os 4,15; 5,8); «i corni dell'altare» erano quattro sporgenze situate ai lati dell'altare, sulle quali veniva spruzzato il sangue delle vittime immolate in taluni sacrifici. Quando questo altare veniva toccato da un omicida involontario, questi veniva sottratto alla giustizia (cfr. Es 27,1s.; Lv 4,30; 16,18; Ez 43,15; 1Re 1,50; 2,28). I corni caduti a terra non possono più servire come riparo ai colpevoli involontari.

v. 15. La menzione di quattro tipi di case abitate dai ricchi allude alla situazione economico-sociale del paese. Pochi proprietari facoltosi e potenti, legati alla corte, vivono nello sfarzo signoreggiando su pochi commercianti al minuto e su una massa di braccianti. A Samaria furono trovati i resti delle placche di avorio che ornavano i palazzi della capitale. Questi palazzi saranno distrutti dal terremoto.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Contro Moab 1Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Moab e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché ha bruciato le ossa del re di Edom per ridurle in calce. 2Manderò il fuoco a Moab e divorerà i palazzi di Keriòt e Moab morirà nel tumulto, al grido di guerra, al suono del corno. 3Eliminerò dal suo seno chi governa, ucciderò, insieme con lui, tutti i suoi prìncipi», dice il Signore.

Oracolo contro Giuda 4Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Giuda e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno rifiutato la legge del Signore e non ne hanno osservato i precetti, si sono lasciati traviare dagli idoli che i loro padri avevano seguito. 5Manderò il fuoco a Giuda e divorerà i palazzi di Gerusalemme».

Contro Israele 6Così dice il Signore: «Per tre misfatti d’Israele e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali, 7essi che calpestano come la polvere della terra la testa dei poveri e fanno deviare il cammino dei miseri, e padre e figlio vanno dalla stessa ragazza, profanando così il mio santo nome. 8Su vesti prese come pegno si stendono presso ogni altare e bevono il vino confiscato come ammenda nella casa del loro Dio. 9Eppure io ho sterminato davanti a loro l’Amorreo, la cui statura era come quella dei cedri e la forza come quella della quercia; ho strappato i suoi frutti in alto e le sue radici di sotto. 10Io vi ho fatto salire dalla terra d’Egitto e vi ho condotto per quarant’anni nel deserto, per darvi in possesso la terra dell’Amorreo. 11Ho fatto sorgere profeti fra i vostri figli e nazirei fra i vostri giovani. Non è forse così, o figli d’Israele? Oracolo del Signore. 12Ma voi avete fatto bere vino ai nazirei e ai profeti avete ordinato: “Non profetate!”. 13Ecco, vi farò affondare nella terra, come affonda un carro quando è tutto carico di covoni. 14Allora nemmeno l’uomo agile potrà più fuggire né l’uomo forte usare la sua forza, il prode non salverà la sua vita 15né l’arciere resisterà, non si salverà il corridore né il cavaliere salverà la sua vita. 16Il più coraggioso fra i prodi fuggirà nudo in quel giorno!». Oracolo del Signore.

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Approfondimenti

Contro Moab 2,1-3 È il paese situato a sud del fiume Arnon e a oriente del Mar Morto (cfr. Nm 22-24; Gdc 3,12ss.; 2Re 3,4ss.). Il crimine di Moab è quello di aver disprezzato la persona umana impedendone la sepoltura.

v. 1. L'incinerazione del cadavere che comportava la privazione della sepoltura era per i Semiti la somma disgrazia e un castigo divino (cfr. Ger 7,33; 8,2; 16,4; 2Re 9,10; Qo 6,3). Il diritto di riposare nella tomba non era rifiutato né ai condannati a morte né ai nemici (cfr. Dt 21,22s.; 2Re 9,34).

v. 2. «Keriot» corrisponde probabilmente a El Kerak (cfr. Ger 48,24).

v. 3. Il «giudice» è probabilmente il re, che aveva il compito di amministrare la giustizia.

Oracolo contro Giuda 2,4-5 Brano di tenore deuteronomistico, forse aggiunto posteriormente alla raccolta dei vaticini di Amos, nel quale viene denunciata in forma generale l'infedeltà del popolo di Giuda nel rapporto con Dio nel contesto dell'alleanza sinaitica (cfr. Dt 11,28; 2Re 17,15).

v. 4. Tre sono le colpe rinfacciate a Giuda: il disprezzo della volontà di Dio (torah), la disobbedienza ai singoli precetti e l'adorazione delle menzogne cioè degli «idoli».

v. 5. Mediante la breve formula di condanna (cfr. 1,10.12; 2,2) viene applicata al popolo di Dio la stessa punizione che colpisce le nazioni pagane.

Contro Israele 2,6-16 Ampio e violento oracolo che condanna quattro crimini di Israele (vv. 6-8):

  1. oppressione dei poveri,
  2. prostituzione sacra,
  3. orge gastronomiche,
  4. corruzione dei consacrati.

Vengono ricordati i benefici divini in favore di Israele (vv. 9-11) e minacciato il castigo, al quale nessuno sfuggirà (vv. 13-16). La pericope rappresenta il punto culminante della sezione contenente gli oracoli contro i popoli stranieri.

v. 6. La vendita si può intendere del commercio degli schiavi o della riduzione dei poveri e degli innocenti allo stato di schiavitù per dei futili motivi, ciò che era proibito dalla legge mosaica (cfr. Es 21,1-11; 22,2).

v.7. Le espressioni iperboliche dei primi stichi alludono all'oppressione generalizzata dei miseri da parte dei potenti (cfr Es 22,21ss.; 23,10s.). La libertà sessuale si riferisce ai giovani e agli anziani che abusavano della stessa schiava (cfr. Es 21,7-11; Lv 18,17; 20,14) ovvero concerne la prostituzione sacra, tipica del culto cananeo, aggravata da pratiche incestuose (cfr. Dt 23,18s.; 1Re 14,24; 15,12; 2Re 23,7; Os 4,14).

v.8. Un altro rimprovero riguarda la mancata restituzione delle vesti (cfr. Es 22,25s.; Dt 24,12.17), col pretesto che dovevano servire al culto, inoltre le estorsioni, accompagnate da multe, di una misura abbondante di vino destinato alle libazioni rituali e ai pasti sacri illecitamente consumati nei templi (cfr. Es 29,40; Lv 23,13; Nm 15,1-12).

v. 9. I benefici divini rievocati in sequenza non cronologica (cfr. anche i vv. 10-11) sono la distruzione dei Cananei, l'esodo dall'Egitto, la traversata del deserto e l'attività dei nazirei e dei profeti. Questi favori danno a JHWH il diritto di esigere l'obbedienza dal suo popolo. L'Amorreo designa tutte le popolazioni autoctone della Palestina; esse sono descritte in modo poetico e iperbolico secondo un modello tradizionale (cfr. Nm 13,33; Dt 1,28; 2,10.21; 3,11).

v. 10. Il discorso è rivolto direttamente al popolo. Amos è il solo profeta che menziona la permanenza di 40 anni nel deserto; questo numero indica un periodo storico completo.

v. 11. I «nazirei» erano degli asceti, consacrati totalmente al Signore, i quali conducevano una vita austera fino alla morte o per un periodo determinato (cfr. Nm 6,1-21; Gdc 13,4; 1Sam 1,28); tali erano Sansone e Samuele.

v. 12. I versetto in prosa interrompe il discorso e si differenzia dai vv. precedenti. Probabilmente è una glossa che commenta il v. 11 a partire dal conflitto che oppose Amos al sacerdote Amasia (7,10-17). Opporsi ai profeti è contestare Dio stesso e violentare i nazirei equivale a profanare la loro consacrazione.

vv. 13-16. Le conseguenze dell'invasione nemica, che rappresenta il castigo divino, sono descritte mediante due immagini: quella del carro carico di messi, che rimane impastoiato nel terreno, e quella dell'esercito in ritirata, che avendo perso la battaglia, è in preda al terrore e cerca invano di fuggire. I componenti l'esercito sono: il soldato (v. 14c), l'arciere (v. 15a), «in quel giorno» (v. 16): si tratta del giorno del Signore, tipica espressione profetica, usata qui per la prima volta (cfr. ancora 8,3.9.13; 9,11) e indicante un importante avvenimento storico comprendente una particolare manifestazione di Dio; «Oracolo del Signore», in ebraico nᵉ'um JHWH: formula solenne di conclusione, che ricorre 21 volte in Amos e diverse centinaia di volte nei libri profetici.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Titolo e prologo 1Parole di Amos, che era allevatore di pecore, di Tekòa, il quale ebbe visioni riguardo a Israele, al tempo di Ozia, re di Giuda, e al tempo di Geroboamo, figlio di Ioas, re d’Israele, due anni prima del terremoto. 2Egli disse: «Il Signore ruggirà da Sion e da Gerusalemme farà udire la sua voce; saranno avvizziti i pascoli dei pastori, sarà inaridita la cima del Carmelo».

GIUDIZIO CONTRO LE NAZIONI

Minacce contro Damasco 3Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Damasco e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno trebbiato Gàlaad con trebbie ferrate. 4Alla casa di Cazaèl manderò il fuoco e divorerà i palazzi di Ben-Adàd; 5spezzerò il catenaccio di Damasco, sterminerò chi siede sul trono di Bikat-Aven e chi detiene lo scettro di Bet-Eden, e il popolo di Aram sarà deportato in esilio a Kir», dice il Signore.

Contro Gaza 6Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Gaza e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno deportato popolazioni intere per consegnarle a Edom. 7Manderò il fuoco alle mura di Gaza e divorerà i suoi palazzi, 8sterminerò chi siede sul trono di Asdod e chi detiene lo scettro di Àscalon; rivolgerò la mia mano contro Ekron e così perirà il resto dei Filistei», dice il Signore.

Oracolo contro Tiro 9Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Tiro e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno deportato popolazioni intere a Edom, senza ricordare l’alleanza fraterna. 10Manderò il fuoco alle mura di Tiro e divorerà i suoi palazzi».

Contro Edom 11Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Edom e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché ha inseguito con la spada suo fratello e ha soffocato la pietà verso di lui, perché la sua ira ha sbranato senza fine e ha conservato lo sdegno per sempre. 12Manderò il fuoco a Teman e divorerà i palazzi di Bosra».

Minacce contro Ammon 13Così dice il Signore: «Per tre misfatti degli Ammoniti e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno sventrato le donne incinte di Gàlaad per allargare il loro confine. 14Darò fuoco alle mura di Rabbà e divorerà i suoi palazzi, tra il fragore di un giorno di battaglia, fra il turbine di un giorno di tempesta. 15Il loro re andrà in esilio, egli insieme ai suoi comandanti», dice il Signore.

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Approfondimenti

Titolo e prologo 1,1-2 Il lungo titolo (v. 1) dovuto all'editore fornisce delle informazioni sulla persona del profeta e sul tempo del suo ministero, mentre nel v. 2 si legge un frammento di inno teofanico, che in forma paradossale annuncia l'intervento di Dio contro il suo popolo a partire dalla città santa.

  1. «pecoraio»: sembra che il termine indichi un proprietario che alleva i greggi; le «visioni» sono un termine tecnico che indica l'origine divina delle comunicazioni fatte al profeta (cfr. Is 1,1; 2,1; Mic 1,1; Ab 1,1). «Israele»: termine usato 23 volte nel libretto, indica il regno del Nord, in quanto distinto dalla Giudea. Solamente in 9,14 il nome indica il popolo ebraico nella sua totalità. Ozia regnò in Giuda dal 784 al 746 a.C., mentre Geroboamo fu re di Israele dal 787 al 747 a.C. «prima del terremoto»: non è possibile precisare la data di questa calamità, che lasciò un ricordo incancellabile nella memoria del popolo (cfr. Zc 14,4s.).

  2. «Egli disse»: formula singolare che introduce l'oracolo pronunciato dal profeta. La voce del Signore è assimilata a quella del leone (3,8; 5,19; Ger 25,30; Gl 4,16) o del tuono (cfr. Es 19,16; Sal 18,14; 29; Gb 37,2-5). L'immagine esprime la potenza di Dio e il terrore che suscita la sua manifestazione. Dio che risiede in Gerusalemme, giudica anche il regno del Nord, che ha fatto secessione. Il disseccarsi delle praterie dei pastori e della vetta del Carmelo, famosa per le sue foreste, rappresenta una gravissima disgrazia (cfr. Is 33,9; 35,2; Ger 2,7; 4,26; 50,19; Ct 7,6).

GIUDIZIO CONTRO LE NAZIONI 1,3-2,15 Poderoso discorso contenente sette oracoli rivolti contro le nazioni vicine, alle quali vengono rimproverati crimini contro il diritto delle genti (1,3-2,5). Ad essi viene aggiunto un lungo oracolo contro Israele (2,6-15). La struttura dei brani comprende quattro elementi:

  1. la formula introduttoria dell'inviato, «Così dice il Signore», ripresa talvolta nella conclusione (1,5.8.15; 2,3);
  2. il motivo principale del giudizio invariabilmente ripetuto mediante la formula numerica (tre... quattro);
  3. il motivo particolare della condanna che varia per ogni popolo;
  4. infine il verdetto della pena.

Gli oracoli diretti contro Tiro (1,9s.) e Edom (1,11s.) sono brevi e mancano di originalità. Quello rivolto contro Giuda (2,4s.) contiene un'accusa generale formulata con espressioni deuteronomistiche e il verdetto finale è simile a quello applicato a Tiro e Edom. L'ampio oracolo rivolto a Israele (2,6-16), espresso con molto vigore, corona degnamente tutta la serie.

Minacce contro Damasco 1,3-5 Capitale dello stato arameo, già sottomesso da Davide (cfr. 2Sam 8,5), Damasco era divenuta un temibile avversario d'Israele nel sec. VIII a.C. (cfr. 1Re 15,18s.; 20,22; 2Re 5,2). La sua colpa è l'inumana condotta della guerra contro Galaad.

v. 3. La formula numerica: «tre... quattro», usata anche nei libri sapienziali (Prv 30,15.19.21.29; Sir 25,7ss.; 26,2.28), indica la pienezza. Di fatto viene enunciato un solo delitto, il quarto; «non revocherò il mio decreto»: espressione antropomorfica che sottolinea che la decisione divina è irrevocabile; «le trebbie ferrate»: sono probabimente una metafora che indica azioni di estrema crudeltà, verosimilmente lo sterminio della popolazione di Galaad, regione montagnosa situata a est del Giordano (cfr. 2Re 10,32ss.).

v. 4. Il castigo è quello che accompagna l'occupazione di una città presa d'assalto: incendio della reggia, massacro della popolazione, deportazione. Il fuoco è simbolo della collera divina, che si rivela nella guerra, attribuita direttamente all'iniziativa divina; «Cazael» e «Ben-Adad» sono i nomi dei re di Damasco, particolarmente ostili a Israele (cfr. 1Re 20,22; 2Re 5,2; 8,12; 10,32).

v. 5. «Bikeat-Aven» (= valle di iniquità) e «Bet-Eden» (= casa di piacere) sono probabilmente dei nomi simbolici di Damasco; «Kir»: luogo della bassa Mesopotamia, da dove trasmigrarono gli Aramei (cfr, 9,7).

Contro Gaza 1,6-8 Questa città commerciale situata a sud della Filistea rappresenta tutto il paese. I Filistei avevano compiuto delle razzie nel territorio di Israele facendo schiavi donne e bambini per venderli poi a Edom e all'Egitto (cfr. Gl 4,4ss.; Ger 25,20; 20,47; Sof 2,4ss.; Zc 9,5ss.). Viene riprovato il commercio degli esseri umani.

vv. 7-8. Delle cinque città della confederazione filistea non è nominata Gat, che forse al tempo di Amos era incorporata nel regno di Giuda. Il popolo che considera l'uomo come oggetto di mercato, viene punito con la morte.

Oracolo contro Tiro 1,9-10 Il grande porto marittimo di Tiro rappresenta tutta la costa fenicia. La città è punita per avere violato i suoi obblighi verso gli alleati (cfr. Is 23; Ger 27,3; 47,4; 25,22; Ez 26-28).

v. 9. «Edom»: alcuni autori leggono Aram (Damasco), a causa della situazione geografica presupposta nel testo. Spesso nel TM vengono confusi Edom e Aram a causa della quasi identica grafia (cfr. 2Sam 8,12s. e i LXX; 1Cr 18,11s.; 1Re 11,25; 2Re 16,6; Ez 16,57). L'alleanza fraterna fra Tiro e Israele datata dai tempi di Salomone (cfr. 1Re 5,26) era stata confermata al tempo di Acab (cfr. 1Re 16,31) e si basava su eccellenti rapporti politici e commerciali.

Contro Edom 1,11-12 L'oracolo è rivolto contro il paese che occupa la zona montagnosa situata tra il Mar Morto e il golfo Elanitico. Edom è stato sempre in contrasto con Israele per motivi territoriali. L'accusa si riferisce alla persistenza di un odio feroce tra i due popoli, odio incomprensibile tra parenti di sangue (cfr. Am 9,12; Ez 25,12; 35,5s.; 36,5; Lam 4,21; Ml 1,2-5; Sal 137,7).

v. 11. «suo fratello» è Israele, discendente di Giacobbe e fratello di Esaù, capostipite degli Edomiti (cfr. Gn 36,1).

v. 12. «Teman» è una regione situata a nord-est di Petra o la tribù che ivi abitava. Potrebbe essere un'espressione poetica per indicare Edom (cfr. Ger 49,7.20; Abd 9); «Bozra» è una città situata nella stessa regione.

Minacce contro Ammon 1,13-15 Situato a est di Galaad nella Transgiordania, Ammon era abitato da un popolo discendente da Lot e perciò imparentato con Israele (cfr. Gn 19,38). Il misfatto condannato è la soppressione della vita nel seno della madre, un atto della guerra totale che mirava allo spopolamento del territorio conquistato (2Re 8,12).

v. 13. La distruzione della vita innocente non è legittimata dalle ambizioni nazionali.

v. 14. «Rabba» era la capitale degli Ammoniti (l'attuale Amman) (cfr. 2Sam 12,26). La descrizione della guerra accompagnata da fragore e paragonata a un uragano distruttore assume una colorazione apocalittica.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La condanna delle nazioni 1Poiché, ecco, in quei giorni e in quel tempo, quando ristabilirò le sorti di Giuda e Gerusalemme, 2riunirò tutte le genti e le farò scendere nella valle di Giòsafat, e là verrò a giudizio con loro per il mio popolo Israele, mia eredità, che essi hanno disperso fra le nazioni dividendosi poi la mia terra. 3Hanno tirato a sorte il mio popolo e hanno dato un fanciullo in cambio di una prostituta, hanno venduto una fanciulla in cambio di vino e hanno bevuto. 4Anche voi, Tiro e Sidone, e voi tutte contrade della Filistea, che cosa siete per me? Vorreste prendervi la rivincita e vendicarvi di me? Io ben presto farò ricadere sul vostro capo il male che avete fatto. 5Voi infatti avete rubato il mio oro e il mio argento, avete portato nei vostri templi i miei tesori preziosi; 6avete venduto ai figli di Iavan i figli di Giuda e i figli di Gerusalemme per mandarli lontano dalla loro patria. 7Ecco, io li richiamo dalle città, dal luogo dove voi li avete venduti e farò ricadere sulle vostre teste il male che avete fatto. 8Venderò i vostri figli e le vostre figlie per mezzo dei figli di Giuda, i quali li venderanno ai Sabei, un popolo lontano. Il Signore ha parlato. 9Proclamate questo fra le genti: preparatevi per la guerra, incitate i prodi, vengano, salgano tutti i guerrieri. 10Con i vostri vomeri fatevi spade e lance con le vostre falci; anche il più debole dica: «Io sono un guerriero!». 11Svelte, venite, o nazioni tutte dei dintorni, e radunatevi là! Signore, fa’ scendere i tuoi prodi! 12Si affrettino e salgano le nazioni alla valle di Giòsafat, poiché lì sederò per giudicare tutte le nazioni dei dintorni. 13Date mano alla falce, perché la messe è matura; venite, pigiate, perché il torchio è pieno e i tini traboccano, poiché grande è la loro malvagità! 14Folle immense nella valle della Decisione, poiché il giorno del Signore è vicino nella valle della Decisione. 15Il sole e la luna si oscurano e le stelle cessano di brillare. 16Il Signore ruggirà da Sion, e da Gerusalemme farà udire la sua voce; tremeranno i cieli e la terra. Ma il Signore è un rifugio per il suo popolo, una fortezza per gli Israeliti. 17Allora voi saprete che io sono il Signore, vostro Dio, che abito in Sion, mio monte santo, e luogo santo sarà Gerusalemme; per essa non passeranno più gli stranieri.

Restaurazione d'Israele 18In quel giorno le montagne stilleranno vino nuovo e latte scorrerà per le colline; in tutti i ruscelli di Giuda scorreranno le acque. Una fonte zampillerà dalla casa del Signore e irrigherà la valle di Sittìm. 19L’Egitto diventerà una desolazione ed Edom un arido deserto, per la violenza contro i figli di Giuda, per il sangue innocente sparso nel loro paese, 20mentre Giuda sarà sempre abitata e Gerusalemme di generazione in generazione. 21Non lascerò impunito il loro sangue, e il Signore dimorerà in Sion.

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Approfondimenti

La condanna delle nazioni 4,1-17 La pericope contiene una triplice descrizione del giudizio.

  • Nei vv. 1-3 le nazioni vengono condannate per un triplice motivo.
  • Nei vv. 9-14 la sentenza viene eseguita mediante il procedimento stilistico dell'appello alla guerra santa.
  • La catastrofe cosmica finale assicura la salvezza a Israele (vv. 15-17).

Si alternano le parole del Signore (vv. 1-8.12s.17) e quelle dei profeti (vv. 9ss.14ss.).

v. 2. «la valle di Giosafat» (lett. «di Dio che giudica») è un luogo apocalittico immaginario. Sin dal sec. IV d.C. esso è stato identificato con la valle del Cedron a Gerusalemme. Nel v. 14 questo luogo è chiamato «Valle della decisione», cioè «luogo dove viene eseguito il giudizio». Nei vv. 2s. il profeta riassume tutte le calamità che hanno colpito Israele da parte soprattutto degli Assiri e dei Babilonesi. È evidente l'allusione all'esilio del sec. VI a.C. (cfr. 2Re 24,15s.; 25,11s.; Ez 11,17; 21,23-27; Abd 11-14).

v. 3. La tradizione ebraica assicurava una particolare protezione ai bambini (Gn 43,9; Gio 4); essi sono ridotti in schiavitù e scambiati con ciò che vi è di più vile (una prostituta) o di più comune (un po' di vino).

4,4-8. Versetti in prosa, in cui vengono nominati i popoli della Fenicia e della Filistea, colpevoli di azioni predatorie e di traffico di schiavi. Ad essi viene applicata la legge del taglione. Alcuni studiosi ritengono che i versetti siano un'aggiunta posteriore.

v. 6. «I Greci», lett. «I figli di Iavan, della Ionia»: sono gli abitanti delle isole del Mediterraneo orientale. E difficile precisare la data di questi fatti (cfr. Ez 27,13; 1Mac 3,41; 2Mac 8,10).

v. 7. I popoli avranno lo stesso trattamento che hanno inflitto a Giuda, e ciò sarà compiuto dagli stessi Giudei (cfr. Es 21,23ss.; Lv 24,18.20; Dt 19,21).

v. 8. Conclusione del giudizio divino; «i Sabei» sono una popolazione dell'Arabia meridionale, celebre per il commercio delle spezie e delle pietre preziose (cfr. 1Re 10,1; Is 66,6; Ger 6,20).

4,9-14. Il brano, ricco di verbi all'imperativo e pieno di violenza e di foga, descrive l'organizzazione dell'ultimo combattimento della storia che avviene tra l'esercito delle nazioni e quello di Dio.

v. 9. «la guerra santa» diretta dal Signore deve essere preparata con precise osservanze, specialmente con l'astensione dai rapporti sessuali (cfr. 1Sam 7,8s.; 21,6; Is 13,3; Ger 6,4; 22,7).

v. 10. Vengono richiamati anche i non adatti alla guerra. Le prospettive messianiche di Is 2,4 e Mic 4,3 vengono rovesciate. Gli strumenti di pace sono trasformati in strumenti di guerra.

v. 11. «i tuoi prodi»: il senso è incerto; forse si tratta degli angeli che formano l'esercito celeste. La sola allusione agli eroi di Dio dà la certezza che le armate nemiche saranno sterminate.

v. 12. Vengono riprese le espressioni del vv. 2 e 9. Gerusalemme è il luogo dove JHWH esercita il suo potere di giudice universale (cfr. Zc 14,3ss.).

v. 13. Maestosa scena di giudizio, in cui Dio si rivolge ai suoi ausiliari con il linguaggio simbolico della mietitura e della pigiatura. Tre brevi sentenze sono seguite da altrettante lapidarie considerazioni (cfr. Mic 4,13; Is 17,5; 63,1; Ger 25,30).

v. 14. Scena grandiosa di condanna universale; la «Valle della decisione»: il testo ebraico si potrebbe tradurre anche con «Valle del trebbio e dell'erpice» (cfr. Am 1,3; Gb 41,22).

v. 15. Sono i soliti fenomeni che precedono o accompagnano il «giorno del Signore» (cfr. 2,10; 3,3s.). I vv. 15-17 rappresentano una breve composizione apocalittica, redatta con elementi di origine diversa.

v. 16. Il versetto è una citazione di Am 1,2. Il ruggire di JHWH è una formula liturgica tradizionale usata nel culto. Il Signore «rifugio e fortezza del suo popolo» è un'espressione che ricorre spesso nei salmi (cfr. Sal 46,2; 27,1; 31,4; 43,2).

v. 17. Il Signore assicura che tutta la città di Gerusalemme, non solamente il tempio, diventerà santa e inviolabile (cfr. Ger 31,40; Na 1,15; Is 51,23; 52,1; Abd 17; Zc 9,8; 14,21). Lo stico 17c è una citazione di Is 52,1.

Restaurazione d'Israele 4,18-21 Con immagini tipiche dell'escatologia giudaica viene descritta l'iperbolica abbondanza dei beni agricoli (v. 18), l'umiliazione dei nemici del popolo (v. 19) e la felicità degli abitanti di Giuda (vv. 20s.).

v. 18. La prosperità agricola senza precedenti (cfr. Am 9,13) è dovuta all'abbondanza dell'acqua (cfr. Sal 46,5; 65,10; Ez 47,1-12; Zc 14, 10); la valle di Sittim o «delle acacie» è un luogo sconosciuto; probabilmente si tratta del corso inferiore del torrente Cedron.

v. 19. L'Egitto e Edom, ereditari nemici di Israele, rappresentano tutti gli avversari del popolo di Dio (cfr. Ger 49,7-22; Ml 1,2-5; Sal 137,7).

v. 21. La presenza di JHWH assicura la fertilità del paese di Giuda e la prosperità dei suoi abitanti.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Gioele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA NUOVA ERA E IL GIUDIZIO DIVINO

L'effusione dello spirito 1Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. 2Anche sopra gli schiavi e sulle schiave in quei giorni effonderò il mio spirito. 3Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue e fuoco e colonne di fumo. 4Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. 5Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamato.

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Approfondimenti

LA NUOVA ERA E IL GIUDIZIO DIVINO 3,1-4,21 Nella seconda parte della profezia viene descritta come preludio al «giorno del Signore» l'effusione dello spirito su tutto Israele (3,1-5), seguita dal giudizio finale, che comprende la convocazione dei popoli, l'accusa e la sentenza (4,1-17). Dopo il giudizio viene instaurato il regno definitivo di Dio (4,18-21). Emergono in questi cc. i caratteristici temi escatologici: il contesto cosmico della teofania, la condanna delle nazioni pagane, la liberazione del popolo eletto e l'istituzione di un nuovo ordine mondiale.

L'effusione dello spirito 3,1-5 Il Signore annuncia il dono dello spirito ai membri di tutto il popolo eletto (vv. 1s.) in un contesto di sconvolgimenti cosmici, che rivelano «il giorno del Signore» (vv. 3s.). A modo di conclusione il profeta proclama i principio della salvezza universale (v. 5). Questo brano è un importante testo profetico, che illustra l'azione dello spirito di Dio su tutto il popolo d'Israele.

v. 1. «Dopo questo»: formula rara nei profeti, dalla cronologia vaga, che introduce un nuovo intervento divino nella storia (cfr. Ger 16,16; 21,7; 26,26; 49,6); «effonderò»: questo verbo evoca l'immagine di una pioggia abbondante che cade sul suolo, lo inzuppa e trasforma. Così lo spirito viene da Dio e penetra profondamente nell'intimo dell'uomo (cfr. Ez 39,39; Zc 12,10). Lo spirito è la potenza divina che crea (Gn 1,2; Gb 33,4), feconda il suolo (Sal 104,38) e rende l'uomo capace di compiere imprese straordinarie, soprattutto di penetrare nei misteri di Dio (Nm 11,25.29; 24,2; 1Sam 10,6.10; Is 42,1); «sopra ogni uomo»: lett. «sopra ogni carne», cioè sulle creature deboli e fragili; si tratta di tutti i membri del popolo eletto, senza distinzione di età, sesso e condizione sociale; «diventare profeti» significa essere trasportati dalla forza irresistibile del Signore per aderire completamente a lui e attendere la sua venuta (cfr. Ger 31,33s.; Ez 11,19s.); i «sogni» (cfr. Nm 12,6; Dt 13,2-6) e le «visioni» (cfr. Is 21,2; 29,11; Ez 7,13.26; 12,22s.; Mic 3,6) erano considerati dei modi autentici con i quali Dio si rivelava agli uomini.

v. 2. «gli schiavi e le schiave» sono i non ebrei conquistati in guerra, e anche coloro che sono stati comperati, oppure sono nati in casa da genitori schiavi. Erano considerati come Israeliti di secondo grado. Viene affermata l'universalità del dono dello spirito e l'assoluta purità di coloro che in qualunque modo appartengono al popolo ebraico. Il voto espresso da Mosè in Nm 11,29 trova qui un'appropriata risposta.

vv. 3-4. «sangue e fuoco e colonne di fumo»: non si sa a quali fatti straordinari si alluda. Più che di una teofania, si tratta di segni che indicano l'effusione dello spirito. Gli sconvolgimenti cosmici (v. 4) sono immagini apocalittiche (cfr. Am 8,9; Sof 1,14-17) con le quali vengono descritti i prodromi del giudizio finale, identificato con «il giorno del Signore» (cfr. Is 13,10; 24,23; 63,19-64,1; Ez 32,7s.).

v. 5. La possibilità di sfuggire al terribile «giorno del Signore» è l'invocazione del suo nome, cioè il culto del vero Dio, caratteristico del popolo d'Israele (cfr. Gn 4,26; 12,8; 13,4; 21,33; ecc.). La salvezza è destinata agli Israeliti ritornati in patria dalla dispersione. L'orizzonte del profeta è limitato al popolo eletto; però il primo stico del versetto si presta a un'interpretazione universalistica, come si può vedere in Rm 10,13.

IL DONO DELLO SPIRITO L'effusione dello spirito era già stata predetta da Ezechiele (36,25ss.; 39,29; cfr. Is 44,3). La novità di Gioele sta nel fatto di attribuire allo spirito un ruolo carismatico generale, del quale godrà tutto il popolo senza distinzione, e questa effusione introdurrà la fase finale della storia della salvezza In At 2,17-21 Pietro interpreta il testo di Gioele applicandolo al prodigio della Pentecoste cristiana e attribuendogli una portata universale. I testi del NT che trattano dell'unione con Cristo e con Dio grazie alla presenza dello Spirito Santo trovano il loro fondamento nel testo di Gioele. La soppressione di ogni distinzione nella comunicazione dello spirito trova la più decisa affermazione in Gal 3,8. L'orizzonte di Gl 3,1-5 e Gal 3,8 è certamente escatologico, però esso si realizza parzialmente già nel corso della storia dopo la risurrezione di Cristo.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Gioele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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È vicino il «giorno del Signore» 1Suonate il corno in Sion e date l’allarme sul mio santo monte! Tremino tutti gli abitanti della regione perché viene il giorno del Signore, perché è vicino, 2giorno di tenebra e di oscurità, giorno di nube e di caligine. Come l’aurora, un popolo grande e forte si spande sui monti: come questo non ce n’è stato mai e non ce ne sarà dopo, per gli anni futuri, di età in età. 3Davanti a lui un fuoco divora e dietro a lui brucia una fiamma. Come il giardino dell’Eden è la terra davanti a lui e dietro a lui è un deserto desolato, niente si salva davanti a lui. 4Il suo aspetto è quello di cavalli, anzi come destrieri che corrono; 5come fragore di carri che balzano sulla cima dei monti, come crepitìo di fiamma avvampante che brucia la stoppia, come un popolo forte schierato a battaglia. 6Davanti a lui tremano i popoli, tutti i volti impallidiscono. 7Corrono come prodi, come guerrieri che scalano le mura; ognuno procede per la propria strada, e non perde la sua direzione. 8Nessuno intralcia l’altro, ognuno va per la propria via. Si gettano fra i dardi, ma non rompono le file. 9Piombano sulla città, si precipitano sulle mura, salgono sulle case, entrano dalle finestre come ladri. 10Davanti a lui la terra trema, il cielo si scuote, il sole, la luna si oscurano e le stelle cessano di brillare. 11Il Signore fa udire la sua voce dinanzi alla sua schiera: molto grande è il suo esercito, potente nell’eseguire i suoi ordini! Grande è il giorno del Signore, davvero terribile: chi potrà sostenerlo?

Appello alla conversione 12«Or dunque – oracolo del Signore –, ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. 13Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». 14Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio. 15Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. 16Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. 17Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti». Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?». 18Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo.

Rendimento di grazie 19Il Signore ha risposto al suo popolo: «Ecco, io vi mando il grano, il vino nuovo e l’olio e ne avrete a sazietà; non farò più di voi il ludibrio delle genti. 20Allontanerò da voi quello che viene dal settentrione e lo spingerò verso una terra arida e desolata: spingerò la sua avanguardia verso il mare orientale e la sua retroguardia verso il mare occidentale. Esalerà il suo lezzo, salirà il suo fetore, perché ha fatto cose grandi. 21Non temere, terra, ma rallégrati e gioisci, poiché cose grandi ha fatto il Signore. 22Non temete, animali selvatici, perché i pascoli della steppa hanno germogliato, perché gli alberi producono i frutti, la vite e il fico danno le loro ricchezze. 23Voi, figli di Sion, rallegratevi, gioite nel Signore, vostro Dio, perché vi dà la pioggia in giusta misura, per voi fa scendere l’acqua, la pioggia d’autunno e di primavera, come in passato. 24Le aie si riempiranno di grano e i tini traboccheranno di vino nuovo e di olio. 25Vi compenserò delle annate divorate dalla locusta e dal bruco, dal grillo e dalla cavalletta, da quel grande esercito che ho mandato contro di voi. 26Mangerete in abbondanza, a sazietà, e loderete il nome del Signore, vostro Dio, che in mezzo a voi ha fatto meraviglie: mai più vergogna per il mio popolo. 27Allora voi riconoscerete che io sono in mezzo a Israele, e che io sono il Signore, vostro Dio, e non ce ne sono altri: mai più vergogna per il mio popolo».

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Approfondimenti

È vicino il «giorno del Signore» 2,1-11 In un quadro grandioso è descritto «il giorno del Signore», che si avvicina come un esercito irresistibile (vv. 1.2), che causa immensi danni e spavento (vv. 3-5), conquista la città (vv. 6-9), mentre avvengono degli sconvolgimenti cosmici (vv. 10-11). È un poema impressionante, bene strutturato e simmetrico, vigoroso e conciso: un gioiello letterario dell'AT.

v. 1. Il suono della tromba, l'allarme e il terrore fanno parte della descrizione tradizionale delle teofanie (cfr. Es 19,16-19; Ab 3,7s.; Sal 18,8s.).

v. 2. Le immagini delle tenebre e dell'oscurità convengono all'approssimarsi delle nubi di cavallette che oscurano il cielo (cfr. Sof 1,15; Am 5,18.20; Ez 30,3; 34,12). In modo iperbolico viene descritta l'apparizione subitanea e onnipresente dell'esercito, che non ha rassomiglianze con le armate terrene.

v. 3. Conseguenza della teofania è la distruzione della vegetazione e la devastazione del paese (cfr. Sal 97,3; Mic 1,3s.; Sof 1,2ss.); «il giardino dell'Eden» è il simbolo di una regione che possiede una vegetazione lussureggiante (cfr. Gn 2,8; Ez 36,35; Is 51,3).

vv. 4-5. Descrizione enfatica, concreta e vivace della fulminea marcia e della vittoria dell'esercito nemico cui fa da sfondo l'invasione delle cavallette (cfr. Na 2,4-7). II linguaggio è approssimativo, come conviene allo stile apocalittico. Il cavallo simboleggia la forza guerriera e altera (cfr. Is 2,7; 30,15s.; 31,1; Sal 20,8; 33,17; 147,10).

v. 6. I «popoli» sono le popolazioni palestinesi e le altre nazioni. Esse impallidiscono di vergogna e di collera a causa dello sgomento e dell'agitazione (cfr. Is 13,8; Ne 2,11).

vv. 7-9. Viene ripresa la concitata descrizione dell'irresistibile attacco nemico che si svolge in buon ordine e compatto, in modo che ogni resistenza sia inutile.

v. 10. La teofania ha delle ripercussioni cosmiche, secondo lo stile apocalittico; tutto ricade nel caos, perché l'opera della creazione viene annullata (cfr. Am 8,8s.; Is 13,10.13; Mic 3,6; Ger 4,22.28; Ez 32,7s.). Le immagini indicano che le forze della natura prendono parte agli interventi di Dio nella storia.

v. 11. Interpretazione teologica del disastro: il comandante dell'esercito invasore è Dio onnipotente, il suo campo è immenso, e temibile è «il suo giorno». Il tuono è la voce del Signore che annuncia il giudizio (cfr. Es 9,23.28; Sal 29; 46,7; Gb 28,26).

Appello alla conversione 2,12-18 Questo secondo invito alla penitenza è introdotto da un oracolo del Signore (v. 12) e interpretato dal profeta con parole di fiducia (v. 13). Tutte le categorie di persone sono convocate all'adunanza penitenziale (vv. 15s.) che si conclude con la supplica dei sacerdoti (v. 17s.). Il brano contiene un profondo insegnamento circa lo spirito di penitenza. Si leggono nella pericope una decina di imperativi.

v. 12. «ritornare al Signore» (espressione ripetuta anche nel v. 13) indica una conversione cosciente e totale; «con tutto il cuore» è un'espressione deuteronomistica (cfr. Dt 30,10; Gs 22,3; 23,14). La sequenza della frase «digiuni, pianti e lamenti» è una formula originale.

v. 13. Con vigore viene denunciata l'insufficienza dei riti esteriori, se non sono accompagnati dalla trasformazione del cuore, cioè dell'intimo dell'uomo. I cinque attributi di Dio rappresentano una sintesi della fede d'Israele circa il Dio dell'alleanza (cfr. Es 34,6; Sal 86,15; 103,8; 145,8).

v. 14. In modo antropomorfico si parla del «cambiamento» di Dio per indicare la rivelazione della sua misericordia dopo il castigo esemplare. Viene così espressa la fiducia nel perdono divino (cfr. Es 32,14; 2Sam 12,22; Gio 3,9). La «benedizione» divina si manifesta nella prosperità agricola, che renderà possibile la ripresa del culto (cfr. Dt 7,13ss.; 16,10.15; 28,1-13; Ag 2,15-19).

v. 15. Con brevi sentenze all'imperativo si indice una convocazione del popolo che comprende tre momenti: l'annuncio della cerimonia, la solenne pubblicazione e la riunione. La tromba era usata per indire le manifestazioni religiose (cfr. Lv 25,9; Nm 10,10).

v. 16. Ai giovani sposi la legge riservava un trattamento di favore; il marito durante il primo anno delle nozze era esonerato dal servizio militare (cfr. Dt 20,7; 24,5). Però essi non sono dispensati dalla penitenza.

v. 17. Il luogo della supplica è lo spazio che si estende tra il portico del tempio e l'altare degli olocausti (cfr. 1Re 8,64; 2Cr 8,12). La preghiera dei sacerdoti è una supplica nazionale di tenore liturgico tradizionale, comprendente due domande cui si aggiunge un motivo; l'«eredità» è un termine che indica sia il popolo d'Israele sia la terra di Palestina (cfr. Dt 9,26-29; Ger 12,8.14-17). Si suppone che i mali che colpiscono il popolo riescono di ludibrio al Signore e la disfatta di Israele è un disonore rispetto agli altri popoli (cfr. Sal 42,11; 44,14-17; 69,12).

v. 18. Il profeta aggiunge la sua invocazione alla preghiera dei sacerdoti; «geloso per la sua terra» indica probabilmente che Dio è sollecito della prosperità del suo popolo (cfr. Zc 1,14; 8,2).

Rendimento di grazie 2,19-27 Dopo la promessa divina di rendere al popolo la prosperità agricola (v. 19) e di annientare il nemico (v. 20), il profeta innalza un cantico di lode a Dio invitando alla gioia tutto il paese (vv. 21-24). Il Signore riprende la parola per annunciare la restituzione di ciò che le cavallette hanno distrutto (v. 25) e descrivere i salutari effetti della sua presenza in mezzo al popolo (vv. 26s.).

v. 19. L'abbondanza dei frutti della terra dimostrerà alle genti che Israele era una nazione potente.

v. 20. «quello che viene dal settentrione» può indicare le cavallette descritte con tinte guerriere, ovvero l'esercito apocalittico del Signore che, come tutti gli invasori della capitale, proviene dal nord (cfr. Ger 1,14; 4,6; 6,1); «il mare d'oriente» è il Mar Morto, mentre quello occidentale è il Mediterraneo (cfr. Zc 14,8); «il fetore»: si suppone che in seguito allo sterminio dell'esercito invasore, i cadaveri rimangano insepolti (cfr. Am 4,10; Is 34,3).

vv. 21-24. In antitesi ai vv. 1,7-12, il profeta invita alla gioia a causa del ritorno della prosperità agricola, dovuta alla pioggia. L'abbondanza dei prodotti della terra rivela la grandezza di Dio; «in giusta misura» (v. 23), letteralmente «per la giustizia», che potrebbe essere intesa nel senso della fedeltà, che il Signore dimostra verso il suo popolo, in virtù dell'alleanza.

v. 25. Il Signore promette in prima persona il mutamento della situazione descritta nel v. 1,4. Tutto ciò che fu distrutto dalle cavallette (da notare i quattro termini con cui vengono indicati questi esseri insaziabili), sarà restituito.

v. 27. Solenne professione di fede nell'unico Dio con espressioni che derivano da Ezechiele (cfr. Ez 6,7.13.14; 7,4.27; 11,10) e dal Deuteroisaia (Is 45, 5s.21-25).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Gioele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Titolo 1Parola del Signore, rivolta a Gioele, figlio di Petuèl.

PUBBLICA LAMENTAZIONE E RISPOSTA DEL SIGNORE

Il disastro delle cavallette 2Udite questo, anziani, porgete l’orecchio, voi tutti abitanti della regione. Accadde mai cosa simile ai giorni vostri o ai giorni dei vostri padri? 3Raccontatelo ai vostri figli, e i vostri figli ai loro figli, e i loro figli alla generazione seguente. 4Quello che ha lasciato la cavalletta l’ha divorato la locusta; quello che ha lasciato la locusta l’ha divorato il bruco; quello che ha lasciato il bruco l’ha divorato il grillo. 5Svegliatevi, ubriachi, e piangete, voi tutti che bevete vino, urlate per il vino nuovo che vi è tolto di bocca. 6Poiché è venuta contro il mio paese una nazione potente e innumerevole, che ha denti di leone, mascelle di leonessa. 7Ha fatto delle mie viti una desolazione e tronconi delle piante di fico; ha tutto scortecciato e abbandonato, i loro rami appaiono bianchi. 8Laméntati come una vergine che si è cinta di sacco per il lutto e piange per lo sposo della sua giovinezza. 9Sono scomparse offerta e libagione dalla casa del Signore; fanno lutto i sacerdoti, ministri del Signore. 10Devastata è la campagna, è in lutto la terra, perché il grano è devastato, è venuto a mancare il vino nuovo, è esaurito l’olio. 11Restate confusi, contadini, alzate lamenti, vignaioli, per il grano e per l’orzo, perché il raccolto dei campi è perduto. 12La vite è diventata secca, il fico inaridito, il melograno, la palma, il melo, tutti gli alberi dei campi sono secchi, è venuta a mancare la gioia tra i figli dell’uomo.

Invito al digiuno e alla preghiera 13Cingete il cilicio e piangete, o sacerdoti, urlate, ministri dell’altare, venite, vegliate vestiti di sacco, ministri del mio Dio, perché priva d’offerta e libagione è la casa del vostro Dio. 14Proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra, radunate gli anziani e tutti gli abitanti della regione nella casa del Signore, vostro Dio, e gridate al Signore: 15«Ahimè, quel giorno! È infatti vicino il giorno del Signore e viene come una devastazione dall’Onnipotente. 16Non è forse scomparso il cibo davanti ai nostri occhi e la letizia e la gioia dalla casa del nostro Dio?». 17Sono marciti i semi sotto le loro zolle, i granai sono vuoti, distrutti i magazzini, perché è venuto a mancare il grano. 18Come geme il bestiame! Vanno errando le mandrie dei buoi, perché non hanno più pascoli; anche le greggi di pecore vanno in rovina. 19A te, Signore, io grido, perché il fuoco ha divorato i pascoli della steppa e la fiamma ha bruciato tutti gli alberi della campagna. 20Anche gli animali selvatici sospirano a te, perché sono secchi i corsi d’acqua e il fuoco ha divorato i pascoli della steppa.

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Approfondimenti

Titolo 1,1 Comprende le tradizionali indicazioni relative al contenuto e all'autore del libretto (cfr. Os 1,1; Mic 1,1; Sof 1,1). Il nome del padre non ricorre altrove nella Bibbia.

PUBBLICA LAMENTAZIONE E RISPOSTA DEL SIGNORE 1,2-2,7 Con varie immagini viene descritta la piaga delle cavallette che porta con sé siccità e fame (1,2-11) e viene rivolto un pressante invito alla comunità giudaica, perché faccia digiuno e supplichi il Signore (1,12-20). Un'altra descrizione della calamità (2,1-11) è seguita dall'appello alla conversione (2,12-18) e da un oracolo divino di perdono e di promessa (2,19-27). Lo stile dei due cc. è concreto e conciso, abbondano gli imperativi e le antitesi, si alternano le descrizioni e le esortazioni; il campo semantico è quello dell'agricoltura e del culto. La composizione, equilibrata e armoniosa, rivela il talento poetico dell'autore.

Il disastro delle cavallette 1,2-12 Un appello agli anziani e alla tradizione (vv. 2-3) introduce la descrizione del flagello delle locuste (v. 4) e l'invito al lamento pubblico rivolto agli ubriachi (v. 5), a tutta la comunità (v. 8) e ai contadini (v. 11). Vengono ampiamente descritti i danni prodotti dal flagello (vv. 6-7.9-10.11b-12).

v. 2. Come preludio alla lamentazione si attira l'attenzione degli anziani, cioè dei responsabili delle città e del villaggi (cfr. Dt 19,12; Gs 9,11; Gdc 8,14; 1Sam 11,4), sulle nefaste conseguenze del flagello, usando delle frasi iperboliche.

v. 3. Il profeta chiede che si formi riguardo alla disgrazia una tradizione, che sia oggetto di insegnamento per le generazioni future, come avvenne per i fatti della storia della salvezza (cfr. Dt 4,9; 11,19) e per il sapere sapienziale (cfr. Prv 4,1-4).

v. 4. «la locusta, il bruco, il grillo» possono indicare diverse specie di cavallette, oppure i diversi stadi del loro sviluppo zoologico. Non è escluso che i termini siano dei sinonimi che indicano la stessa specie di insetti.

v. 5. Vengono passate in rassegna le vittime del disastro: gli ubriachi (v. 5), i sacerdoti (v. 8-9), gli agricoltori (vv. 11-12). Gli ubriachi rappresentano un popolo che vive nell'indifferenza dimenticando il Signore (cfr. Am 4,1; Is 5,11s.; 28,1.7s.; Mic 2,11).

v. 6. Il flagello è riletto in modo poetico mediante l'immagine di un esercito particolarmente brutale. Il leone è il simbolo della forza feroce e invincibile (cfr. Gn 49,9; Nm 23,24; Gb 4,10s.; Sal 22,14-22; Ger 4,7; 5,6).

v. 7. Viene descritta la distruzione totale dell'agricoltura. La vigna e il fico sono spesso usati come simbolo di prosperità (cfr. Mic 4,4; Zc 3,10; 1Re 5,5).

v. 8. Il paese sprofondato nel dolore è poeticamente paragonato a una giovane fidanzata, che piange lo sposo prematuramente scomparso (cfr. Ger 3,4; 6,26; 14,17; Prv 2,17); il «sacco» è l'indumento rozzo di peli di capra o cammello, che si indossava in tempo di lutto e di penitenza (cfr. Am 8,10; Ger 4,8; 49,3; Ez 22,15; 2Sam 3,31; 1Re 21,31).

v. 9. È soppresso il culto sacrificale del tempio, consistente nell'offerta della farina, dell'olio e del vino (cfr. Es 29,38-42; Nm 28, 3-8).

v. 10. Il versetto riassume la dolorosa situazione del paese. Il frumento, il vino e l'olio sono i prodotti tipici del mondo mediterraneo (cfr. Dt 7,15; 11,14; 28,51; Gdc 9,9-13; Sal 104,14s.).

v. 11. I vignaioli sono in generale coloro che coltivano gli alberi da frutto.

v. 12. Il flagello della siccità, che accompagna spesso l'invasione delle cavallette (cfr. Am 4,7ss.; 7,1-4), era una delle piaghe endemiche della Palestina. Veniva considerata come una punizione con la quale Dio colpiva il popolo infedele all'alleanza (cfr. Lv 26,9; Dt 28,22ss.; Ger 3,3; 5,24; Ag 1,11).

Invito al digiuno e alla preghiera 1,13-20 Il profeta rivolge un pressante invito ai sacerdoti, perché facciano penitenza e proclamino un «digiuпо» (vv. 13s.), mentre si profila il tema del «giorno del Signore» (v. 15). Segue una lamentazione pubblica redatta in prima persona plurale (vv. 15-18) e una supplica in prima persona singolare – il profeta parla a nome della comunità – che rappresenta un vero capolavoro letterario e teologico (vv. 19s.).

v. 13. Il profeta invita i sacerdoti a manifestare esternamente la penitenza mediante l'indossamento del sacco, la veglia, il lamento e il digiuno. Nei vv. 13s. ricorrono nove verbi all'imperativo, rivolti ai sacerdoti. Questo pressante invito sarà rinnovato e arricchito con nuovi dettagli in 2,12-17.

v. 14. «Proclamate»: lett. «santificate»; il digiuno nazionale comportava la visita del tempio, le preghiere e l'astinenza sessuale.

v. 15. Viene introdotto il tema del «giorno del Signore» che si avvicina come una potenza furiosa che tutto sconvolge e livella. Questo inaudito e sorprendente intervento divino, prefigurato dalle cavallette, rivela la potenza di Dio e incute timore (cfr. 2,1s.11; Am 5,18s.; Is 2,6-22; Sof 1,14-18), anche se nel contesto di Gl 3s. e Abd 15 esso conduce al trionfo finale di Israele. Esiste un gioco di parole tra «sterminio» e Šadday (cfr. Gn 17,21; 28,3; 35,11). Šadday è un titolo divino caro alla tradizione sacerdotale (cfr. Es 6,3) e profetica (Is 13, 6; Ez 1,24; 10,5; Sal 68,15) e anche al libro di Giobbe, nel quale viene usato 31 volte. Il senso proprio del termine è: «Dio della montagna», ma in seguito esso fu compreso come esprimente l'onnipotenza divina, giusta e misericordiosa. Le diverse esclamazioni, le parole rare utilizzate e le assonanze provano una certa indipendenza dal contesto.

vv. 16-18. Viene ripresa la lamentazione che descrive la desolazione del paese, conseguenza dell'invasione delle cavallette (cfr. Ger 14,2-6). La siccità influisce non solamente sui prodotti della natura, ma anche sulla vita degli animali, che condividono, secondo la concezione biblica, la sventura degli uomini e della natura (cfr. Dt 20,14; Ger 14,3ss.; Sal 135,8; Gio 3-4).

vv. 19-20. La preghiera del profeta utilizza la forma liturgica tradizionale (cfr, Sal 28,1; 30,9; 86,3; Sal 3,5; 18,7; 55,17) e suppone come motivo i danni della siccità, rappresentata dalle immagini del fuoco e della fiamma (cfr. Am 1,4.7.10.14; 2,2.5; 7,4).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Gioele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Samaria sconterà la sua pena, perché si è ribellata al suo Dio. Periranno di spada, saranno sfracellati i bambini; le donne incinte sventrate.

Annuncio di salvezza 2Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. 3Preparate le parole da dire e tornate al Signore; ditegli: «Togli ogni iniquità, accetta ciò che è bene: non offerta di tori immolati, ma la lode delle nostre labbra. 4Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più “dio nostro” l’opera delle nostre mani, perché presso di te l’orfano trova misericordia». 5«Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro. 6Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, 7si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano. 8Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne, saranno famosi come il vino del Libano. 9Che ho ancora in comune con gli idoli, o Èfraim? Io l’esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia».

Epilogo sapienziale 10Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v’inciampano.

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Approfondimenti

14,1. La capitale del regno, Samaria, che personifica tutto il paese (8,5; 10,7), a causa della sua ribellione, dovrà subire i barbarici usi bellici dell'antichità: lo sventramento delle donne incinte (10,4; Am 1,3; 2Re 8,12) e lo sfracellamento dei bambini (Na 3,10; Sal 139,9). Si fa riferimento all'occupazione assira della capitale nel 722 a.C.

Annuncio di salvezza 14,2-9 Usando la formula della liturgia penitenziale il profeta invita il popolo alla conversione, mettendogli sulle labbra una preghiera di pentimento con il proposito di evitare le colpe (vv. 2-4). Il Signore risponde facendo delle grandiose promesse e intavolando un breve dialogo con Efraim (vv. 5-9). Le parole-chiave del brano sono il verbo šwb, usato cinque volte (vv. 2a.3a.Sa.b.8a) e il termine «frutto» (vv. 3b.9b) (= Efraim). Se non è del redattore, l'oracolo appartiene all'ultima predicazione di Osea, che volge lo sguardo oltre l'imminente catastrofe del 722 a.C.

v. 2. Il classico invito alla conversione al Dio dell'alleanza (cfr. Gl 2,13) è rivolto a tutto il popolo al singolare e al plurale (v. 3). Il motivo è che si riconosce che la situazione disperata in cui si trova Israele, è la conseguenza delle sue colpe (4,5; 5,5; 14,10), non della mancanza di amore da parte di Dio (cfr. Sal 31,11; 32,3ss.).

v. 3. Invece di accostarsi a Dio coi sacrifici (4,8; 5,6; 6,6; 8,13), il popolo «prepari le parole», cioè riconosca con animo sincero la propria colpa, faccia la confessione (Sal 32,5) e ringrazi per il perdono ottenuto (Sal 32,6-10). Il profeta compone la preghiera che Israele dovrebbe recitare; «accetta ciò che è bene»: altra versione congetturale è «che noi ritroviamo la felicità». Il testo degli stichi b e c è corrotto; «il frutto delle nostre labbra» è un semitismo, che significa il ringraziamento rivolto a Dio.

v. 4. La preghiera continua con una serie di propositi con i quali Israele dovrebbe dichiarare la sua piena sottomissione a JHWH. Si tratta di tre negazioni che equivalgono a un'abiura. Non si porrà più fiducia nelle potenze straniere, incapaci di salvare (cfr. 5,13; 7,11; 8,9; 12,2), né in generale nei mezzi militari (cavalli) (8,14; 10,13). Non si praticherà più il culto delle immagini e quello dei Baal (2,10; 4,7.17; 8,4ss.; 10,5s.; 11,2; 13,2); «orfano» designa il popolo che pone la sua fiducia unicamente in JHWH il quale si prende speciale cura di coloro che sono abbandonati (Es 22,21ss.; Dt 27,19; Sal 68,6).

v. 5. Dio risponde alla confessione del popolo annunciando la vittoria dell'amore sulla collera (8,5; 9,15; 13,11). La malattia di Israele, cioè l'apostasia (11,7; Ger 2,19; 3,22; 8,5) sarà guarita (termine oseano per salvezza: 5,13; 6,1; 7,1) mediante l'amore spontaneo, gratuito e illimitato. Per l'ultima volta viene usato il termine carattertstico dell'amore nella profezia oseana (3,1; 4,18; 8,9; 9,1.10.15; 10,11; 11,1.4; 12,5).

14,6-9. Con una serie di brillanti immagini prese dalla natura e che richiamano il contesto del Cantico dei Cantici sono descritti gli effetti dell'amore divino a favore di Israele.

vv.6-7. La rugiada, simbolo di Dio, è un beneficio che apporta una vita nuova (Is 26,19; Mic 5,6), è un dono celeste (Sal 110,3), è un indice di ricchezza (Gn 27,28; Dt 33,13). Amato e ricreato da Dio, Israele è paragonato a un giglio fiorito, cioè a una specie di iris che cresce nel deserto (Ct 2,1); «l'albero del Libano»: lett.: «come il Libano». Menzionato tre volte (vv. 6.7.8) coi suoi cedri, il suo profumo e il suo vino, il Libano diventa per la prima volta nella Bibbia, il simbolo della potenza, dello splendore e della bellezza (Ct 4,11). La Palestina diventerà un altro Libano rigoglioso, prospero e fecondo (cfr. Ez 31,2-7). L'olivo è in Oriente una pianta utile e pregiata (cfr. Dt 6,11; 28,40; Ger 11,16).

v. 8. L'ombra di JHWH è sinonimo di protezione é sicurezza (Sal 17,8; 36,7; Is 30,2s.). La coltivazione del grano e della vigna significano la restaurazione del favore divino (2,8s.22).

v. 9. L'idolatria è stata il maggior peccato della nazione (v. 3; 8,4; 13,2). L'interrogazione iniziale messa in bocca a JHWH esprime protesta e sollievo. Il passato idolatrico di Efraim è completamente dimenticato. JHWH formula una lapidaria sentenza di salvezza, affermando di esaudire sempre le richieste del popolo e di proteggerlo in ogni circostanza (Nm 6,26; Zc 12,4; Sal 32,8; 33,18). Con un'arditissima immagine, unica in tutta la Bibbia, JHWH si identifica con il «cipresso sempre verde», cioè con l'albero della vita per eccellenza (Is 41,19; 60,13), assumendosi il ruolo che l'Israele fedifrago attribuiva ai Baal, e cioè quello di procurare la fertilità e la fecondità dei frutti della terra (4,12s.). Dio solo è la fonte della vita.

Epilogo sapienziale 14,10 Aggiunta di un redattore, che fa il più antico commento al difficile libro di Osea. Per comprenderlo è necessaria la sapienza e l'intelligenza (cfr. Ger 9,11; Zc 8,2; Qo 8,1; Sal 107,43). «Le vie del Signore» sono i precetti della legge dell'alleanza (Dt 8,6; 10,12; 11,22; Gdc 2,22). Essendo retti, cioè contenendo essi la vera sapienza, rendono giusti coloro che li praticano, mentre condannano alla rovina gli iniqui. L'avvertimento è rivolto al singolo o al piccolo gruppo dei giusti. Si suppone che il libro di Osea, destinato originariamente al popolo del regno del Nord, poi diventato patrimonio del regno di Giuda, sia stato accolto in seguito dai circoli sapienziali come parola contenente la rivelazione delle vie di Dio.

La pericope (14,2-9) contiene un riassunto della fondamentale dottrina teologica di tutta la profezia oseana. Si tratta della vera conversione di Israele dall'apostasia. Essa implica un radicale cambiamento, che ha le sue radici nel più profondo del cuore, poiché comporta la rinuncia alla fiducia negli idoli e nel culto cananeo e il ripudio della sicurezza basata sulla potenza militare e sulle alleanze straniere. Questa conversione si manifesta non tanto nell'offerta dei sacrifici, quanto «nel frutto delle labbra», cioè nella confessione dei peccati, nella richiesta di perdono e nella lode di Dio (cfr. Es 24,7; Sal 50,13s.).

Anche in Dio si opera una «conversione» perché ritira la sua ira e fa trionfare l'amore, che perdona e rinnova. È il tema esposto nei cc. 1-3. Questo amore è fondato unicamente nella sua libera, generosa e sovrana volontà. Arditamente Dio viene paragonato all'albero della vita, concedente i doni che Israele prima chiedeva agli idoli e ai vitelli. Le splendide immagini usate nei vv. 6-9 raggiungono per il tono, l'intensità e la bellezza, i motivi espressi nel Cantico del Cantici. In questo modo viene richiamato implicitamente il tema del matrimonio di Dio con Israele e viene affermato inequivocabilmente che solamente JHWH è il principio della vita e Israele può trovare la felicità unicamente nel rispetto dell'alleanza che Dio si è degnato contrarre con il suo popolo.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Osea – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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L'ultimo conto di Efraim 1Quando Èfraim parlava, incuteva terrore, era un principe in Israele. Ma si è reso colpevole con Baal ed è decaduto. 2Tuttavia continuano a peccare e con il loro argento si sono fatti statue fuse, idoli di loro invenzione, tutti lavori di artigiani. Dicono: «Offrite loro sacrifici» e mandano baci ai vitelli. 3Perciò saranno come nube del mattino, come rugiada che all’alba svanisce, come pula lanciata lontano dall’aia, come fumo che esce dalla finestra. 4«Eppure io sono il Signore, tuo Dio, fin dal paese d’Egitto, non devi conoscere altro Dio fuori di me, non c’è salvatore fuori di me. 5Io ti ho protetto nel deserto, in quella terra ardente. 6Io li ho fatti pascolare, si sono saziati e il loro cuore si è inorgoglito, per questo mi hanno dimenticato. 7Perciò io sarò per loro come un leone, come un leopardo li spierò per la via, 8li assalirò come un’orsa privata dei figli, spezzerò la corazza del loro cuore, li divorerò come una leonessa; li sbraneranno le bestie selvatiche. 9Israele, tu sei rovinata e solo io ti posso aiutare! 10Dov’è ora il tuo re, che ti possa salvare? Dove sono i capi in tutte le tue città e i governanti di cui dicevi: “Dammi un re e dei capi”? 11Ti ho dato un re nella mia ira e con sdegno te lo riprendo. 12L’iniquità di Èfraim è chiusa in luogo sicuro, il suo peccato è ben custodito. 13I dolori di partoriente lo sorprenderanno, ma egli è figlio privo di senno, non si presenterà a suo tempo pronto a uscire dal seno materno. 14Li strapperò di mano agli inferi, li riscatterò dalla morte? Dov’è, o morte, la tua peste? Dov’è, o inferi, il vostro sterminio? La compassione è nascosta ai miei occhi». 15Èfraim prosperi pure in mezzo ai fratelli: verrà il vento d’oriente, si alzerà dal deserto il vento del Signore e farà inaridire le sue sorgenti, farà prosciugare le sue fonti, distruggerà il tesoro e ogni oggetto prezioso.

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Approfondimenti

L'ultimo conto di Efraim 13,1-14,1 Questa collezione di quattro oracoli composti di accusa, giudizio e castigo, continua il processo iniziato nel c. 12. Viene condannata l'idolatria (vv. 1-3), l'ingratitudine di Israele sottolineata direttamente da Dio (vv. 4-8), l'insuccesso della monarchia (vv. 9-11) e l'iniquità di Israele, che sarà immancabilmente punita (vv. 12-14,1). Il c. contiene audaci immagini e vivaci descrizioni. Lo sfondo storico degli oracoli sembra essere l'epoca della cattura del re Osea (725 a.C.), che si concluse con l'occupazione di Samaria (722 a.C.).

13,1-3. Nonostante gli antichi successi storici Efraim persiste nel praticare l'idolatria, per cui sarà completamente annientato.

v. 1. «Efraim», distinto da Israele, indica qui la tribù, che nel passato ebbe grande importanza politica, come lo dimostra il fatto che Giosuè, conquistatore della terra promessa, apparteneva alla tribù di Efraim (Nm 13,16; Gs 1,1).

v. 2. Nonostante i rovesci politici Israele continua a praticare il culto idolatrico confezionando statue di metallo per l'uso pubblico e privato (cfr. 8,4s.), offrendo sacrifici agli idoli (1Re 12,28) «e mandando baci» in segno di omaggio ai due vitelli di Betel e Dan, istituiti dal re Geroboamo (1Re 12,27.32; 19,18; Gb 31,27).

v. 3. Mediante quattro immagini prese dalla natura e dalla vita degli uomini si annuncia la imminente sparizione degli idoli e dei loro adoratori (cfr. 6,4; Is 17,13; 41,15; Sal 1,4). È da notare che nelle case antiche non c'erano camini, perciò il fumo doveva uscire dalla finestra.

13,4-8. In forma innica Dio si autopresenta enumerando i benefici concessi a Israele nel passato e riaffermando le sue esigenze (vv. 4-5). Ma il popolo si è mostrato ingrato, per cui verrà annientato (vv. 6-8).

v. 4. Riferendosi al primo precetto del decalogo Dio si proclama come l'unico vero salvatore di Israele, liberato dalla schiavitù egiziana (Es 20,2; Dt 5,6; Os 12,10; Is 43,11). Il popolo doveva «conoscere» solamente JHWH, cioè adorarlo e seguire i suoi precetti (4,1; 6,3; 8,2).

v. 5. La protezione nel deserto simboleggia tutti i benefici goduti nel corso della storia passata (cfr. Sal 78,15-27; 105,40; Sap 16,20).

v. 6. «il pascolo» designa la terra promessa in cui scorre latte e miele. Ma il godimento dei beni della terra pervertì il popolo, che si inorgoglì (Nm 11,33s.; Sal 78,29ss.) e dimenticò JHWH (2,13; Dt 8,11-20; 6,10-19; 11,15s.). L'orgoglio consiste nel considerare l'elezione divina come un diritto inalienabile e nel seguire una politica basata sulle alleanze e sui mezzi umani (8,14). La dimenticanza di JHWH, dovuta all'ingratitudine, favorisce ribellioni e brontolii (Dt 32,13-18) e il ricorso agli idoli, cui si attribuiscono i beni naturali della vita.

vv. 7-8. «io sarò»: lezione della versione greca. Il testo ebraico ha il passato: «io fui». Con le audaci immagini zoomorfiche e antropomorfiche (leone, leopardo, orsa, bestie feroci: 5,14; Is 11,6; 31,4; Am 3,12; 1Sam 17,34) viene sottolineato in modo passionale il cambiamento avvenuto in Dio, il quale da buon pastore si trasforma in bestia feroce, bramosa di sbranare la preda, cioè di distruggerla. L'orsa, privata dei suoi piccoli, è il tipo del furore più pericoloso (Prv 17,12; 28,15; 2Sam 17,8; Dn 7,5). Le «bestie selvatiche» che divorano Israele (7,9; 8,7; Is 9,11) sono gli stranieri che invaderanno il paese. Probabilmente c'è un'allusione all'occupazione assira del paese (733 a.C.).

13,9-11. Il proposito di annientare Israele (v. 9a) ed eliminare la monarchia (v. 11) fa da cornice a tre interrogazioni retoriche che confermano l'ineluttabilità del castigo, giacché né i re né i capi possono portare aiuto (vv. 9b-10).

v. 9. «ti distruggerò»: nel senso che se Dio ha preso questa decisione, essa si compirà certamente (cfr. 2,8s.; 5,14). La domanda retorica del secondo stico suppone che nessuna forza umana può venire in aiuto (13,4).

vv. 10-11. La monarchia dalla quale si attendeva la salvezza (10,3; Gdc 8,22; 1Sam 8,20; Lam 4,20) ha portato il paese, grazie alle sue vicissitudini, sull'orlo dell'abisso (7,3-7; 8,4; 9,15; 10,4.10). La prima interpretazione allude forse ironicamente all'ultimo re d'Israele, che portava il nome di Osea = «JHWH salva» (cfr. 2Re 17,1-4). La seconda interrogazione contiene un velato rimprovero all'istituzione della monarchia avvenuta contro la volontà del Signore (v. 11; 8,4; 1Sam 8,7; 1Re 11,33). La fine del regime monarchico è dovuta all'intervento del Signore.

13,12- 14,1. Fosco vaticinio di distruzione e di morte, perché Efraim non può liberarsi dalle colpe (v. 12), né approfittare della prova per rinascere (v. 13); JHWH si rifiuta di intervenire contro le forze del male (v. 14). L'Assiria, come il vento orientale, distruggerà il regno (v. 15) e la sua capitale, Samaria (v. 14,1).

v. 12. Le colpe di Efraim cioè del regno del Nord, sono custodite e tenute in riserva come in un sacchetto di cuoio, per il tempo del giudizio (Dt 32,34; Gb 14,17; Dn 9,24).

v. 13. Per la prima volta nella Bibbia «i dolori del parto», segno di estrema debolezza e impotenza sono presi a simbolo delle sventure che colpiscono il popolo (2Re 19,3; Is 26,17; 66,6s.; Ger 6,24; 22,23). Efraim è la madre che dà alla luce il figlio, il quale non sa nascere. Probabilmente si tratta di un'espressione proverbiale che indica una situazione disperata. Il figlio manca di intelligenza, cioè della conoscenza di JHWH (2,10); questa mancanza è la causa di tutte le calamità di Israele.

v. 14. Versetto di minaccia contenente tre interrogazioni retoriche e un'affermazione pronunciate da Dio stesso. La morte, lo šė'ôl e la compassione sono considerate come persone. Lo šė'ôl è presentato come una forza malvagia che strappa dal mondo dei vivi coloro che sono destinati alla perdizione. Le forze della distruzione sono pronte per scatenarsi contro Israele e JHWH le stimola ad agire in modo irreparabile, poiché l'epoca della misericordia è terminata. La seconda parte del versetto è citata secondo la versione dei LXX da Paolo in 1Cor 15,55 in senso positivo e perciò fuori contesto, come una promessa di vittoria sulla morte.

v. 15. Con un gioco di parole basato sul collegamento tra il vocabolo «Efraim» e la radice ebraica pr' che significa «far frutto», si ammette che la tribù di Efraim era più prospera delle altre (13,1) e lo è ancora (il re Osea ebbe il coraggio di staccarsi dall'Assiria). Però «il vento d'oriente» (cfr. Gn 41,6; Sal 11,6) che tutto dissecca e che è identificato con «il soffio del Signore» (cfr. Gn 1,2), inaridisce le acque del paese e quindi viene a cessare il benessere del regno. Fuori metafora si annuncia che l'armata assira, che giunge dalle steppe del deserto siriano, deprederà ogni ricchezza, deporterà gli abitanti e renderà il paese un cumulo di rovina.

Il c. 13 contiene le più severe minacce di giudizio che si leggono nella profezia oseana. Gli oracoli sono dominati dal tema della distruzione totale e della morte (v. 1b.3.17s.14). La responsabilità è tutta di Efraim. Benché abbia fatto l'esperienza, grazie al favore divino, della liberazione dalla schiavitù e del possesso della terra promessa, tuttavia Israele ha seguito gli dei naturistici praticando il culto dei Baal, ha posto la fiducia nella potenza militare e nella politica delle alleanze (v. 10). Questo atteggiamento ingrato e presuntuoso colpisce così profondamente l'intimo di JHWH, che la sua reazione di disgusto e di riprensione viene paragonata a quella delle fiere selvagge, avide di preda (v. 8; 5,14). Così il Signore decide di ratificare la via della morte scelta con tanta temerarietà da Efraim.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Osea – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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