Un giorno sentii parlare di Dark Side of Oz: un accoppiamento di due cose in apparenza del tutto scorrelate: il film The Wizard of Oz e la musica dell'album dei Pink Floyd The Dark Side of the Moon. L'accoppiamento, inaspettatamente, genera inattesi sincronismi.
Questo fatto mi ha colpito molto; mi sono quindi chiesto: “è questo un fenomeno raro, o può accadere con una certa frequenza?”
Non ho una risposta definitiva a questa domanda. Ho fatto un solo esperimento, un po' pazzo a dire il vero. Ho scelto un film dadaista, Ballet Mécanique, e l'ultimo brano da me composto. Il film era più lungo del brano, quindi l'ho accelerato. Ho quindi messo assieme audio e il video... capovolto (dall'ultimo al primo fotogramma). Perché questa scelta? Non lo so neanche io, perché sì.
La prima espone e sviluppa un tema. La seconda parte propone brevemente una variazione abbreviata. La terza parte accoppia xenochronically tema e variazione.
Dopo aver finito di scrivere la prima parte, ho iniziato a chiedermi un titolo. La sensazione che ho avuto è stata quella di qualcosa che mi è arrivato dai tempi antichi.
“I simboli sacri di Mu“: è il titolo di un vecchio libro di James Churchward. Churchward chiamava “Mu” un ipotetico continente perduto nell'Oceano Pacifico. È ormai chiaro che questo continente non è mai esistito, ma “Mu” rimane una parola affascinante che nel corso della sua lunga storia ha assunto una notevole quantità di significati e usi. Come carattere cinese, “Mu” (無) è usato per esprimere l'assenza di qualcosa, ma anche il nulla, l'inesistenza o l'impossibilità. È interessante notare come 無 esprima anche la
“Pura consapevolezza, precedente all'esperienza o alla conoscenza”.
E fra i tanti suoi significati, c'è anche quello di... danzare XD
“Mu” è anche il titolo del mio ultimo brano, un pezzo jazz che inizia in 7/8, prosegue in 4/4, e che torna poi al 7/8 originale. Uno scendere, salire e ridiscendere, dunque; qualcosa che potrei rappresentare come “–+-“
Giù, sù, giù. Come in una forma alternativa del carattere “Mu” (quella dei caratteri in sigillo-Shuowen). La potete vedere in figura. Ci vedo due ballerini, uno a sinistra e uno a destra, e sopra di loro il Maestro, che li sovrasta e guida. Giù, sù, giù, “–+–”.
Per accentuare questa interpretazione, sul “volto” di ogni danzatore ho sovrapposto la testa di tre statuette Jōmon.
Dopo tante parole, ecco un po' di Musica XD. Spero vi piaccia!
Questo è “L' Albatross”, un brano che fa parte del mio album onirico dedicato alla “Ballata del Vecchio Marinaio”. Ogni tanto apro quell'album e vi aggiungo un nuovo foglio; questo ne è stato il primo, vari anni fa. Chissà quando, se, lo finirò...
Il brano racconta in musica gli ultimi istanti dell'uccello che seguiva la nave dell'Antico Marinaio, e viene da lui ucciso con una balestra. Un atto sacrilego, senza senso. Tipico della parte stupida e demoniaca dell'uomo.
Il fortissimo a 1'36'' è la freccia che colpisce l'innocente Albatross.
Ho scritto questo pezzo al pianoforte. È stato questo brano che mi ha portato all'idea di un album dedicato alla “Ballata” di Coleridge.
...Purtroppo, come si può sentire, non ho mai studiato il piano. Ciò nonostante, ci ho provato. Dovrete perdonarmi le tante imperfezioni di questa registrazione.
Il pianoforte è un vecchio mezzacoda belga, un Hautrive. Vecchio ma affascinante, io credo.
“μουσική τέχνη” è un brano un po' diverso dai soliti; nasce come brano per una formazione metal, i Mathemorphosis. In realtà lo stile non è quello giusto, si tratta di progressive rock, con chiari accenni alla musica dei King Crimson e di Adrian Belew.
E' la classica formazione “hard”, con chitarre distorte, bassi, e batterie. Si chiude però con una chitarra acustica. Mi sono divertito molto a scriverlo, ma soprattutto a cantarlo. Ho fatto qualche piccolo esperimento... psichedelico ^_^
Il brano chiude il mio secondo album, ii, che si può ascoltare e scaricare su Bandcamp:
Davvero mi piacerebbe un giorno essere al basso e suonare i miei brani in una “vera” band. Chissà se la musica riuscirà a fare avverare il mio sogno!
Come sempre mi lascio catturare dalle musiche e dai ritmi che mi fanno visita. Così è stato anche con questa Giga. Un calderone di temi sovrapposti, per dulcimer + flauto, fiddle, contrabbasso, batteria, e woodblock. Come vorrei vederla danzare, questa mia giga, da un gruppo di giovani in vesti medioevali...
...Sognare non costa niente.
Le foto le ho fatte nel bellissimo Belgio, a Leuven, Kessel-lo e Rotselaar. Immagini al di fuori del tempo, che mi sono sembrate idonee all'atmosfera di questo brano.
Grundgestalt è una parola tedesca che significa forma fondamentale. La forma fondamentale, in musica, è un concetto introdotto da Schoenberg per indicare l'idea che è fondamento di un brano musicale. Questa idea di base, in Schoenberg, non è solo l'idea dalla quale “parte” un brano; in realtà quella idea è il brano stesso, o meglio il suo gene entro il quale già tutto il brano è contenuto e dal quale tutto il brano è derivabile attraverso una procedura meccanica, deterministica. Il Grundgestalt quindi è la forma più compatta per esprimere un brano musicale; un genotipo dal quale si puo' derivare automaticamente un fenotipo complesso, eppure già tutto contenuto nel seme iniziale. In un certo senso, è la forma più compressa di una certa informazione musicale, il brano sviluppato. Grundgestalt è dunque la forma fondativa, di base, di una idea musicale complessa.
Questo, Schoenberg lo dice molto chiaramente nel suo articolo del 1950, nel quale afferma:
“Tutto quel che accade in un brano musicale è l'infinito rimodellarsi della forma di base... Non c'è nulla in un brano musicale se non quanto deriva dal tema, scaturisce da esso e può essere ricondotto ad esso; per dirla ancora più strettamente, nient'altro che il tema stesso.”
Quindi il tema è il Grundgestalt, ed è allo stesso tempo il brano musicale che un certo algoritmo decomprime. O, potremmo dire, realizza (rende reale), o fa nascere. Mi piace pensarlo anche come un isomorfismo che conserva il significato passando da un dominio genotipico ad uno fenotipico.
I miei piccoli Grundgestalt
Io non so cos'era nella pratica il Grundgestalt per Schoenberg. In effetti proprio non capisco come abbia potuto creare un modello compositivo come questo senza l'ausilio di computer moderni. Ma io, che vivo in un'epoca diversa, con relativa facilità ho potuto giocare con modelli compositivi basati sul Principio di Schoenberg. L'idea deriva dalla definizione di sistema dinamico: si ha una funzione f ed un valore di dominio x; si calcola f(x) e lo si utilizza di nuovo come input a f (si suppone naturalmente che f(x) sia ancora parte del dominio di f). Quel che si ottiene è una serie di valori:
x, f(x), f(f(x)), f(f(f(x))), ...
e cosi' via. La matematica dei sistemi dinamici studia le proprietà di queste serie al variare di x ed f. Ed è questa la matematica dei Grundgestalt, nella quale x non è altro che il tema di cui parlava Schoenberg!
Ecco allora che è possibile, ed anche semplice, creare un modello compositivo che segua la teoria di Schoenberg. Se la mia funzione f agisce su un dominio fatto di oggetti musicali, la serie di valori x, f(x), f(f(x)), eccetera, essa crea una composizione musicale. E questa composizione musicale deriva, necessariamente, dalla scelta di f e dalla scelta di x. In un certo senso,
non vi è niente in quel brano musicale se non x; tutto scaturisce da x e può essere ricondotto a quel “tema iniziale”.
Mi piace chiamare Grundgestalt quei brani musicali che rispondono a questa definizione — a questa matematica. Ed i miei brani sono proprio dei Grundgestalt. Utilizzo due funzioni f (una delle quali è computata da questo programma) e come x delle semplici stringhe alfanumeriche. Alcuni risultati sono al mio orecchio sorprendenti, inspiegabili. Si possono ascoltare qui e qui.
“Everything in the universe is ... is ... is made of one element, which is a note, a single note. Atoms are really vibrations, you know, which are extensions of THE BIG NOTE ... Everything's one note. Everything, even the ponies. The note, however, is the ultimate power, but see, the pigs don't know that, the ponies don't know that ...”