🅐🅡🅣🅔🅢🅤🅞🅝🅞

millenovecentonovantuno

immagine

L’uscita di questo doppio album in questo periodo della sua carriera è stata una grande sorpresa, se poi è di ottima qualità è uno shock. Morrison ha avuto molto da dire in questi anni sulla sua infanzia e la sua fede, le sue ultime produzioni lo dimostrano ma, nonostante questo, in questo disco, in un modo molto meno obliquo, è riuscito ad aggiungere ancora altro materiale; testuale e sonoro. Di ottima fattura, sicuramente il suo miglior lavoro dal 1986, anno di uscita di “No Guru, No Method, No Teacher”. Il doppio disco è intensamente personale e rivelatore, proprio perché mette in luce i suoi pensieri molto chiaramente. Anche se marcatamente “religioso”, in questo lavoro avvincente, Morrison si rifiuta di “predicare” e si limita a esprimere i suoi pensieri senza forzature.

Organico: Van Morrison (voce, chitarra, armonica, sassofono contralto), Steve Gregory (flauto, sassofono baritono), Candy Dulfer (sassofono contralto), Kate St John (corno inglese), Neil Drinkwater (fisarmonica, pianoforte, sintetizzatore), Haji Ahkba (flicorno), Eddie Friel (pianoforte, organo, sintetizzatore), Georgie Fame (pianoforte, organo, cori), Terry Disley (piano), Derek Bell (sintetizzatori), Nicky Scott e Steve Pearce (bass), Paul Robinson (batteria), Dave Precoda (batteria, percussioni), Carol Kenyon e Katie Kissoon (cori). (Valutazione: Distinto)

“… più vario di tutti gli album degli anni ’80 messi insieme.”, “… altamente raccomandato.”, “… assortimento splendidamente interpretato di R&B country e gospel.”, “… un pieno di quello che Morrison riesce a far meglio.”, “… R&B, boogie, folk-rock, jazz e folk irlandese.”. (Alcuni commenti della carta stampata dell’epoca.)

#millenovecentonovantuno

HomeIdentità Digitale Sono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit

immagine

Neil Young è un artista imprevedibile, poliedrico, eclettico, dalle mille personalità. Un musicista che non finirà mai di stupire.

Così come alle sue produzioni più celebri degli anni settanta, dense di sapori e climi californiani, fece seguire musica sperimentale, uscendo poi con un disco di country nashvilliano e subito dopo con un episodio di hard rock, ora (siamo nel 1992) dopo “Freedom” (quasi interamente acustico) spiazza tutti con un doppio album dal vivo con il suo gruppo storico, i Crazy Horse, di tagliente, violento, sudatissimo rock americano.

Da subito ci si accorge che il sound è tirato, tostissimo, con chitarre elettriche lancinanti accompagnate da una asciutta ma potentissima ritmica. Questa immediatezza comunicativa, questo mostrarsi nelle intenzioni fin dalle prime note, questo stravolgimento dei vecchi hits, questa personalissima interpretazione dei brani lo fa accostare in maniera inequivocabile al miglior Bob Dylan, dal quale il “nostro” canadese ha preso molto e non solo dal punto di vista musicale; non a caso, tra i pezzi di questo “Weld” compare una versione davvero strana, ma non per questo poco affascinante, di “Blowing In The Wind”. Semplice omaggio al vecchio maestro o qualcosa di più?

L’album offre quasi due ore di grande musica, in cui Neil Young propone sedici brani tratti dal repertorio presente e passato. Accompagnato dai fidi “Crazy Horse”, Young riesce a creare un lavoro dal sapore agrodolce di grande fascino ed efficacia.

La bellezza delle composizioni è comunque così assoluta che anche chi avrebbe per istinto gusti musicali tesi verso sonorità più morbide o maggiormente sofisticate si fa trascinare dalla forza e dall’impatto dei Crazy Horse.

L’album si fa amare sin dal primo ascolto e riconferma il talento artistico di un personaggio che persegue, con cocciutaggine, la sua strada al di fuori dei classici compromessi e dei pasticci tipici del mercato discografico.

Il più bel album dal vivo di Mr. Neil Youg (& Crazy Horse), uno dei più bei album dal vivo della storia della musica rock. Rendiamo dunque onore e gloria al vecchio Neil.

#millenovecentonovantuno

HomeIdentità Digitale Sono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit

immagine

Rapidi Movimenti Oculari, l’indice fisiologico che rivela lo svolgersi del sogno all’interno del sonno. La musica rock per i R.E.M. è appunto uno stato ipnotico da sogno, dove i musicisti analizzano le varie visioni musicali, quelle che hanno mosso la loro sensibilità creativa (Doors, Byrds, Velvet), sovrapponendole poi con innovazioni e ulteriori appendici.

Abbandonata la neo-psichedelia del giro californiano, i R.E.M. realizzano l’opera più alta del nuovo sound metropolitano, dove la band vive queste composizioni in prima persona con una formula che si rivelerà imbattibile.

Questi quattro protagonisti da Athens, Georgia, fanno il “salto” grazie a un album che parla d’amore. Ne parla alla maniera loro, senza nulla concedere al luogo comune e senza spiegare: più che di un’analisi o un racconto, si tratta di un’evocazione di sentimenti e stati d’animo, dalla solitudine all’euforia, senza dimenticare l’ossessione, abilmente dissimulata in Losing My Religion, quello che diventerà il loro successo più grande. 

Out Of Time è per molti versi l’album più eccentrico della band meno eccentrica tra quelle di popolarità mondiale: è l’album meno chitarristico della loro intera discografia e quello in cui Michael Stipe canta meno (in due brani la voce principale è di Mike Pierson dei B-52’s). E’ l’album in cui il suono è più vario, forse più colorato (Shiny Happy People), ed è per certi versi un album di transizione, il perno centrale di una trilogia che con Green (1988) e il magnifico Automatic For the People (1992), si avvicina sempre più ai sapori del country (sempre alla R.E.M., naturalmente) e che rimarrà per sempre l’essenza di ciò che questa band rappresenta per la storia del rock’n’roll.

Out Of Time è una sorta d’immaginazione intensa e indisponente dove un country-rock acido e sognante scivola dentro canzoni dalle melodie stellari e arrangiamenti molto innovativi. E’ l’autocelebrazione di un nuovo mito, perché d’ora in avanti i Sognatori vivranno il paradosso e l’ebbrezza di essere una cult-band per la moltitudine. Anticonvenzionali sino in fondo.

#millenovecentonovantuno

HomeIdentità Digitale Sono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit