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DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Decreto sull’apostolato dei laici APOSTOLICAM ACTUOSITATEM (18 novembre 1965)

CAPITOLO VI – LA FORMAZIONE ALL'APOSTOLATO

Adattare la formazione ai diversi tipi di apostolato 31 Le varie forme di apostolato richiedono pure una formazione particolare adeguata.

a) Quanto all'apostolato per l'evangelizzazione e la santificazione degli uomini, i laici debbono essere particolarmente formati a stabilire il dialogo con gli altri, credenti o non credenti, per annunziare a tutti il messaggio di Cristo (49). E poiché nel tempo nostro il materialismo di vario tipo sta diffondendosi largamente dovunque, anche in mezzo ai cattolici, i laici non soltanto imparino con maggior diligenza la dottrina cattolica, specialmente in quei punti nei quali la dottrina stessa viene messa in questione, ma contro ogni forma di materialismo offrano anche la testimonianza di una vita evangelica.

b) Quanto alla trasformazione cristiana dell'ordine temporale, i laici siano istruiti sul vero significato e valore dei beni temporali in se stessi e rispetto a tutte le finalità della persona umana; si esercitino nel retto uso delle cose e dell'organizzazione delle istituzioni, avendo sempre di mira il bene comune secondo i principi della dottrina morale e sociale della Chiesa. Assimilino soprattutto i principi della dottrina sociale e le sue applicazioni, affinché si rendano capaci sia di collaborare, per quanto loro spetta, al progresso della dottrina stessa, sia di applicarla correttamente ai singoli casi (50).

c) Poiché le opere di carità e di misericordia offrono una splendida testimonianza di vita cristiana, la formazione apostolica deve portare pure all'esercizio di esse, affinché i fedeli, fin dalla fanciullezza, imparino a immedesimarsi nelle sofferenze dei fratelli e a soccorrerli generosamente quando versano in necessità (51).

I sussidi 32 I laici consacrati all'apostolato hanno già a disposizione molti sussidi, cioè convegni, congressi, ritiri, esercizi spirituali, incontri frequenti, conferenze, libri, riviste per una più profonda conoscenza della sacra Scrittura e della dottrina cattolica per nutrire la propria vita spirituale, per conoscere le condizioni del mondo e per scoprire e impiegare i metodi apostolici adatti (52).

I suddetti sussidi di formazione sono in funzione delle svariate forme di apostolato negli ambienti in cui essere vengono esercitate. A questo fine sono pure stati eretti centri o istituti superiori che hanno già recato ottimi frutti. Questo sacro Concilio si rallegra per simili iniziative già fiorenti in alcune parti è si augura che esse siano promosse pure in altri posti, dove risultassero necessarie.

Si erigano inoltre centri di documentazione e di studio, non solo in campo teologico, ma anche antropologico, psicologico, sociologico, metodologico, per meglio sviluppare le attitudini dei laici, uomini e donne, giovani e adulti, in tutti i campi di apostolato.

ESORTAZIONE FINALE 33 Il sacro Concilio scongiura perciò nel Signore tutti i laici a rispondere volentieri, con generosità e con slancio alla voce di Cristo, che in quest'ora li invita con maggiore insistenza, e all'impulso dello Spirito Santo. In modo speciale sentano questo appello come rivolto a se stessi i più giovani e l'accolgano con gioia e magnanimità.

È il Signore stesso infatti che ancora una volta per mezzo di questo santo Sinodo invita tutti i laici ad unirsi sempre più intimamente a lui e, sentendo come proprio tutto ciò che è di lui (cfr. Fil 2,5), si associno alla sua missione salvifica.

È ancora lui che li manda in ogni città e in ogni luogo dove egli sta per venire (cfr. Lc 10,1), affinché gli si offrano come cooperatori nelle varie forme e modi dell'unico apostolato della Chiesa, che deve continuamente adattarsi alle nuove necessità dei tempi, lavorando sempre generosamente nell'opera del Signore, sapendo bene che faticando nel Signore non faticano invano (cfr. 1Cor 15,58).

Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto sono piaciute ai Padri del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della potestà Apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto è stato così sinodalmente deciso, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.

Roma, presso San Pietro 18 novembre 1965.

_______________________ NOTE

(49) Cf. PIUS XII, Enc. Sertum laetitiae, 1 nov. 1939: AAS 31 (1939), pp. 635-644; cf. IDEM, Ai «laureati» Az. Cat. Ital. 24 maggio 1953.

(50) Cf. PIO XII, Disc. al Congresso Universale della Federazione Mondiale della Gioventù Femminile Cattolica, 18 apr. 1952: AAS 44 (1952), pp. 414-419. Cf. IDEM, Disc. all’Associazione Cristiana dei Lavoratori Italiani (A.C.L.I.), 1° maggio 1955: AAS 47 (1955), pp. 403-404.

(51) Cf. PIO XII, Ai Delegati del Congresso delle Associazioni di Carità, 27 apr. 1952: AAS 44 (1952), pp. 470-471.

(52) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), p. 454.

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DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Decreto sull’apostolato dei laici APOSTOLICAM ACTUOSITATEM (18 novembre 1965)

CAPITOLO VI – LA FORMAZIONE ALL'APOSTOLATO

Necessità della formazione all'apostolato 28 L'apostolato può raggiungere piena efficacia soltanto mediante una multiforme e integrale formazione. Questa è richiesta non soltanto dal continuo progresso spirituale e dottrinale del laico, ma anche dalle varie circostanze di cose, di persone, di compiti a cui la sua attività deve adattarsi. Questa formazione all'apostolato deve poggiare su quei fondamenti che da questo sacro Concilio altrove sono stati affermati e dichiarati (45). Oltre la formazione comune a tutti i cristiani, non poche forme di apostolato esigono una formazione specifica e particolare, a causa della varietà delle persone e delle circostanze.

Principi per la formazione dei laici all'apostolato 29 Poiché i laici hanno un modo proprio di partecipare alla missione della Chiesa, la loro formazione apostolica presenta un carattere speciale a motivo dell'indole secolare propria del laicato e della sua particolare spiritualità.

La formazione all'apostolato suppone che i laici siano integralmente formati dal punto di vista umano, secondo la personalità e le condizioni di vita di ciascuno. Il laico, infatti, oltre a conoscere bene il mondo contemporaneo, deve essere un membro ben inserito nel suo gruppo sociale e nella sua cultura.

In primo luogo il laico impari ad adempiere la missione di Cristo e della Chiesa vivendo anzitutto nella fede il divino mistero della creazione e della redenzione, mosso dallo Spirito Santo che vivifica il popolo di Dio e che spinge tutti gli uomini ad amare Dio Padre e in lui il mondo e gli uomini. Questa formazione deve essere considerata come fondamento e condizione di qualsiasi fruttuoso apostolato.

Oltre la formazione spirituale, è richiesta una solida preparazione dottrinale e cioè teologica, etica, filosofica, secondo la diversità dell'età, della condizione e delle attitudini. Né si trascuri l'importanza della cultura generale unitamente alla formazione pratica e tecnica. Per coltivare buone relazioni umane ne bisogna favorire i genuini valori umani, anzitutto l'arte del convivere e del cooperare fraternamente di instaurare il dialogo.

Ma poiché la formazione all'apostolato non può consistere nella sola istruzione teorica, il laico, fin dall'inizio della sua formazione, impari gradualmente e prudentemente a vedere tutto, a giudicare e a agire nella luce della fede, a formare e a perfezionare se stesso con gli altri mediante l'azione e ad entrare così attivamente nel servizio della Chiesa (46). Questa formazione, che dev'essere sempre ulteriormente perfezionata per la crescente maturazione della persona umana e per l'evolversi dei problemi, richiede una conoscenza sempre più approfondita e un'azione sempre più idonea. Nel soddisfare a tutte le esigenze della formazione si abbia sempre dinanzi l'unità e l'integrità della persona umana, al fine di preservare e accrescere la sua armonia e il suo equilibrio.

In questo modo il laico si inserisce a fondo e fattivamente nella stessa realtà dell'ordine temporale assume la sua parte in maniera efficace in tutte le attività; allo stesso tempo quale membro vivo e testimone della Chiesa, la rende presente ed operante in seno alle cose temporali (47).

Chi forma all'apostolato 30 La formazione all'apostolato ha inizio con la prima educazione dei fanciulli. In modo speciale vengano iniziati all'apostolato gli adolescenti e i giovani e li si permei di spirito apostolico. La formazione deve essere perfezionata lungo tutta la vita a misura che lo richiedono i nuovi compiti che si assumono. È chiaro dunque che coloro ai quali spetta l'educazione cristiana sono anche tenuti al dovere della formazione all'apostolato.

È compito dei genitori disporre nella famiglia i loro figli fin dalla fanciullezza a riconoscere l'amore di Dio verso tutti gli uomini. Insegnino loro gradualmente, specialmente con l'esempio, la sollecitudine verso le necessità sia materiali che spirituali del prossimo. Tutta la famiglia dunque, nella sua vita in comune, diventi quasi un tirocinio di apostolato.

È necessario inoltre educare i fanciulli in modo che, oltrepassando i confini della famiglia, aprano il loro animo alla vita delle comunità sia ecclesiali che temporali. Vengano accolti nella locale comunità parrocchiale in maniera tale che acquistino in essa la coscienza d'essere membri vivi e attivi del popolo di Dio.

I sacerdoti poi, nella catechesi e nel ministero della parola, nella direzione delle anime, come negli altri ministeri pastorali, abbiano dinanzi agli occhi la formazione all'apostolato. Anche le scuole, i collegi e gli altri istituti cattolici di educazione devono promuovere nei giovani il senso cattolico e l'azione apostolica (48). Qualora questa formazione manchi, o perché i giovani non frequentano tali scuole o per altra causa, la curino con tanto maggiore impegno i genitori, i pastori d'anime e le associazioni.

Gli insegnanti, poi, e gli educatori i quali con la loro vocazione e il loro ufficio esercitano una eccellente forma di apostolato dei laici, siano provveduti della necessaria dottrina e dell'arte pedagogica con cui potranno impartire efficacemente questa formazione.

Parimenti i gruppi e le associazioni di laici che abbiano per scopo l'apostolato in genere o altre finalità soprannaturali, secondo che il loro fine e la loro possibilità lo comportano, debbono diligentemente e assiduamente favorire la formazione all'apostolato. Essi sono spesso la via ordinaria di un'adeguata formazione all'apostolato. In essi infatti si dà simultaneamente una formazione dottrinale, spirituale e pratica. I loro membri, riuniti in piccoli gruppi con i compagni e con gli amici, valutano i metodi e i frutti della loro attività apostolica e confrontano con il Vangelo il loro modo di vivere quotidiano.

Tale formazione va organizzata in modo da tener conto di tutto l'apostolato dei laici, che deve essere esercitato non solo tra i gruppi stessi delle associazioni, ma in ogni circostanza per tutta la vita, specialmente professionale e sociale.

Anzi ognuno deve fattivamente prepararsi all'apostolato, cosa che urge maggiormente nell'età adulta. Infatti con il progredire dell'età, l'animo si apre meglio in modo che ciascuno può scoprire più accuratamente i talenti con cui Dio ha arricchito la sua anima, ed esercitare con maggiore efficacia quei carismi che gli sono stati concessi dallo Spirito Santo, a bene dei suoi fratelli. _______________________ NOTE

(45) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, cap. II, IV, V: AAS 57 (1965), pp. 12-23, 37-49 [pag. 133ss, 193ss]; cf. anche il Decr. sull’Ecumenismo Unitatis redintegratio, nn. 4, 6, 7, 12: AAS 57 (1965), pp. 94, 96, 97, 99, 100 [pag. 315ss, 321ss, 327ss]; cf. anche sopra, n. 4 [pag. 565ss].

(46) Cf. PIO XII, Disc. alla VI Conferenza internazionale dei “boyscouts”, 6 giugno 1952: AAS 44 (1952), pp. 579-580; GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), p. 456.

(47) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 33: AAS 57 (1965), p. 39 [pag. 197ss].

(48) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), p. 455.

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CAPITOLO V – L'ORDINE DA OSSERVARE NELL'APOSTOLATO

Introduzione 23 L'apostolato dei laici, sia esso esercitato dai singoli che dai cristiani consociati, dev'essere inserito, con il debito ordine, nell'apostolato di tutta la Chiesa; anzi l'unione con coloro che lo Spirito Santo ha posto a reggere la Chiesa di Dio (cfr. At 20,28) è un elemento essenziale dell'apostolato cristiano. Non meno necessaria è la collaborazione tra le varie iniziative di apostolato, che deve essere convenientemente predisposta dalla gerarchia.

Infatti, per promuovere lo spirito di unione, affinché in tutto l'apostolato della Chiesa splenda la carità fraterna, si raggiungano le comuni finalità e siano evitate dannose rivalità, si richiede una stima vicendevole fra tutte le forme di apostolato nella Chiesa e un conveniente coordinamento, nel rispetto della natura propria di ciascuna (35). Ciò è sommamente conveniente quando una determinata attività nella Chiesa richiede l'armonia e la cooperazione apostolica dell'uno e dell'altro clero, dei religiosi e dei laici.

Rapporti con la gerarchia 24 Spetta alla gerarchia promuovere l'apostolato dei laici, fornire i principi e gli aiuti spirituali, ordinare l'esercizio dell'apostolato medesimo al bene comune della Chiesa, vigilare affinché la dottrina e le disposizioni fondamentali siano rispettate.

L'apostolato dei laici ammette certamente vari tipi di rapporti con la gerarchia, secondo le svariate forme e diversi scopi dell'apostolato stesso.

Sono molte infatti le iniziative apostoliche che vengono prese dalla libera volontà dei laici e sono rette dal loro prudente criterio. Mediante queste iniziative, in certe circostanze la missione della Chiesa può essere meglio adempiuta; perciò esse vengono non di rado lodate o raccomandate dalla gerarchia (36). Ma nessuna iniziativa rivendichi a se stessa la denominazione di «cattolica», se non interviene il consenso della legittima autorità ecclesiastica.

Alcune forme di apostolato dei laici vengono espressamente riconosciute dalla gerarchia in maniere diverse. L'autorità ecclesiastica, per il bene comune della Chiesa, può inoltre scegliere e promuovere in modo particolare alcune associazioni e iniziative aventi finalità immediatamente spirituali, per le quali assume una speciale responsabilità. Così la gerarchia, ordinando in diverse maniere l'apostolato secondo le circostanze, unisce più strettamente alcune forme di esso alla sua missione apostolica, rispettando tuttavia la natura propria e la distinzione dell'una e dell'altra, senza per questo togliere ai laici la necessaria facoltà di agire di propria iniziativa. Questo atto della gerarchia prende in vari documenti ecclesiastici il nome di «mandato».

Infine la gerarchia affida ai laici alcuni compiti che sono più intimamente collegati con i doveri dei pastori, e ciò sia nell'esposizione della dottrina cristiana, sia in alcuni atti liturgici, sia nella cura delle anime. In forza di tale missione, i laici, nell'esercizio di questi compiti, sono pienamente soggetti alla direzione del superiore ecclesiastico.

Nei confronti delle opere e istituzioni di ordine temporale, il compito della gerarchia consiste nell'insegnare e interpretare autenticamente i principi dell'ordine morale che devono essere seguiti nelle cose temporali; inoltre è in suo potere giudicare, tutto ben considerato e servendosi dell'aiuto di esperti, della conformità di tali opere e istituzioni con i principi morali, e stabilire quali cose sono necessarie per custodire e promuovere i beni di ordine soprannaturale.

L'aiuto che il clero deve dare all'apostolato dei laici 25 Ricordino i vescovi, i parroci e gli altri sacerdoti dell'uno e dell'altro clero, che il diritto e il dovere di esercitare l'apostolato è comune a tutti i fedeli, sia chierici sia laici, e che anche i laici hanno compiti propri nell'edificazione della Chiesa (37). Perciò lavorino fraternamente con i laici nella Chiesa e per la Chiesa, ed abbiano una cura speciale dei laici nel loro lavoro apostolico (38).

Si scelgano con diligenza sacerdoti dotati delle qualità necessarie e convenientemente formati per aiutare i laici in speciali forme di apostolato (39). Coloro che si dedicano a questo ministero, una volta ricevuta la missione dalla gerarchia, la rappresentano nella loro azione pastorale: favoriscano le opportune relazioni dei laici con la gerarchia stessa, sempre aderendo fedelmente allo spirito e alla dottrina della Chiesa; consacrino se stessi ad alimentare la vita spirituale e il senso apostolico delle associazioni cattoliche ad essi affidate; le assistano con il loro sapiente consiglio nella loro operosità apostolica e ne favoriscano le iniziative; instaurando un continuo dialogo con i laici, studino attentamente quali siano gli accorgimenti per rendere più fruttuosa la loro azione apostolica; (40)promuovano lo spirito d'unione nell'interno dell'associazione medesima, come pure fra essa e le altre.

I religiosi, infine, sia i frati che le suore, abbiano stima delle opere apostoliche dei laici; secondo lo spirito e le regole dei loro istituti, si dedichino volentieri a promuovere le opere dei laici procurino di sostenere, aiutare, completare i compiti del sacerdote.

Alcuni strumenti per la mutua collaborazione 26 Nelle diocesi, per quanto è possibile, vi siano dei consigli che aiutino il lavoro apostolico della Chiesa, sia nel campo dell'evangelizzazione e della santificazione, sia in campo caritativo, sociale, ecc., nei quali devono convenientemente collaborare clero, religiosi e laici. Questi consigli potranno giovare alla mutua coordinazione delle varie associazioni e iniziative dei laici, nel rispetto dell'indole propria e dell'autonomia di ciascuna (41).

Consigli di tal genere vi siano pure, per quanto è possibile, nell'ambito parrocchiale, interparrocchiale, interdiocesano, nonché a livello nazionale e internazionale (42).

Sia costituito inoltre presso la santa Sede uno speciale segretariato per il servizio e l'impulso dell'apostolato dei laici, come centro che, con mezzi adatti fornisca notizie delle varie iniziative apostoliche dei laici, istituisca ricerche intorno ai problemi che sorgono in questo campo e assista con i suoi consigli la gerarchia e i laici nelle opere apostoliche. In questo segretariato abbiano la parte loro i movimenti e le iniziative dell'apostolato dei laici esistenti in tutto il mondo e, con i laici, vi lavorino anche dei chierici e dei religiosi.

La collaborazione con gli altri cristiani e con i non cristiani 27 Il comune patrimonio evangelico, nonché il conseguente comune dovere della testimonianza cristiana, raccomandano e spesso esigono la collaborazione dei cattolici con gli altri cristiani, da attuarsi dai singoli e dalle comunità ecclesiali, sia in singole attività, sia in associazioni, nel campo nazionale e in quello internazionale (43). Anche i comuni valori umani richiedono non di rado una simile cooperazione dei cristiani che perseguono finalità apostoliche con coloro che non professano il cristianesimo, ma riconoscono tali valori. Con questa cooperazione (44) dinamica e prudente che è di grande importanza nelle attività temporali, i laici danno testimonianza a Cristo, salvatore del mondo, e all'unità della famiglia umana.

_______________________ NOTE

(35) Cf. PIO XI, Encicl. Quamvis Nostra, 30 apr. 1936: AAS 28 (1936), pp. 160-161.

(36) Cf. S. C. DEL CONCILIO, Risoluzione Corrienten., 13 nov. 1920: AAS 13 (1921), pp. 137-140.

(37) Cf. PIO XII, Disc. al II Congresso Mondiale per l’Apostolato dei Laici, 5 ott. 1957: AAS 49 (1957), p. 927.

(38) Cf. CONC. VAT. II, Cost. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 37: AAS 57 (1965), pp. 42-43 [pag. 207ss].

(39) Cf. PIO XII, Esort. Apost. Menti Nostrae, 23 sett. 1950: AAS 42 (1950), p. 660.

(40) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sul rinnovamento della vita religiosa, n. 8: [pag. 419ss].

(41) Cf. BENEDETTO XIV, De Synodo Dioecesana, l. III, c. IX, n. VII-VIII: Opera omnia in tomos XVII distributa, tom. XI (Prati, 1844), pp. 76-77.

(42) Cf. PIO XI, Encicl. Quamvis Nostra, 30 apr. 1936: AAS 28 (1936), pp. 160-161.

(43) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), pp. 456-457. Cf. CONC. VAT. II, Decr. sull’Ecumenismo Unitatis redintegratio, n. 12: AAS 57 (1965), pp. 99-100 [pag. 327ss].

(44) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sull’Ecumenismo Unitatis redintegratio, n. 12: AAS 57 (1965), p. 100 [pag. 327ss]. Cf. anche la Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen Gentium, n. 15: AAS 57 (1965), pp. 19-2

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CAPITOLO IV – VARI MODI DI APOSTOLATO

Introduzione 15 I laici possono esercitare l'attività apostolica o individualmente o uniti in varie comunità e associazioni.

Importanza e molteplicità dell'apostolato individuale 16 L'apostolato che ciascuno deve esercitare personalmente, sgorgando in misura abbondante dalla fonte di una vita veramente cristiana (Gv 4,14), è la prima forma e la condizione di ogni altro apostolato dei laici, anche di quello associato ed è insostituibile.

A tale apostolato, sempre e dovunque proficuo, anzi in certe circostanze l'unico adatto e possibile, sono chiamati e obbligati tutti i laici, di qualsiasi condizione, ancorché non abbiano l'occasione o la possibilità di collaborare nelle associazioni.

Molte sono le forme di apostolato con cui i laici edificano la Chiesa e santificano il mondo animandolo in Cristo.

Una forma particolare di apostolato individuale e segno adattissimo anche ai nostri tempi a manifestare il Cristo vivente nei suoi fedeli, è la testimonianza di tutta la vita laicale, promanante dalla fede, dalla speranza e dalla carità. Con l'apostolato poi della parola, in alcuni casi del tutto necessario, i laici annunziano Cristo, spiegano e diffondono la sua dottrina secondo la propria condizione e capacità e fedelmente la professano.

Collaborando inoltre, come cittadini di questo mondo, in ciò che riguarda la costruzione e la gestione dell'ordine temporale, i laici devono perseguire nella vita familiare, professionale, culturale e sociale, alla luce della fede, ancor più alti motivi dell'agire e, presentandosi l'occasione, farli conoscere agli altri, consapevoli di rendersi così collaboratori di Dio creatore, redentore e santificatore e di glorificarlo.

Infine i laici animino la propria vita con la carità e l'esprimano con le opere, secondo le proprie possibilità.

Si ricordino tutti che, con il culto pubblico e la preghiera, con la penitenza e la spontanea accettazione delle fatiche e delle pene della vita, con cui si conformano a Cristo sofferente (cfr. 2 Cor 4,10; Col 1,24), essi possono raggiungere tutti gli uomini e contribuire alla salvezza di tutto il mondo.

L'apostolato individuale in particolari circostanze 17 Questo apostolato individuale è di grande necessità e urgenza in quelle regioni in cui la libertà della Chiesa è gravemente impedita. In tali difficilissime circostanze i laici, sostituendo come possono i sacerdoti, mettendo in pericolo la propria libertà e talvolta anche la vita, insegnano la dottrina cristiana a coloro cui vivono vicino, li formano alla vita religiosa e allo spirito cattolico, li inducono a ricevere con frequenza i sacramenti e a coltivare la pietà, soprattutto quella eucaristica (27). Il sacro Concilio, mentre di tutto cuore ringrazia Dio che anche nella nostra epoca, non manca di suscitare laici di eroica fortezza in mezzo alle persecuzioni, li abbraccia con paterno affetto e con riconoscenza.

L'apostolato individuale ha luogo particolarmente in quelle regioni dove i cattolici sono pochi e dispersi. Ivi i laici, che solo individualmente possono esercitare l'apostolato, sia per i motivi suddetti, sia per speciali ragioni derivanti anche dalla loro attività professionale, opportunamente a tempo e luogo si radunano insieme in piccoli gruppi per scambiarsi le idee senza alcuna rigida formula di istituzione od organizzazione, in maniera che questo apparisca sempre come segno della comunità della Chiesa di fronte agli altri e quale vera testimonianza di amore. In questo modo, con l'amicizia e lo scambio di esperienze, aiutandosi a vicenda spiritualmente, si fortificano per superare i disagi di una vita e di una attività troppo isolate e per produrre frutti sempre più abbondanti di apostolato.

Importanza dell'apostolato organizzato 18 I fedeli sono dunque chiamati ad esercitare l'apostolato individuale nelle diverse condizioni della loro vita; tuttavia ricordino che l'uomo, per natura sua, è sociale e che piacque a Dio di riunire i credenti in Cristo per farne il popolo di Dio (cfr. 1 Pt 2,5-10) e un unico corpo (cfr. 1 Cor 12,12). Quindi l'apostolato associato corrisponde felicemente alle esigenze umane e cristiane dei fedeli e al tempo stesso si mostra come segno della comunione e dell'unità della Chiesa in Cristo che disse: « Dove sono due o tre riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro » (Mt 18,20).

Perciò i fedeli esercitino il loro apostolato accordandosi su uno stesso fine (28). Siano apostoli tanto nelle proprie comunità familiari, quanto in quelle parrocchiali e diocesane, che già sono esse stesse espressione del carattere comunitario dell'apostolato, e in quelle libere istituzioni nelle quali si vorranno riunire.

L'apostolato associato è di grande importanza anche perché sia nelle comunità ecclesiali, sia nei vari ambienti, spesso richiede di essere esercitato con azione comune. Infatti le associazioni erette per un'attività apostolica in comune sono di sostegno ai propri membri e li formano all'apostolato, ordinano e guidano la loro azione apostolica, così che possono sperarsi frutti molto più abbondanti che non se i singoli operassero separatamente.

Nelle attuali circostanze, poi, è assolutamente necessario che nell'ambiente di lavoro dei laici sia rafforzata la forma di apostolato associata e organizzata, poiché solo la stretta unione delle forze è in grado di raggiungere pienamente tutte le finalità dell'apostolato odierno e di difenderne validamente i frutti (29). In questo campo è cosa particolarmente importante che l'apostolato incida anche sulla mentalità generale e sulle condizioni sociali di coloro ai quali si rivolge; altrimenti i laici saranno spesso impari a sostenere la pressione sia della pubblica opinione sia delle istituzioni.

Molteplicità di forme dell'apostolato associato 19 Grande è la varietà delle associazioni apostoliche alcune si propongono il fine apostolico generale della Chiesa (30); altre in particolare il fine dell'evangelizzazione e della santificazione; altre attendono ai fini dell'animazione cristiana dell'ordine delle realtà temporali; altre rendono in modo speciale testimonianza a Cristo con le opere di misericordia e di carità.

Tra queste associazioni vanno considerate in primo luogo quelle che favoriscono e rafforzano una più intima unità tra la vita pratica dei membri e la loro fede. Le associazioni non sono fine a se stesse, ma devono servire a compiere la missione della Chiesa nei riguardi del mondo: la loro incidenza apostolica dipende dalla conformità con le finalità della Chiesa, nonché dalla testimonianza cristiana e dallo spirito evangelico dei singoli membri e di tutta l'associazione.

Inoltre la missione universale della Chiesa, in considerazione del progresso delle istituzioni e sotto la spinta del rapido evolversi della società odierna, richiede che le iniziative apostoliche dei cattolici perfezionino sempre più le forme associate in campo internazionale. Le organizzazioni internazionali cattoliche raggiungono meglio il proprio fine, se le associazioni che ne fanno parte e i loro membri sono più intimamente uniti ad esse.

Salvo il dovuto legame con l'autorità ecclesiastica (31) i laici hanno il diritto di creare associazioni e guidarle (32), e di aderire a quelle già esistenti. Occorre tuttavia evitare la dispersione delle forze che si ha allorché si promuovono nuove associazioni e opere senza motivo sufficiente, o si mantengono in vita, più del necessario, associazioni o metodi invecchiati; né sarà sempre opportuno che forme istituite in una nazione vengano portate indiscriminatamente in altre (33).

L'Azione cattolica 20 Da diversi decenni i laici sono andati consacrandosi sempre più all'apostolato in molte nazioni e si sono raccolti in forme varie di attività e di associazioni che, in unione particolarmente stretta con la gerarchia, si sono occupate e si occupano di fini propriamente apostolici. Tra queste o anche altre simili del passato, sono soprattutto da ricordare quelle che, pur seguendo diversi metodi, hanno prodotto abbondantissimi frutti nel regno di Cristo e, meritatamente raccomandate e promosse dai romani Pontefici e da molti vescovi, hanno avuto da essi il nome di Azione cattolica e spessissimo sono state descritte come collaborazione dei laici all'apostolato gerarchico (34).

Queste forme di apostolato, si chiamino esse Azione cattolica o con altro nome, esercitano oggi un apostolato prezioso. Esse sono costituite dal concorso delle seguenti note caratteristiche prese tutte insieme:

a) Fine immediato di tali organizzazioni è il fine apostolico della Chiesa, cioè l'evangelizzazione e la santificazione degli uomini e la formazione cristiana della loro coscienza, in modo che riescano ad impregnare dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti.

b) I laici, collaborando con la gerarchia secondo il modo loro proprio, portano la loro esperienza e assumono la loro responsabilità nel dirigere tali organizzazioni, nel ponderare le circostanze in cui si deve esercitare l'azione pastorale della Chiesa e nella elaborazione ed esecuzione del loro programma di azione.

c) I laici agiscono uniti a guisa di corpo organico, affinché sia meglio espressa la comunità della Chiesa e l'apostolato riesca più efficace.

d) Questi laici, sia che si offrano spontaneamente, o siano invitati all'azione e alla cooperazione diretta con l'apostolato gerarchico, agiscono sotto la superiore direzione della gerarchia medesima, la quale può sancire tale cooperazione anche per mezzo di un « mandato » esplicito.

Le organizzazioni in cui, a giudizio della gerarchia, si trovano tutte insieme queste note, si devono ritenere Azione cattolica, anche se, per esigenze di luoghi e di popoli, prendono varie forme e nomi. Il sacro Concilio raccomanda vivamente queste istituzioni, che certamente in molti paesi rispondono alle necessità dell'apostolato della Chiesa; invita i sacerdoti e i laici che lavorano in esse a tradurre sempre più in atto le note sopra ricordate e a cooperare sempre fraternamente nella Chiesa con tutte le altre forme di apostolato.

Stima delle associazioni 21 Occorre stimare nel modo giusto tutte le associazioni di apostolato; quelle poi che la gerarchia secondo le necessità dei tempi e dei luoghi, ha lodato o raccomandato o ha deciso di istituire come più urgenti, vanno tenute in somma considerazione da sacerdoti, dai religiosi e dai laici e promosse secondo la natura propria di ciascuna di esse. Tra queste, soprattutto oggi, vanno certamente annoverate le associazioni e i gruppi internazionali dei cattolici.

I laici dediti al servizio della Chiesa a titolo speciale 22 Nella Chiesa sono degni di particolare onore e di raccomandazione quei laici, celibi o uniti in matrimonio, che si consacrano in perpetuo o temporaneamente al servizio delle istituzioni e delle loro opere con la propria competenza professionale. È per essa di grande gioia veder crescere sempre più il numero dei laici che offrono il proprio servizio alle associazioni e alle opere di apostolato, sia dentro i limiti della propria nazione, sia in campo internazionale, sia soprattutto nelle comunità cattoliche delle missioni e delle Chiese nascenti.

I pastori della Chiesa accolgano volentieri e con animo grato tali laici, procurino che la loro condizione soddisfi nella misura migliore possibile alle esigenze della giustizia, dell'equità e della carità, soprattutto in merito all'onesto sostentamento loro e della famiglia, e che essi godano della necessaria formazione, di conforto e di stimoli spirituali. _______________________ NOTE

(27) Cf. PIO XII, Disc. al I Congresso Mondiale per l’Apostolato dei Laici, 14 ott. 1951: AAS 43 (1951), p. 788.

(28) Cf. PIO XII, Disc. al I Congresso Mondiale per l’Apostolato dei Laici, 14 ott. 1951: AAS 43 (1951), pp. 787-788.

(29) Cf. PIO XII, Encicl. Le pèlerinage de Lourdes, 2 luglio 1957: AAS 49 (1957), p. 615.

(30) Cf. PIO XII, Disc. al Consiglio della Federazione Internazionale degli uomini cattolici, 8 dic. 1956: AAS 49 (1957), pp. 26-27.

(31) Cf. sotto, cap. V, n. 24 [pag. 605s].

(32) Cf. S. C. DEL CONCILIO, Risoluzione Corrienten. 13 nov. 1920: AAS 13 (1921), p. 139.

(33) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Princeps Pastorum, 10 dic. 1959: AAS 51 (1959), p. 856.

(34) Cf. PIO XI, Lett. Quae nobis al Card. Bertram, 13 nov. 1928: AAS 20 (1928), p. 385. Cf. anche PIO XII, Disc. all’A.C. Italiana, 4 sett. 1940: AAS 32 (1940), p. 362.

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DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Decreto sull’apostolato dei laici APOSTOLICAM ACTUOSITATEM (18 novembre 1965)

CAPITOLO III – VARI CAMPI DI APOSTOLATO

Introduzione 9 I laici esercitano il loro multiforme apostolato tanto nella Chiesa che nel mondo. Su questo duplice fronte si aprono svariati campi di attività apostolica di cui ricordiamo i principali. Essi sono: le comunità ecclesiali, la famiglia, i giovani, l'ambiente sociale, l'ordine nazionale e internazionale. Siccome poi ai nostri giorni le donne prendono parte sempre più attiva a tutta la vita sociale, è di grande importanza una loro più larga partecipazione anche nei vari campi dell'apostolato della Chiesa.

Le comunità ecclesiali 10 Come partecipi della missione di Cristo sacerdote, profeta e re, i laici hanno la loro parte attiva nella vita e nell'azione della Chiesa. All'interno delle comunità ecclesiali la loro azione è talmente necessaria che senza di essa lo stesso apostolato dei pastori non può per lo più ottenere il suo pieno effetto. Infatti i laici che hanno davvero spirito apostolico, ad esempio di quegli uomini e di quelle donne che aiutavano Paolo nella diffusione del Vangelo (cfr. At 18,18-26; Rm 16,3), suppliscono a quello che manca ai loro fratelli e confortano cosi sia i pastori, sia gli altri membri del popolo fedele (cfr. 1 Cor 16,17-18). Nutriti dall'attiva partecipazione alla vita liturgica della propria comunità, partecipano con sollecitudine alle sue opere apostoliche; conducono alla Chiesa gli uomini che forse ne vivono lontani; cooperano con dedizione generosa nel comunicare la parola di Dio, specialmente mediante l'insegnamento del catechismo; rendono più efficace la cura delle anime ed anche l'amministrazione dei beni della Chiesa, mettendo a disposizione la loro competenza.

La parrocchia offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le diversità umane che vi si trovano e inserendole nell'universalità della Chiesa (17). I laici si abituino ad agire nella parrocchia in stretta unione con i loro sacerdoti (18) apportino alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo, nonché le questioni concernenti la salvezza degli uomini, perché siano esaminati e risolti con il concorso di tutti; diano, secondo le proprie possibilità, il loro contributo a ogni iniziativa apostolica e missionaria della propria famiglia ecclesiale.

Coltivino costantemente il senso della diocesi, di cui la parrocchia è come la cellula, pronti sempre, all'invito del loro pastore, ad unire le proprie forze alle iniziative diocesane. Anzi, per venire incontro alle necessità delle città e delle zone rurali (19) non limitino la propria cooperazione entro i confini della parrocchia e della diocesi, ma procurino di allargarla all'ambito interparrocchiale, interdiocesano, nazionale o internazionale, tanto più che il crescente spostamento delle popolazioni, lo sviluppo delle mutue relazioni, la facilità delle comunicazioni, non consentono più ad alcuna parte della società di rimanere chiusa in se stessa. Anzitutto facciano proprie le opere missionarie, fornendo aiuti materiali o anche personali. È infatti un dovere e un onore per i cristiani restituire a Dio parte dei beni da lui ricevuti.

La famiglia 11 Poiché il Creatore di tutte le cose ha costituito il matrimonio quale principio e fondamento dell'umana società e, con la sua grazia, l'ha reso sacramento grande in riferimento a Cristo e alla Chiesa (cfr. Ef 5,32), l'apostolato dei coniugi e delle famiglie acquista una singolare importanza sia per la Chiesa sia per la società civile.

I coniugi cristiani sono cooperatori della grazia e testimoni della fede l'uno per l'altro, nei confronti dei figli e di tutti gli altri familiari. Sono essi i primi araldi della fede ed educatori dei loro figli; li formano alla vita cristiana e apostolica con la parola e con l'esempio, li aiutano con prudenza nella scelta della loro vocazione e favoriscono con ogni diligenza la sacra vocazione eventualmente in essi scoperta.

Sono sempre stati doveri dei coniugi, ed oggi sono la parte principale del loro apostolato:

a) manifestare e comprovare, con l'esempio della propria vita, l'indissolubilità e la santità del vincolo matrimoniale;

b) affermare con fortezza il diritto e il dovere che spetta per natura ai genitori e ai tutori di educare cristianamente la prole;

c) difendere la dignità e la legittima autonomia della famiglia. Essi dunque e gli altri fedeli collaborino con gli uomini di buona volontà, affinché nella legislazione civile siano sanciti e difesi questi sacri diritti; perché nel governo della società si tenga conto delle esigenze familiari per quanto riguarda l'alloggio, l'educazione dei fanciulli, le condizioni di lavoro, la sicurezza sociale e gli oneri fiscali; nella regolamentazione dell'emigrazione si salvaguardi nel modo più assoluto la convivenza della famiglia (20).

La famiglia ha ricevuto da Dio la missione di essere la cellula prima e vitale della società. E essa adempirà tale missione se, mediante il mutuo affetto dei membri e la preghiera elevata a Dio in comune, si mostrerà come il santuario domestico della Chiesa; se tutta la famiglia si inserirà nel culto liturgico della Chiesa; se infine praticherà una fattiva ospitalità e se promuoverà la giustizia e le buone opere a servizio di tutti i fratelli che si trovano in necessità.

Fra le svariate opere dell'apostolato familiare, ci sia concesso enumerare le seguenti: adottare come figli i bambini abbandonati, accogliere con benevolenza i forestieri, dare il proprio contributo nella direzione delle scuole, consigliare e aiutare gli adolescenti, aiutare i fidanzati a prepararsi meglio al matrimonio, collaborare alle opere catechistiche, sostenere i coniugi e le famiglie nelle loro difficoltà materiali e morali, provvedere ai vecchi non solo l'indispensabile, ma anche renderli partecipi equamente dei frutti del progresso economico.

Le famiglie cristiane le quali in tutta la loro vita si mostrano coerenti con il Vangelo e mostrano con l'esempio cosa sia il matrimonio cristiano, offrono al mondo una preziosissima testimonianza cristiana, sempre e dovunque, ma in modo speciale nelle regioni in cui viene annunziato per la prima volta il Vangelo, oppure la Chiesa si trova tuttora nei suoi inizi o urta contro gravi ostacoli (21).

Affinché possano raggiungere più facilmente le finalità del loro apostolato, può essere opportuno che le famiglie si uniscano in qualche associazione (22).

I giovani 12 I giovani esercitano un influsso di somma importanza nella società odierna (23). Le circostanze della loro vita, la mentalità e gli stessi rapporti con la propria famiglia sono grandemente mutati. Essi passano spesso troppo rapidamente ad una nuova condizione sociale ed economica. Mentre cresce sempre più la loro importanza sociale ed anche politica, appaiono quasi impari ad affrontare adeguatamente i loro nuovi compiti.

L'accresciuto loro peso nella società esige da essi una corrispondente attività apostolica; del resto lo stesso carattere naturale li dispone a questo. Col maturare della coscienza della propria personalità, spinti dall'ardore della vita e dalla loro esuberanza, assumono le proprie responsabilità e desiderano prendere il loro posto nella vita sociale e culturale: zelo questo che, se è impregnato dallo spirito di Cristo e animato da obbedienza ed amore verso i pastori della Chiesa, fa sperare abbondantissimi frutti. I giovani debbono divenire i primi e immediati apostoli dei giovani, esercitando da loro stessi l'apostolato fra di loro, tenendo conto dell'ambiente sociale in cui vivono (24).

Gli adulti procurino d'instaurare con i giovani un dialogo amichevole passando sopra la distanza dell'età, di conoscersi reciprocamente e di comunicarsi reciprocamente le proprie ricchezze interiori. Stimolino i giovani all'apostolato anzitutto con l'esempio, e, all occasione, con un prudente consiglio e con un valido aiuto. I giovani nutrano rispetto e fiducia verso gli adulti; quantunque siano inclinati naturalmente alle novità, apprezzino come meritano le buone tradizioni.

Anche i fanciulli hanno la loro attività apostolica. Secondo le proprie forze sono veri testimoni viventi di Cristo tra i compagni.

L'ambiente sociale 13 L'apostolato dell'ambiente sociale, cioè l'impegno nel permeare di spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della comunità in cui uno vive, è un compito e un obbligo talmente proprio dei laici, che nessun altro può mai debitamente compierlo al loro posto. In questo campo i laici possono esercitare l'apostolato del simile verso il simile. Qui completano la testimonianza della vita con la testimonianza della parola (25). Qui nel campo del lavoro, della professione, dello studio, dell'abitazione, del tempo libero o delle associazioni sono i più adatti ad aiutare i propri fratelli.

I laici adempiono tale missione della Chiesa nel mondo:

a) anzitutto nella coerenza della vita con la fede, mediante la quale diventano luce del mondo, e con la loro onestà in qualsiasi affare, con la quale attraggono tutti all'amore del vero e del bene, e in definitiva a Cristo e alla Chiesa;

b) con la carità fraterna, con cui diventano partecipi delle condizioni di vita, di lavoro, dei dolori e delle aspirazioni dei fratelli e dispongono a poco a poco il cuore di tutti alla salutare azione della grazia;

c) con la piena coscienza della propria responsabilità nell'edificazione della società, per cui si sforzano di svolgere la propria attività domestica, sociale, professionale con cristiana magnanimità. Così il loro modo d'agire penetra un po' alla volta l'ambiente di vita e di lavoro.

Questo apostolato deve abbracciare tutti quelli che vivono nel proprio raggio di azione e non escludere alcun bene spirituale o temporale realizzabile. Ma i veri apostoli non si accontentano soltanto di questa azione, bensì cercano di annunziare Cristo al prossimo anche con la parola. Molti uomini non possono udire il Vangelo e conoscere Cristo, se non per mezzo dei laici che stan loro vicino.

*L'ordine nazionale e internazionale 14 Immenso è il campo di apostolato che si apre nell'ordine nazionale e internazionale, dove sono specialmente i laici a essere ministri della sapienza cristiana. Animati dall'amore di patria e nel fedele adempimento dei doveri civici, i cattolici si sentano obbligati a promuovere il vero bene comune e facciano valere il peso della propria opinione in maniera tale che il potere civile venga esercitato secondo giustizia e le leggi corrispondano ai precetti morali e al bene comune. I cattolici esperti in politica e, come è naturale, saldamente ancorati alla fede e alla dottrina cristiana, non ricusino le cariche pubbliche, potendo mediante una buona amministrazione provvedere al bene comune e al tempo stesso aprire la via al Vangelo.

Si sforzino i cattolici di collaborare con tutti gli uomini di buona volontà nel promuovere tutto ciò che è vero, tutto ciò che è giusto, tutto ciò che è santo, tutto ciò che è amabile (cfr. Fil 4,8). Entrino in dialogo con essi, andando loro incontro con prudenza e gentilezza e promuovano indagini circa le istituzioni sociali e pubbliche per portarle a perfezione secondo lo spirito del Vangelo.

Tra i segni del nostro tempo è degno di speciale menzione il crescente e inarrestabile senso di solidarietà di tutti i popoli, che è compito dell'apostolato dei laici promuovere con sollecitudine e trasformare in sincero e autentico affetto fraterno. I laici inoltre debbono prendere coscienza del campo internazionale e delle questioni e soluzioni sia dottrinali sia pratiche che sorgono in esso, specialmente per quanto riguarda i popoli in via di sviluppo.

Rammentino tutti coloro che lavorano in altre nazioni o danno ad esse aiuto, che le relazioni fra i popoli devono essere un vero scambio fraterno, in cui l'una e l'altra parte simultaneamente dà e riceve. Coloro poi che viaggiano per ragioni di impegni internazionali o di affari o di divertimento, si ricordino che essi sono dovunque anche degli araldi itineranti di Cristo, e come tali si comportino davvero (26).

_______________________ NOTE

(17) Cf. S. PIO X, Lett. Apost. Creationis duarum novarum paroeciarum, 1° giugno 1905: ASS 38 (1905), pp. 65-67; PIO XII, Disc. ai fedeli della Parrocchia di S. Saba, 11 genn. 1953: Discorsi e Radiomessaggi di S. S. Pio XII, 14, 1952-1953, pp. 449-454; GIOVANNI XXIII, Disc. al Clero e ai fedeli della diocesi suburbicaria di Albano, pronunziato a Castelgandolfo, 26 ag. 1962: AAS 54 (1962), pp. 656-660.

(18) Cf. LEONE XIII, Disc., 28 genn. 1894: Acta 14 (1894), pp. 424-425.

(19) Cf. PIO XII, Disc. ai Parroci ecc., 6 febbr. 1951: Discorsi e Radiomessaggi di S. S. Pio XII, 12 (1950-1951), pp. 437-443; 8 marzo 1952: ibid., 14 (1952-1953), pp. 5-10; 27 marzo 1953: ibid. 15 (1953-1954), pp. 27-35; 28 febbr. 1954: ibid., pp. 585-590.

(20) Cf. PIO XI, Encicl. Casti Connubii: AAS 22 (1930), p. 554; PIO XII, Messaggio radiofonico, 1° giugno 1941: AAS 33 (1941), p. 203; IDEM, Ai Delegati al Congresso dell’Unione Internazionale per la tutela dei diritti della famiglia, 20 sett. 1949: AAS 41 (1949), p. 552; IDEM, Ai padri di famiglia pellegrini a Roma dalla Francia, 18 sett. 1951: AAS 43 (1951), p. 731; IDEM, Messaggio radiofonico per il Natale 1952: AAS 45 (1953), p. 41; GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), pp. 429, 439.

(21) Cf. PIO XII, Encicl. Evangelii Praecones, 2 giugno 1951: AAS 43 (1951), p. 514.

(22) Cf. PIO XII, Ai delegati al Congresso dell’Unione Internazionale per la tutela dei diritti della famiglia, 20 sett. 1949: AAS 41 (1949), p. 552.

(23) Cf. S. PIO X, Disc. all’Associazione cattolica della Gioventù Francese per la pietà, la scienza e l’azione, 25 sett. 1904: ASS 37 (1904-1905), pp. 296-300.

(24) Cf. PIO XII, Lett. Dans quelques semaines, all’Arcivescovo di Montréal: sui congressi organizzati dai giovani operai cristiani canadesi, 24 maggio 1947: AAS 39 (1947), p. 257; Messaggio radiofonico alla J.O.C. di Bruxelles, 3 sett. 1950: AAS 42 (1950), pp. 640-641.

(25) Cf. PIO XI, Encicl. Quadragesimo Anno, 15 maggio 1931: AAS 23 (1931), pp. 225-226.

(26) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), pp. 448-450.

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DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Decreto sull’apostolato dei laici APOSTOLICAM ACTUOSITATEM (18 novembre 1965)

CAPITOLO II – I FINI DELL'APOSTOLATO DEI LAICI

Introduzione 5 L'opera della redenzione di Cristo ha per natura sua come fine la salvezza degli uomini, però abbraccia pure il rinnovamento di tutto l'ordine temporale. Di conseguenza la missione della Chiesa non mira soltanto a portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini, ma anche ad animare e perfezionare l'ordine temporale con lo spirito evangelico. I laici, dunque, svolgendo tale missione della Chiesa, esercitano il loro apostolato nella Chiesa e nel mondo, nell'ordine spirituale e in quello temporale. Questi ordini, sebbene siano distinti, tuttavia sono così legati nell'unico disegno divino, che Dio stesso intende ricapitolare in Cristo tutto il mondo per formare una creazione nuova: in modo iniziale sulla terra, in modo perfetto alla fine del tempo. Nell'uno e nell'altro ordine il laico, che è simultaneamente membro del popolo di Dio e della città degli uomini, deve continuamente farsi guidare dalla sua unica coscienza cristiana.

L'apostolato di evangelizzazione e di santificazione 6 La missione della Chiesa ha come scopo la salvezza degli uomini, che si raggiunge con la fede in Cristo e con la sua grazia. Perciò l'apostolato della Chiesa e di tutti i suoi membri è diretto prima di tutto a manifestare al mondo il messaggio di Cristo con la parola e i fatti e a comunicare la sua grazia. Ciò viene effettuato soprattutto con il ministero della parola e dei sacramenti, affidato in modo speciale al clero, nel quale anche i laici hanno la loro parte molto importante da compiere «per essere anch'essi cooperatori della verità» (3Gv 8). È specialmente in questo ordine che l'apostolato dei laici e il ministero pastorale si completano a vicenda.

Molte sono le occasioni che si presentano ai laici per esercitare l'apostolato dell'evangelizzazione e della santificazione. La stessa testimonianza della vita cristiana e le opere buone compiute con spirito soprannaturale hanno la forza di attirare gli uomini alla fede e a Dio; il Signore dice infatti: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini in modo che vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16).

Tuttavia tale apostolato non consiste soltanto nella testimonianza della vita; il vero apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli, confermarli ed indurli ad una vita più fervente; «poiché l'amore di Cristo ci sospinge» (2Cor 5,14) e nel cuore di tutti devono echeggiare le parole dell'Apostolo: «Guai a me se non annunciassi il Vangelo» (1Cor 9,16) (11).

Siccome m questo nostro tempo nascono nuove questioni e si diffondono gravissimi errori che cercano di abbattere dalle fondamenta la religione, l'ordine morale e la stessa società umana, questo sacro Concilio esorta vivamente tutti i laici, perché secondo la misura dei loro talenti e della loro formazione dottrinale, e seguendo il pensiero della Chiesa, adempiano con diligenza anche maggiore la parte loro spettante nell'enucleare, difendere e rettamente applicare i principi cristiani ai problemi attuali.

L'animazione cristiana dell'ordine temporale 7 Quanto al mondo, è questo il disegno di Dio: che gli uomini, con animo concorde, instaurino e perfezionino sempre più l'ordine delle realtà temporali.

Tutto ciò che compone l'ordine temporale, cioè i beni della vita e della famiglia, la cultura, l'economia, le arti e le professioni, le istituzioni della comunità politica, le relazioni internazionali e così via, la loro evoluzione e il loro progresso, non sono soltanto mezzi con cui l'uomo può raggiungere il suo fine ultimo, ma hanno un valore proprio, riposto in essi da Dio, sia considerati in se stessi, sia considerati come parti di tutto l'ordine temporale: «E Dio vide tutte le cose che aveva fatto, ed erano assai buone» (Gen 1,31). Questa loro bontà naturale riceve una speciale dignità dal rapporto che essi hanno con la persona umana a servizio della quale sono stati creati. Infine piacque a Dio unificare in Cristo Gesù tutte le cose naturali e soprannaturali, «affinché egli abbia il primato sopra tutte le cose» (Col 1,18). Questa destinazione, tuttavia, non solo non priva l'ordine delle realtà temporali della sua autonomia, dei suoi propri fini, delle sue proprie leggi, dei suoi propri mezzi, della sua importanza per il bene dell'uomo, ma anzi ne perfeziona la forza e il valore e nello stesso tempo lo adegua alla vocazione totale dell'uomo sulla terra.

Nel corso della storia, l'uso delle cose temporali è stato macchiato da gravi manchevolezze, perché gli uomini, in conseguenza del peccato originale, spesso sono caduti in moltissimi errori intorno al vero Dio, alla natura dell'uomo e ai principi della legge morale: allora i costumi e le istituzioni umane sono stati corrotti e non di rado conculcata la stessa persona umana. Anche ai nostri giorni, non pochi, ponendo un'eccessiva fiducia nel progresso delle scienze naturali e della tecnica inclinano verso una specie di idolatria delle cose temporali, fattisi piuttosto schiavi che padroni di esse.

È compito di tutta la Chiesa aiutare gli uomini affinché siano resi capaci di ben costruire tutto l'ordine temporale e di ordinarlo a Dio per mezzo di Cristo.

È compito dei pastori enunciare con chiarezza i principi circa il fine della creazione e l'uso del mondo, dare gli aiuti morali e spirituali affinché l'ordine temporale venga instaurato in Cristo.

I laici devono assumere il rinnovamento dell'ordine temporale come compito proprio e in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in modo concreto; come cittadini devono cooperare con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità; dappertutto e in ogni cosa devono cercare la giustizia del regno di Dio.

L'ordine temporale deve essere rinnovato in modo che, nel rispetto integrale delle leggi sue proprie, sia reso più conforme ai principi superiori della vita. cristiana e adattato alle svariate condizioni di luogo di tempo e di popoli. Tra le opere di simile apostolato si distingue eminentemente l'azione sociale dei cristiani. Il Concilio desidera oggi che essa si estenda a tutto l'ambito dell'ordine temporale, anche a quello della cultura (12).

L'azione caritativa 8 Sebbene ogni esercizio di apostolato nasca e attinga il suo vigore dalla carità, tuttavia alcune opere per natura propria sono atte a diventare vivida espressione della stessa carità; e Cristo Signore volle che esse fossero segni della sua missione messianica (cfr. Mt 11,4-5).

Il più grande dei comandamenti della legge è amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi (cfr. Mt 22,37-40). Cristo ha fatto proprio questo precetto della carità verso il prossimo e lo ha arricchito di un nuovo significato, avendo identificato se stesso con i fratelli come oggetto della carità e dicendo: «Ogni volta che voi avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Egli infatti, assumendo la natura umana, ha legato a sé come sua famiglia tutto il genere umano in una solidarietà soprannaturale ed ha stabilito che la carità fosse il distintivo dei suoi discepoli con le parole: «Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri» (Gv 13,35).

La santa Chiesa, come fin dalle sue prime origini, unendo insieme l'«agape» con la cena eucaristica, si manifestava tutta unita nel vincolo della carità attorno a Cristo, così, in ogni tempo, si riconosce da questo contrassegno della carità, e mentre gode delle iniziative altrui, rivendica le opere di carità come suo dovere e diritto inalienabile. Perciò la misericordia verso i poveri e gli infermi con le cosiddette opere caritative e di mutuo aiuto, destinate ad alleviare ogni umano bisogno, sono da essa tenute in particolare onore (13).

Oggi che i mezzi di comunicazione sono divenuti più rapidi, le distanze tra gli uomini quasi eliminate e gli abitanti di tutto il mondo resi membri quasi di una unica famiglia, tali attività ed opere sono divenute molto più urgenti e devono prendere di più le dimensioni dell'universo. L'azione caritativa ora può e deve abbracciare tutti assolutamente gli uomini e tutte quante le necessità. Ovunque vi è chi manca di cibo, di bevanda, di vestito, di casa, di medicine, di lavoro, di istruzione, dei mezzi necessari per condurre una vita veramente umana, ovunque vi è chi afflitto da tribolazioni e da malferma salute, chi soffre l'esilio o il carcere, la carità cristiana deve cercarli e trovarli, consolarli con premurosa cura e sollevarli porgendo loro aiuto. E quest'obbligo si impone prima di tutto ai singoli uomini e popoli che vivono nella prosperità (14).

Affinché tale esercizio di carità possa essere al di sopra di ogni critica e appaia come tale, si consideri nel prossimo l'immagine di Dio secondo cui è stato creato, e Cristo Signore, al quale veramente è donato quanto si dà al bisognoso; si abbia estremamente riguardo della libertà e della dignità della persona che riceve l'aiuto; la purità di intenzione non macchiata da ricerca alcuna della propria utilità o desiderio di dominio (15); siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia; si eliminino non soltanto gli effetti ma anche le cause dei mali; l'aiuto sia regolato in t modo che coloro i quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dalla dipendenza altrui e diventi sufficienti a se stessi.

I laici dunque abbiano in grande stima e sostengano, nella misura delle proprie forze, le opere caritative e le iniziative di «assistenza sociale», private pubbliche, anche internazionali, con cui si porta aiuto efficace agli individui e ai popoli che si trovano nel bisogno, e in ciò collaborino con tutti gli uomini di buona volontà (16). _______________________ NOTE

(11) Cf. PIO XI, Encicl. Ubi arcano, 23 dic. 1922: AAS 14 (1922), p. 659; PIO XII, Encicl. Summi Pontificatus, 20 ott. 1939: AAS 31 (1939), p. 442-443.

(12) Cf. LEONE XIII, Encicl. Rerum Novarum: ASS 23 (1890-91), p. 647; PIO XI, Encicl. Quadragesimo Anno: AAS 23 (1931), p. 190 [in parte Dz 3725]; PIO XII, Messaggio radiofonico, 1° giugno 1941: AAS 33 (1941), p. 207.

(13) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), p. 402.

(14) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), p. 440-441.

(15) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), pp. 442-443.

(16) Cf. PIO XII, Disc. alla “Pax Romana M. I. I. C.”, 25 apr. 1957: AAS 49 (1957), pp. 208-209, e soprattutto GIOVANNI XXIII, Disc. Ad Conventum Consilii “Food and Agriculture Organisation” (F.A.O.), 10 nov. 1959): AAS 51 (1959), pp. 856, 866.

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DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Decreto sull’apostolato dei laici APOSTOLICAM ACTUOSITATEM (18 novembre 1965)

PROEMIO 1 Il sacro Concilio, volendo rendere più intensa l'attività apostolica del popolo di Dio (1), con viva premura si rivolge ai fedeli laici, dei quali già altrove ha ricordato (2) il ruolo proprio e assolutamente necessario che essi svolgono nella missione della Chiesa. L'apostolato dei laici, infatti, derivando dalla loro stessa vocazione cristiana, non può mai venir meno nella Chiesa. La stessa sacra Scrittura mostra abbondantemente quanto spontanea e fruttuosa fosse tale attività ai primordi della Chiesa (cfr. At 11,19-21; 18,26; Rm 16,1-16; Fil 4,3).

I nostri tempi poi non richiedono minore zelo da parte dei laici; anzi le circostanze odierne richiedono assolutamente che il loro apostolato sia più intenso e più esteso. Infatti l'aumento costante della popolazione, il progresso scientifico e tecnico, le relazioni umane che si fanno sempre più strette, non solo hanno allargato straordinariamente il campo dell'apostolato dei laici, in gran parte accessibile solo ad essi, ma hanno anche suscitato nuovi problemi, che richiedono il loro sollecito impegno e zelo.

Tale apostolato si è reso tanto più urgente, in quanto l'autonomia di molti settori della vita umana si è assai accresciuta, com'è giusto; ma talora ciò è avvenuto con un certo distacco dall'ordine etico e religioso e con grave pericolo della vita cristiana. Inoltre in molte regioni, in cui i sacerdoti sono assai pochi, oppure, come talvolta avviene, vengono privati della dovuta libertà di ministero, senza l'opera dei laici la Chiesa a stento potrebbe essere presente e operante. Il segno di questa molteplice e urgente necessità è l'evidente intervento dello Spirito Santo, il quale rende oggi sempre più consapevoli i laici della loro responsabilità e dovunque li stimola a mettersi a servizio di Cristo e della Chiesa (3).

Con il presente decreto il Concilio vuole illustrare la natura, il carattere e la varietà dell'apostolato dei laici, enunciarne i principi fondamentali e dare delle direttive pastorali per un suo più efficace esercizio. Tutto questo dovrà servire di norma per la revisione del diritto canonico per quanto riguarda l'apostolato dei laici.

CAPITOLO I – LA VOCAZIONE DEI LAICI ALL'APOSTOLATO

La partecipazione dei laici alla missione della Chiesa 2 Questo è il fine della Chiesa: con la diffusione del regno di Cristo su tutta la terra a gloria di Dio Padre, rendere partecipi (4) tutti gli uomini della salvezza operata dalla redenzione, e per mezzo di essi ordinare effettivamente il mondo intero a Cristo. Tutta l'attività del corpo mistico ordinata a questo fine si chiama «apostolato»; la Chiesa lo esercita mediante tutti i suoi membri, naturalmente in modi diversi; la vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all'apostolato. Come nella compagine di un corpo vivente non vi è membro alcuno che si comporti in maniera del tutto passiva, ma unitamente alla vita partecipa anche alla sua attività, così nel corpo di Cristo, che è la Chiesa «tutto il corpo... secondo l'energia propria ad ogni singolo membro... contribuisce alla crescita del corpo stesso» (Ef 4,16). Anzi in questo corpo è tanta l'armonia e la compattezza delle membra (cfr. Ef 4,16), che un membro il quale non operasse per la crescita del corpo secondo la propria energia dovrebbe dirsi inutile per la Chiesa e per se stesso.

C'è nella Chiesa diversità di ministero ma unità di missione. Gli apostoli e i loro successori hanno avuto da Cristo l'ufficio di insegnare, reggere e santificare in suo nome e con la sua autorità. Ma anche i laici, essendo partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, all'interno della missione di tutto il popolo di Dio hanno il proprio compito nella Chiesa e nel mondo (5). In realtà essi esercitano l'apostolato evangelizzando e santificando gli uomini, e animando e perfezionando con lo spirito evangelico l'ordine temporale, in modo che la loro attività in quest'ordine costituisca una chiara testimonianza a Cristo e serva alla salvezza degli uomini. Siccome è proprio dello stato dei laici che essi vivano nel mondo e in mezzo agli affari profani, sono chiamati da Dio affinché, ripieni di spirito cristiano, esercitino il loro apostolato nel mondo, a modo di fermento.

I fondamenti dell'apostolato dei laici 3 I laici derivano il dovere e il diritto all'apostolato dalla loro stessa unione con Cristo capo. Infatti, inseriti nel corpo mistico di Cristo per mezzo del battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito Santo per mezzo della cresima, sono deputati dal Signore stesso all'apostolato. Vengono consacrati per formare un sacerdozio regale e una nazione santa (cfr. 1 Pt 2,4-10), onde offrire sacrifici spirituali mediante ogni attività e testimoniare dappertutto il Cristo. Inoltre con i sacramenti, soprattutto con quello dell'eucaristia, viene comunicata e alimentata quella carità che è come l'anima di tutto l'apostolato (6).

L'apostolato si esercita nella fede, nella speranza e nella carità: virtù che lo Spirito Santo diffonde nel cuore di tutti i membri della Chiesa. Anzi, in forza del precetto della carità, che è il più grande comando del Signore, ogni cristiano è sollecitato a procurare la gloria di Dio con l'avvento del suo regno e la vita eterna a tutti gli uomini: perché conoscano l'unico vero Dio e colui che egli ha mandato, Gesù Cristo (cfr. Gv 17,3).

A tutti i cristiani quindi è imposto il nobile impegno di lavorare affinché il divino messaggio della salvezza sia conosciuto e accettato da tutti gli uomini, su tutta la terra.

Per l'esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo che già santifica il popolo di Dio per mezzo del ministero e dei sacramenti, elargisce ai fedeli anche dei doni particolari (1Cor 12,7) «distribuendoli a ciascuno come vuole» (1Cor 12,11), affinché mettendo «ciascuno a servizio degli altri il suo dono al fine per cui l'ha ricevuto, contribuiscano anch'essi come buoni dispensatori delle diverse grazie ricevute da Dio» (1Pt 4,10) alla edificazione di tutto il corpo nella carità (cfr. Ef 4,16).

Dall'aver ricevuto questi carismi, anche i più semplici, sorge per ogni credente il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e a edificazione della Chiesa, sia nella Chiesa stessa che nel mondo con la libertà dello Spirito, il quale «spira dove vuole» (Gv 3,8) e al tempo stesso nella comunione con i fratelli in Cristo, soprattutto con i propri pastori essi hanno il compito di giudicare sulla loro genuinità e uso ordinato, non certo per estinguere lo Spirito ma per esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cfr. 1Tes 5,12,19,21) (7).

La spiritualità dei laici in ordine all'apostolato 4 Siccome la fonte e l'origine di tutto l'apostolato della Chiesa è Cristo, mandato dal Padre, è evidente che la fecondità dell'apostolato dei laici dipende dalla loro unione vitale con Cristo, secondo il detto del Signore: «Chi rimane in me ed io in lui, questi produce molto frutto, perché senza di me non potete far niente» (Gv 15,5).

Questa vita d'intimità con Cristo viene alimentata nella Chiesa con gli aiuti spirituali comuni a tutti i fedeli, soprattutto con la partecipazione attiva alla sacra liturgia (8). I laici devono usare tali aiuti in modo che, mentre compiono con rettitudine i doveri del mondo nelle condizioni ordinarie di vita, non separino dalla propria vita l'unione con Cristo, ma crescano sempre più in essa compiendo la propria attività secondo il volere divino.

Su questa strada occorre che i laici progrediscano nella santità con ardore e gioia, cercando di superare le difficoltà con prudenza e pazienza (9). Né la cura della famiglia né gli altri impegni secolari devono essere estranei alla spiritualità della loro vita, secondo il detto dell'Apostolo: «Tutto quello che fate, in parole e in opere, fatelo nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio e al Padre per mezzo di lui» (Col 3,17).

Tale vita richiede un continuo esercizio della fede, della speranza e della carità.

Solo alla luce della fede e nella meditazione della parola di Dio è possibile, sempre e dovunque, riconoscere Dio nel quale «viviamo, ci muoviamo e siamo» (At 17,28), cercare in ogni avvenimento la sua volontà, vedere il Cristo in ogni uomo, vicino o estraneo, giudicare rettamente del vero senso e valore che le cose temporali hanno in se stesse e in ordine al fine dell'uomo.

Quanti hanno tale fede vivono nella speranza della rivelazione dei figli di Dio, nel ricordo della croce e della risurrezione del Signore.

Nel pellegrinaggio della vita presente, nascosti con Cristo in Dio e liberi dalla schiavitù delle ricchezze, mentre mirano ai beni eterni, con animo generoso si dedicano totalmente ad estendere il regno di Dio e ad animare e perfezionare con lo spirito cristiano l'ordine delle realtà temporali. Nelle avversità della vita trovano la forza nella speranza, pensando che «le sofferenze del tempo presente non reggono il confronto con la gloria futura che si rivelerà in noi» (Rm 8,18).

Spinti dalla carità che viene da Dio, operano il bene verso tutti e in modo speciale verso i fratelli nella fede (cfr. Gal 6,10) «eliminando ogni malizia e ogni inganno, le ipocrisie e le invidie, e tutte le maldicenze» (1 Pt 2,1), attraendo così gli uomini a Cristo.

La carità di Dio, «diffusa nel nostro cuore per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5), rende capaci i laici di esprimere realmente nella loro vita lo spirito delle beatitudini. Seguendo Gesù povero, non si deprimono nella mancanza dei beni temporali, né si inorgogliscono nella abbondanza di essi; imitando Gesù umile, non diventano avidi di una gloria vana (cfr. Gal 5,26), ma cercano di piacere più a Dio che agli uomini, sempre pronti a lasciare tutto per Cristo (cfr. Lc 14,26) e a soffrire persecuzione per la giustizia (cfr. Mt 5,10), memori delle parole del Signore: «Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24). Coltivando l'amicizia cristiana tra loro si offrono vicendevolmente aiuto in qualsiasi necessità.

Questa spiritualità dei laici deve parimenti assumere una sua fisionomia particolare a seconda dello stato del matrimonio e della famiglia, del celibato o della vedovanza, della condizione di infermità, dell'attività professionale e sociale. I laici non tralascino dunque di coltivare costantemente le qualità e le doti ricevute, corrispondenti a tali condizioni, e di servirsi dei doni ottenuti dallo Spirito Santo.

Inoltre, quei laici che, seguendo la propria particolare vocazione, sono iscritti a qualche associazione o istituto approvato dalla Chiesa, si sforzino di assimilare fedelmente la spiritualità peculiare dei medesimi.

Tutti i laici facciano pure gran conto della competenza professionale, del senso della famiglia, del senso civico e di quelle virtù che riguardano i rapporti sociali, come la correttezza, lo spirito di giustizia, la sincerità, la cortesia, la fortezza di animo: virtù senza le quali non ci può essere neanche una vera vita cristiana.

Modello perfetto di tale vita spirituale e apostolica è la beata vergine Maria, regina degli apostoli, la quale, mentre viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro, era sempre intimamente unita al Figlio suo, e cooperava in modo del tutto singolare all'opera del Salvatore; ora poi assunta in cielo, «con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo ai pericoli e affanni fino a che non siano condotti nella patria beata» (10). La onorino tutti devotissimamente e affidino alla sua materna cura la propria vita e il proprio apostolato. _______________________ NOTE

(1) Cf. GIOVANNI XXIII, Cost. Apost. Humanae Salutis, 25 dic. 1961: AAS 54 (1962), pp. 7-10.

(2) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, nn. 33ss: AAS 57 (1965), pp. 39s [pag. 197ss]; cf. anche la Cost. dogm. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, nn. 26-40: AAS 56 (1964), pp. 107-111 [pag. 33ss]; cf. Decr. sugli strumenti di comunicazione sociale Inter mirifica: AAS 56 (1964), pp. 145-153; cf. Decr. sull’Ecumenismo, Unitatis redintegratio: AAS 57 (1965), pp. 90-107; cf. Decr. sulla missione Pastorale dei Vescovi nella Chiesa, Christus Dominus, nn. 16, 17, 18 [pag. 365ss]; cf. Dichiarazione sull’Educazione cristiana, Gravissimum educationis, nn. 3, 5, 7 [pag. 485ss].

(3) Cf. PIO XII, Disc. ai Cardinali, 18 febb. 1946: AAS 38 (1946), pp. 101-102; IDEM, Discorso ai Giovani Lavoratori Cattolici, 25 ag. 1957: AAS 49 (1957), p. 843.

(4) Cf. PIO XI, Encicl. Rerum Ecclesiae: AAS 18 (1926), p. 65.

(5) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen Gentium, n. 31: AAS 57 (1965), p. 37 [pag. 193ss].

(6) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen Gentium, n. 33, p. 39 [pag. 197ss]; cf. anche n. 10, p. 14 [pag. 137ss].

(7) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen Gentium, n. 12, p. 16 [pag. 141ss].

(8) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, cap. I, n. 11: AAS 56 (1964), pp. 102-103 [pag. 25].

(9) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 32: AAS 57 (1965), p. 38 [pag. 195ss]; cf. anche nn. 40-41, pp. 45-47 [pag. 211ss].

(10) CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen Gentium, n. 62, p. 63 [pag. 257ss]; cf. anche n. 65, pp. 64-65 [pag. 261ss].

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DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Decreto sull’attività missionaria della Chiesa AD GENTES (7 dicembre 1965)

CAPITOLO VI

LA COOPERAZIONE

Dovere missionario degli istituti religiosi 40 Gli istituti religiosi, di vita contemplativa ed attiva, hanno avuto fin qui ed hanno tuttora una parte importantissima nell'evangelizzazione del mondo. Il sacro Concilio ne riconosce di buon grado i meriti, rende grazie a Dio per i tanti sacrifici da loro affrontati per la gloria di Dio e il servizio delle anime, e li esorta a perseverare indefessamente nel lavoro intrapreso, consapevoli come sono che la virtù della carità, che devono coltivare in maniera più perfetta in forza della loro vocazione, li spinge e li obbliga ad uno spirito e ad un lavoro veramente cattolici (166).

Gli istituti di vita contemplativa con le loro preghiere, penitenze e tribolazioni, hanno la più grande importanza ai fini della conversione delle anime; perché è Dio che, in risposta alla preghiera, invia operai nella sua messe (167), apre lo spirito dei non cristiani perché ascoltino il Vangelo (168), e rende feconda nei loro cuori la parola della salvezza (169). Si invitano anzi gli istituti di questo tipo a fondare le loro case nelle terre di missione, come del resto non pochi han già fatto, affinché, vivendovi ed adattandosi alle tradizioni autenticamente religiose dei popoli, rendano tra i non cristiani una magnifica testimonianza alla maestà ed alla carità di Dio, come anche all'unione in Cristo.

Gli istituti di vita attiva, perseguano o no un fine strettamente missionario, devono in tutta sincerità domandarsi dinanzi a Dio se sono in grado di estendere la propria azione al fine di espandere il regno di Dio tra le nazioni; se possono lasciare ad altri alcune opere del loro ministero, per dedicare le loro forze alle missioni; se possono iniziare un'attività nelle missioni, adattando, se necessario, le loro costituzioni, secondo lo spirito del fondatore; se i loro membri prendono parte secondo le proprie forze all'attività missionaria; se il loro sistema di vita costituisce una testimonianza al Vangelo, ben rispondente al carattere ed alla condizione del popolo.

Poiché infine, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, si sviluppano sempre più nella Chiesa gli istituti secolari, la loro opera, guidata dall'autorità del vescovo, può riuscire sotto diversi aspetti utilissima nelle missioni, come segno di dedizione totale all'evangelizzazione del mondo.

Dovere missionario dei laici 41 I laici cooperano all'opera evangelizzatrice della Chiesa partecipando insieme come testimoni e come vivi strumenti alla sua missione salvifica soprattutto quando, chiamati da Dio (170), vengono destinati dai vescovi a quest'opera.

Nelle terre già cristiane i laici cooperano all'opera evangelizzatrice sviluppando in se stessi e negli altri la conoscenza e l'amore per le missioni, suscitando delle vocazioni nella propria famiglia, nelle associazioni cattoliche e nelle scuole, offrendo sussidi di qualsiasi specie, affinché il dono della fede, che han ricevuto gratuitamente, possa essere comunicato anche ad altri.

Nelle terre di missione invece, i laici, sia forestieri che autoctoni, devono insegnare nelle scuole, avere la gestione delle faccende temporali, collaborare alla attività parrocchiale e diocesana, stabilire e promuovere l'apostolato laicale nelle sue varie forme, affinché i fedeli delle giovani Chiese possano svolgere quanto prima la propria parte nella vita della Chiesa (171).

I laici infine devono offrire volentieri la loro collaborazione in campo economico-sociale ai popoli in via di sviluppo. Tale collaborazione è tanto più degna di lode quanto più direttamente riguarda la fondazione di istituti connessi con le strutture fondamentali della vita sociale, o destinati alla formazione di coloro che hanno responsabilità politiche.

Meritano una lode speciale quei laici che nelle università o negli istituti scientifici promuovono con le loro ricerche di carattere storico o scientifico religioso la conoscenza dei popoli e delle religioni, aiutando così i messaggeri del Vangelo e preparando il dialogo con i non cristiani.

Collaborino poi fraternamente con gli altri cristiani, con i non cristiani, specialmente con i membri delle associazioni internazionali, proponendosi costantemente come obiettivo che «la costruzione della città terrena sia fondata sul Signore ed a lui sia sempre diretta» (172).

Naturalmente per assolvere tutti questi compiti i laici han bisogno di un'indispensabile preparazione tecnica e spirituale, da impartire in istituti specializzati, affinché la loro vita costituisca tra i non cristiani una testimonianza a Cristo, secondo l'espressione dell'Apostolo: «Non date scandalo né ai Giudei né ai Gentili, né alla Chiesa di Dio, così come anch'io mi sforzo di piacere a tutti in ogni cosa, non cercando il mio vantaggio, ma quello del più gran numero, perché siano salvi» (1Cor 10,32-33).

CONCLUSIONE 42 I Padri conciliari, in unione con il romano Pontefice, sentendo profondamente il dovere di diffondere dappertutto il regno di Dio, rivolgono un saluto affettuosissimo a tutti i messaggeri del Vangelo, a coloro specialmente che soffrono persecuzioni per il nome di Cristo, e si associano alle loro sofferenze (173).

Sono anch'essi infiammati da quello stesso amore, di cui ardeva Cristo per gli uomini. Consapevoli che è Dio a far sì che venga il suo regno sulla terra, insieme con tutti i fedeli essi pregano perché, mediante l'intercessione della vergine Maria, degli apostoli, le nazioni siano quanto prima condotte alla conoscenza della verità (174) e la gloria di Dio, che rifulge sul volto di Cristo Gesù, cominci a brillare in tutti gli uomini per l'azione dello Spirito Santo (175).

Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto sono piaciute ai Padri del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della potestà Apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto è stato così sinodalmente deciso, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.

Roma, presso San Pietro 7 dicembre 1965.

_______________________ NOTE

(166) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 44: AAS 57 (1965), p. 50 [pag. 227ss].

(167) Cf. Mt 9,38.

(168) Cf. At 16,14.

(169) Cf. 1 Cor 3,7.

(170) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, nn. 33, 35: AAS 57 (1965), pp. 39, 40-41 [pag. 197ss, 201ss].

(171) Cf. PIO XII, Evangelii Praecones, 2 giu. 1951: AAS 43 (1951), pp. 510-514; GIOVANNI XXIII, Princeps Pastorum, 28 nov. 1959: AAS 51 (1959), pp. 851-852.

(172) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 46: AAS 57 (1965), p. 52 [pag. 231ss].

(173) Cf. PIO XII, Evangelii Praecones, 2 giu. 1951: AAS 43 (1951), p. 527; GIOVANNI XXIII, Princeps Pastorum, 28 nov. 1959: AAS 51 (1959), p. 864.

(174) Cf. 1 Tm 2,4.

(175) Cf. 2 Cor 4,6.

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CAPITOLO VI

LA COOPERAZIONE

Dovere missionario dei vescovi 38 Tutti i vescovi, in quanto membri del corpo episcopale che succede al collegio apostolico, sono stati consacrati non soltanto per una diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo. Il comando di Cristo di predicare il Vangelo ad ogni creatura (158) riguarda innanzitutto e immediatamente proprio loro, insieme con Pietro e sotto la guida di Pietro. Da qui deriva quella comunione e cooperazione a livello delle Chiese, che oggi è così necessaria per svolgere l'opera di evangelizzazione. In forza di questa comunione, le singole Chiese sentono la preoccupazione per tutte le altre, si informano reciprocamente dei propri bisogni, si scambiano l'una con l'altra i propri beni, essendo l'estensione del corpo di Cristo dovere dell'intero collegio episcopale (159).

Il vescovo, suscitando, promuovendo e dirigendo l'opera missionaria nella sua diocesi, con la quale forma un tutto uno, rende presente e, per così dire visibile lo spirito e l'ardore missionario del popolo di Dio, sicché la diocesi tutta si fa missionaria.

È pure compito del vescovo suscitare nel suo popolo, specialmente in mezzo ai malati e ai sofferenti, delle anime che con cuore generoso sanno offrire a Dio le loro preghiere e penitenze per l'evangelizzazione del mondo; incoraggiare volentieri le vocazioni dei giovani e dei chierici per gli istituti missionari, accettando con riconoscenza che Dio ne scelga alcuni per inserirli nell'attività missionaria della Chiesa; spronare e sostenere le congregazioni diocesane perché si assumano la loro parte nelle missioni; promuovere le opere degli istituti missionari in seno ai suoi fedeli, specialmente le pontificie opere missionarie. A queste opere infatti deve essere giustamente riservato il primo posto, perché costituiscono altrettanti mezzi sia per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire una adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuna (160).

E poiché si fa ogni giorno più urgente la necessità di operai nella vigna del Signore ed i sacerdoti diocesani desiderano avere anch'essi un ruolo sempre più importante nell'evangelizzazione del mondo, il santo Concilio auspica che i vescovi, considerando la grandissima scarsezza di sacerdoti che impedisce la evangelizzazione di molte regioni, mandino alle diocesi mancanti di clero, debitamente preparati, alcuni dei loro migliori sacerdoti, perché si consacrino all'opera missionaria: sarà qui che essi, almeno per un certo periodo, eserciteranno con spirito di servizio il ministero missionario (161).

Ma perché l'attività missionaria dei vescovi si risolva realmente a vantaggio di tutta la Chiesa, è bene che le conferenze episcopali regolino esse tutte le questioni che si riferiscono alla ordinata cooperazione nella propria regione.

In sede di conferenza i vescovi devono trattare: dei sacerdoti del clero diocesano da consacrare alla evangelizzazione delle nazioni; del contributo finanziario che ciascuna diocesi, in proporzione del proprio reddito, deve versare annualmente per l'opera missionaria; della direzione e dell'organizzazione dei modi e dei mezzi ordinati al soccorso diretto delle missioni (162); dell'aiuto da offrire agli istituti missionari ed ai seminari di clero diocesano per le missioni e, se è necessario, della loro fondazione; della maniera di favorire rapporti sempre più stretti tra questi istituti e le diocesi.

Parimenti spetta alle conferenze episcopali fondare e promuovere delle opere che consentano di accogliere fraternamente e di seguire ed assistere pastoralmente coloro che, per ragioni di lavoro e di studio, emigrano dalle terre di missione. Grazie a questi immigrati infatti i popoli lontani diventano in qualche modo vicini, mentre alle comunità che sono cristiane da antica data si offre la magnifica occasione di aprire un dialogo con le nazioni che non hanno ancora ascoltato il Vangelo e di mostrare loro, nel servizio di amore e di aiuto che prestano, il volto genuino del Cristo (163). Tutti i fedeli devono cooperare all'apostolato missionario 36 Tutti i fedeli, quali membra del Cristo vivente, a cui sono stati incorporati ed assimilati mediante il battesimo, la cresima e l'eucaristia, hanno lo stretto obbligo di cooperare all'espansione e alla dilatazione del suo corpo, sì da portarlo il più presto possibile alla sua pienezza (154).

Pertanto tutti i figli della Chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, devono coltivare in se stessi uno spirito veramente cattolico e devono spendere le loro forze nell'opera di evangelizzazione. Ma tutti sappiano che il primo e principale loro dovere in ordine alla diffusione della fede è quello di vivere una vita profondamente cristiana. Sarà appunto il loro fervore nel servizio di Dio, il loro amore verso il prossimo ad immettere come un soffio nuovo di spiritualità in tutta quanta la Chiesa, che apparirà allora come « un segno levato sulle nazioni » (155), come « la luce del mondo» (Mt 5,14) e «il sale della terra» (Mt 5,13). Una tale testimonianza di vita raggiungerà più facilmente il suo effetto se verrà data insieme con gli altri gruppi cristiani, secondo le norme contenute nel decreto relativo all'ecumenismo (156).

Sarà questo rinnovamento spirituale a far salire spontaneamente preghiere ed opere di penitenza a Dio, perché fecondi con la sua grazia il lavoro dei missionari; da esso avranno origine le vocazioni missionarie; da esso deriveranno quegli aiuti di cui le missioni han bisogno.

E perché tutti e singoli i fedeli conoscano adeguatamente la condizione attuale della Chiesa nel mondo e giunga loro la voce delle moltitudini che gridano: «Aiutateci» (157), bisogna offrir loro dei ragguagli di carattere missionario con l'ausilio anche dei mezzi di comunicazione sociale: sentiranno così come cosa propria l'attività missionaria, apriranno il cuore di fronte alle necessità tanto vaste e profonde degli uomini e potranno venir loro in aiuto. È necessario altresì coordinare queste notizie e cooperare con gli organismi nazionali e internazionali.

Dovere missionario dei sacerdoti 39 I sacerdoti rappresentano il Cristo e sono i collaboratori dell'ordine episcopale nell'assolvimento di quella triplice funzione sacra che, per sua natura, si riferisce alla missione della Chiesa (164). Siano dunque profondamente convinti che la loro vita è stata consacrata anche per il servizio delle missioni. E poiché mediante il loro ministero – incentrato essenzialmente nell'eucaristia, la quale dà alla Chiesa la sua perfezione – essi entrano in comunione con Cristo capo ed a questa comunione conducono le anime, non possono non avvertire quanto ancora manchi alla pienezza del suo corpo e quanto quindi Sl debba compiere perché esso cresca sempre più. Essi pertanto organizzeranno la cura pastorale in modo tale che giovi alla espansione del Vangelo presso i non cristiani.

Nella loro cura pastorale i sacerdoti desteranno e conserveranno in mezzo ai fedeli lo zelo per l'evangelizzazione del mondo, istruendoli con la catechesi e la predicazione intorno al dovere che la Chiesa ha di annunziare il Cristo ai pagani; inculcando alle famiglie cristiane la necessità e l'onore di coltivare le vocazioni missionarie in mezzo ai loro figli e figlie; alimentando tra i giovani delle scuole e delle associazioni cattoliche il fervore missionario, sicché sorgano da essi dei futuri predicatori del Vangelo. Insegnino anche ai fedeli a pregare per le missioni e non arrossiscano di chieder loro elemosine, facendosi quasi mendicanti per il Cristo e la salvezza delle anime (165).

I professori dei seminari e delle università esporranno ai giovani la situazione reale del mondo e della Chiesa, perché sia chiara al loro spirito la necessità di una più intensa evangelizzazione dei non cristiani e ne tragga alimento il loro zelo. Nell'insegnamento poi delle discipline dogmatiche, bibliche, morali e storiche mettano bene in luce quegli aspetti missionari che vi sono contenuti, al fine di formare in questo modo una coscienza missionaria nei futuri sacerdoti. _______________________ NOTE

(158) Cf. Mc 16,15.

(159) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, nn. 23-24: AAS 57 (1965), pp. 27-29 [pag. 169ss].

(160) Cf. BENEDETTO XV, Maximum illud, 30 nov. 1919: AAS 11 (1919), pp. 453-454; PIO XI, Rerum Ecclesiae, 28 feb. 1926: AAS 18 (1926), pp. 71-73; PIO XII, Evangelii Praecones, 2 giu. 1951: AAS 43 (1951), pp. 525-526; ID., Fidei Donum, 15 gen. 1957: AAS 49 (1957), p. 241.

(161) Cf. PIO XII, Fidei Donum, 15 gen. 1957: AAS 49 (1957), p. 245-246.

(162) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa Christus Dominus, n. 6 [pag. 353].

(163) Cf. PIO XII, Fidei Donum, 15 gen. 1957: AAS 49 (1957), p. 245.

(164) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 28: AAS 57 (1965), p. 34 [pag. 185ss].

(165) Cf. PIO XI, Rerum Ecclesiae, 28 feb. 1926: AAS 18 (1926), p. 72.

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DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Decreto sull’attività missionaria della Chiesa AD GENTES (7 dicembre 1965)

CAPITOLO VI

LA COOPERAZIONE

Introduzione 35 Essendo la Chiesa tutta missionaria, ed essendo l'opera evangelizzatrice dovere fondamentale del popolo di Dio, il sacro Concilio invita tutti i fedeli ad un profondo rinnovamento interiore, affinché, avendo una viva coscienza della propria responsabilità in ordine alla diffusione del Vangelo, prendano la loro parte nell'opera missionaria presso i pagani.

Tutti i fedeli devono cooperare all'apostolato missionario 36 Tutti i fedeli, quali membra del Cristo vivente, a cui sono stati incorporati ed assimilati mediante il battesimo, la cresima e l'eucaristia, hanno lo stretto obbligo di cooperare all'espansione e alla dilatazione del suo corpo, sì da portarlo il più presto possibile alla sua pienezza (154).

Pertanto tutti i figli della Chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, devono coltivare in se stessi uno spirito veramente cattolico e devono spendere le loro forze nell'opera di evangelizzazione. Ma tutti sappiano che il primo e principale loro dovere in ordine alla diffusione della fede è quello di vivere una vita profondamente cristiana. Sarà appunto il loro fervore nel servizio di Dio, il loro amore verso il prossimo ad immettere come un soffio nuovo di spiritualità in tutta quanta la Chiesa, che apparirà allora come « un segno levato sulle nazioni » (155), come « la luce del mondo» (Mt 5,14) e «il sale della terra» (Mt 5,13). Una tale testimonianza di vita raggiungerà più facilmente il suo effetto se verrà data insieme con gli altri gruppi cristiani, secondo le norme contenute nel decreto relativo all'ecumenismo (156).

Sarà questo rinnovamento spirituale a far salire spontaneamente preghiere ed opere di penitenza a Dio, perché fecondi con la sua grazia il lavoro dei missionari; da esso avranno origine le vocazioni missionarie; da esso deriveranno quegli aiuti di cui le missioni han bisogno.

E perché tutti e singoli i fedeli conoscano adeguatamente la condizione attuale della Chiesa nel mondo e giunga loro la voce delle moltitudini che gridano: «Aiutateci» (157), bisogna offrir loro dei ragguagli di carattere missionario con l'ausilio anche dei mezzi di comunicazione sociale: sentiranno così come cosa propria l'attività missionaria, apriranno il cuore di fronte alle necessità tanto vaste e profonde degli uomini e potranno venir loro in aiuto. È necessario altresì coordinare queste notizie e cooperare con gli organismi nazionali e internazionali.

La cooperazione delle comunità cristiane 37 Poiché il popolo di Dio vive nelle comunità, specialmente in quelle diocesane e parrocchiali, ed in esse in qualche modo appare in forma visibile, tocca anche a queste comunità render testimonianza a Cristo di fronte alle nazioni.

La grazia del rinnovamento non può avere sviluppo alcuno nelle comunità, se ciascuna di esse non allarga la vasta trama della sua carità sino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono i suoi propri membri.

È così che l'intera comunità prega, coopera, esercita una attività tra i popoli pagani attraverso quei suoi figli che Dio sceglie per questo nobilissimo compito.

Sarà quindi utilissimo mantenere i contatti, senza tuttavia trascurare l'opera missionaria generale, con i missionari che in questa stessa comunità hanno avuto origine, o con una parrocchia o con una diocesi di missione, perché divenga visibile l'unione intima tra le comunità, con il vantaggio di una reciproca edificazione. _______________________ NOTE

(154) Cf. Ef 4,13

(155) Cf. Is 11,12.

(156).Cf. Conc. Vat. II, Decr. sull’Ecumenismo Unitatis Redintegratio, n. 12: AAS 57 (1965), p. 99 [pag. 327ss].

(157) Cf. At 16,9.

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